Non c’è trippa per Orki!
Dopo un sacchissimo di titoli strategici di vario tipo, la serie videoludica dedicata Wharhammer 40.000 si concede una pausa action con questo Space Marine. In lavorazione negli studi di Relic Entertainment da ormai un paio d’anni, il gioco giunge finalmente a scaffale, e fa da apripista (assieme a Deus Ex: Human Revolution) alla lunga e ricca stagione autunnale che vedrà piangere ineluttabilmente i nostri portafogli.
La storia ci vede nei panni di un capitano degli Ultramarine che deve ripulire un Mondo-Forgia dalla classica invasione di Orki. Ve lo dico subito: anche il più indefesso sostenitore della serie Warhammer 40.000 troverà la trama di Space Marine più un pretesto per macinare piombo e sangue, piuttosto che un valido stimolo per arrivare a leggere i titoli di coda. Insomma… di certo non è la storia la colonna portante del tuffo di Relic nella profonda e affollata piscina dell’action. Le frecce all’arco di Space Marine quindi sono ben altre, a cominciare da un comparto tecnico ben oltre il decoroso, in grado di riproporre più che dignitosamente l’arte visiva del wargame targato Games Workshop.
Sostanzialmente, il gioco è un lungo corridoio senza troppe divagazioni sul tema, dove proseguire poco alla volta, ripulendo le zone infestate dagli Orki e completando gli obiettivi sequenziali che ci vengono proposti mano a mano che si dipanano i sedici capitoli che compongono l’intero puzzle narrativo. Tutto si svolge come il più tipico degli sparatutto in terza persona: Space Marine si permette persino il lusso di ignorare la moda degli ultimi anni (quella delle coperture, qui del tutto assenti), così da aumentare il ritmo e favorire gli scontri a fuoco ravvicinati, quando non addirittura il corpo a corpo con armi melee. Da questo punto di vista, Warhammer 40.000: Space Marine è la sagra del sangue orkesco, visto che l’utilizzo dei vari martelli, motoseghe o affini a disposizione del nostro indefesso capitano tingono immediatamente di rosso tutto lo schermo, in un tripudio di passata di pomodoro e carne maciullata. Di contro, nulla impedisce di tentare qualche divagazione sul tema (nonostante la linearità estrema degli scenari), sfruttando le peculiarità delle armi a medio e lungo raggio; tuttavia, nella maggior parte dei casi ci si affida al sempre valido mitragliatore Requiem e alle sue declinazioni, senza troppi patemi.
La varietà, quindi, tocca andarsela un po’ a cercare, nuotando controcorrente ed evitando che il gioco ci risucchi nel suo continuo rimescolare le stesse carte. Un po’ di pepe alla pietanza avrebbe potuto aggiungerla una qualsiasi modalità co-op per la campagna, visto che il nostro alter ego è quasi sempre accompagnato da almeno un paio di compagni di malasorte. Purtroppo, la cooperativa sarà disponibile solo a partire da ottobre via DLC, e riguarderà esclusivamente una modalità “orda”, totalmente slegata dalla storia principale. Tocca quindi affidarsi ciecamente all’intelligenza artificiale, che fa comunque il suo anche nelle situazioni più disperate. È apprezzabile il tentativo da parte degli sviluppatori di abbandonare l’abusato metodo della salute auto-ricaricante: l’indicatore può, invece, essere riempito stordendo un nemico con un colpo melee e giustiziandolo prima che possa riprendere il possesso delle sue facoltà. Il balletto del dubbio (“Che faccio? Me la rischio e recupero l’energia, o gli sparo da lontano?”) è tra le cose meglio riuscite di tutta la produzione e – a dirla proprio tutta – l’unica in grado di donare all’esperienza ludica quella spruzzata di tattica che, altrimenti, sarebbe quasi del tutto assente. A regalare un po’ di varietà ci sarebbe anche l’uso del jetpack, che in poche e sporadiche situazioni ci trasforma in un proiettile devastante, in grado di portare la morte dal cielo, a discapito dell’uso delle armi diverse dall’inutile Pistola Requiem. Un peccato non poterne disporre a piacimento, ma solo nelle occasioni in cui il level design ne consente l’utilizzo senza che si rompa la rigida struttura a corridoio.
È, invece, il multiplayer competitivo (dove esiste una suddivisione per classi e un sistema di crescita a livelli) a donare al gioco quella freschezza e quella varietà che manca alla componente in singolo. Senza perdersi in inutili ripetizioni, vi invitiamo a rileggere la nostra prova di un mesetto fa, cliccando qui. Alle considerazioni che ha fatto il buon Pape in quella sede, posso aggiungerne un paio di mie. La prima: il sistema di controllo funziona bene, anche in presenza dell’ovvia inerzia nel passo del nostro alter ego. La seconda: all’inizio occorre dedicare del tempo a morire, subendo schiaffi dai giocatori più avanti nella crescita del proprio personaggio, anche se l’opzione per copiarne l’equipaggiamento una volta che siamo morti equilibra in parte le cose.
È quindi in multiplayer che Warhammer 40.000: Space Marine regala le maggiori soddisfazioni, nonostante qualche sporadico episodio di lag e la necessità di affidarsi a exploit per ottenere le abilità più interessanti di potenziamento delle armi. Difetti tutto sommato marginali, che non inficiano il divertimento a lungo termine, soprattutto se paragonati a quelli più macroscopici della campagna a giocatore singolo.