La stampa generalista raramente parla di videogiochi con cognizione di causa, o quantomeno tentando di fare i compiti a casa per raccogliere informazioni a riguardo e comprendere meglio l’argomento. Di conseguenza ogni novità rilevante a riguardo, come ad esempio l’idea che possano essere considerati sport, viene amplificata e diffusa in maniera distorta, provocando la rabbia dei videogiocatori. Negli ultimi giorni si è diffusa la notizia dell’inserimento del disturbo da dipendenza dei videogiochi nell’ICD dell’OMS, ovvero la lista e classificazione delle patologie esistenti, e ciò ha scatenato la solita pioggia di articoli superficiali e scritti unicamente per ottenere reazioni forti. E sbagliate.
Cosa cambia in soldoni l’inserimento nell’ICD di questa patologia? Molto poco di per sé, è solo un altro tassello verso la realizzazione che il gaming disorder esiste, è un’entità nosologica ben precisa, diagnosticabile e potenzialmente trattabile, e ben diversa dalla semplice e pura passione. Riconoscerla come malattia permetterà di aumentare gli studi e le ricerche al riguardo, di formare i professionisti sanitari nel rilevarla e curarla e pian piano nel far comprendere alla gente comune cosa significhi dipendenza dai videogiochi. Ad esempio, noi tutti sappiamo a grandi linee cosa sia un alcolizzato, e probabilmente sappiamo discernere abbastanza facilmente l’uso occasionale di alcool, magari alle feste o cene sociali, dall’abuso pericoloso. La differenza sta nell’impatto negativo di un’ossessione sulle nostre vite: la dipendenza ci porta a chiuderci in noi stessi, a mentire, a rifugiarci nella nostra attività per fuggire alla quotidianità, a interrompere relazioni e/o perdere il lavoro, e a non riuscire a smettere, bensì ad aver necessità di aumentare tempi e dosi del nostro male. Si può essere appassionati di vino o di birre artigianali, berli spesso ed essere persone perfettamente normali ed integrate nel tessuto sociale. Allo stesso modo, si può essere giocatori hardcore, e scegliere di dedicare tutto il nostro tempo libero ai videogiochi, e non avere alcun tipo di dipendenza o di patologia. In effetti, è molto rilevante che tra i criteri diagnostici per la dipendenza dai videogiochi non sia menzionato il numero di ore giocate: è una caratteristica troppo variabile da persona a persona, che non tiene conto delle ore a disposizione, delle eventuali attitudini personali e del gaming competitivo, che certamente richiede allenamento costante.
Chiarito tutto ciò, per compensare tutta la bile che noi videogiocatori abbiamo dovuto ingoiare, sopportando articoli velenosi e commenti da persone che non sanno nemmeno prendere in mano un controller, ho deciso di realizzare un breve elenco di tutte le caratteristiche positive dei videogiochi. Rigorosamente provate dalla scienza.
1) I videogiochi possono essere sfruttati per l’educazione sanitaria.
Esistono numerosi studi e progetti dedicati a creare videogiochi, specialmente in VR, per educare la popolazione alla prevenzione. Buoni risultati sembrano essere stati raggiunti specialmente con gli adolescenti, per i quali sono stati realizzati prototipi di giochi per incoraggiare a smettere di fumare o a prevenire malattie veneree. Anche gli adulti però possono beneficiarne, soprattutto per imparare a trattare patologie croniche come il diabete. Se pensate che i videogiochi creati per tale scopo siano “robaccia”, ricredetevi. Gli studi dimostrano l’esatto contrario: sono necessari titoli con buona realizzazione tecnica, gameplay coinvolgente e una buona dose di umorismo
2) I videogiochi possono essere strumenti per la formazione di alcune professioni.
Può sembrare scontato come il gaming migliori la manualità, e possa perciò aiutare a formare chirurghi ed altri professionisti che si dedicano ad attività di precisione. In realtà può essere sfruttato anche per altre professioni, come gli infermieri o i poliziotti, poiché può fornire la possibilità di imparare a prendere decisioni rapide, anche in contesti rischiosi, senza i potenziali danni collaterali di iniziare tale pratica subito nel mondo reale.
3) I videogiochi possono essere usati per la riabilitazione, per il trattamento del dolore e per la psicoterapia
Si parla in questo caso sia di videogiochi basati sul movimento (in particolare il sempreverde Wii Sports o alcuni giochi basati sul Kinect), che sembrano utili per ridurre il dolore in alcune patologie e per la fisioterapia, sia di titoli story-driven, utili per terapie narrative, ovvero per psicoterapie particolari in cui è molto importante la comunicazione col paziente.
4) I videogiochi fanno bene anche a persone sane
Un divertente studio correla l’utilizzo di almeno un’ora di videogiochi al giorno con la minore frequenza di eiaculazione precoce. Chi lo avrebbe mai detto? In generale, i videogiochi possono migliorare riflessi, coordinazione e capacità di prendere decisioni rapide.
5) Giocatori esperti sono più intelligenti
Numerose ricerche correlano il ranking in alcuni giochi online con l’intelligenza fluida: lo stesso fenomeno avviene per gli scacchisti. Questo tipo di intelligenza rappresenta la variante che prescinde dall’esperienza, ed aiuta ad adattarsi rapidamente alle nuove situazioni.
Dopo questo assaggio delle potenzialità del gaming, pensato per celebrarlo invece che affossarlo, andate a giocatene tutti: la passione non è mai una malattia.