Everything is Going to Be Ok, o di come come un gioco in Paint mi ha fatto riflettere sull’esistenza

Soffrire di depressione non è divertente, e immagino che sia per questo che ci sono così pochi giochi sull’argomento. Ed è un peccato, perché la depressione, a mio avviso, non è più un disturbo individuale, ma un sentimento collettivo del nostro tempo, qualcosa su cui ogni game designer potrebbe (e dovrebbe) banchettare. Ma se dovessi scendere nei dettagli del perché ogni millennial sia destinato, almeno una volta nella vita, a dire “ciao” alla sua vecchia amica oscurità [cit.], probabilmente non arriveremmo mai a sviscerare il vero motivo del pezzo.

Everything is Going to be OK

Capita che sia in Svizzera, a un bellissimo evento chiamato Ludicious, pieno di videogiochi uno più figo dell’altro. Ad attirare la mia attenzione, però, è un giochino chiamato Everything is Going to be OK. Grafica vaporwave, rozzi disegnini kawaii fatti in Paint e gameplay ridotto all’osso: non ho bisogno di altro. Il gioco è praticamente una visual novel, che riproduce il desktop di un computer. Le icone corrispondono a dei “minigame”, se così vogliamo chiamarli, dove bisogna cliccare su diversi personaggi, i quali pronunciano frasi che chiunque abbia attraversato un periodo difficile sarà abituato a sentire. Frasi del tipo: “non preoccuparti, andrà tutto bene”, provenienti da chi crede di essere di supporto, ma che non capisce che la tranquillità con cui tenta goffamente di farlo è anche lo stesso motivo per cui ci sentiamo così dannatamente soli.

Everything is Going to be OK

Il gioco si riduce a questo, le meccaniche sono semplicissime, il vero re è il testo, a volte sadico, a volte comico, a volte rassegnato. L’autore (o autrice?) riesce laddove molti hanno fallito, confortando il giocatore che casualmente si approccia con il gioco (in questo caso io), empatizzando con lui come pochi altri sono riusciti a fare. Attraverso delle semplici finestre di dialogo, la voce dietro il gioco ci fa capire che siamo tutti sulla stessa fottuta barca, sollevando questioni profonde, come lo stigma che la nostra società appiccica a chiunque non abbia necessariamente vinto al gioco della vita. Un minigioco ha risuonato particolarmente con me: dei personaggi ti parlano e, a intervalli regolari, devi cliccare su un balloon che contiene la frase più appropriata. Fallire in questo riempie la barra della “stranezza”, e il minigioco tiene conto di quanto tempo riesci a tenere viva la conversazione. Perché, come ogni buon depressoide saprà, non c’è bestia nera peggiore dello small talk, soprattutto quando fino a un attimo prima stavi pensando all’insensatezza dell’universo e all’ineluttabilità della propria fine. E tenere viva una conversazione può essere un achievement più difficile di platinare Dark Souls III.

Everything is Going to be OK

Il gioco si può scaricare a questo indirizzo, non voglio spoilerarvi ulteriormente l’esperienza ma vi consiglio caldamente di provarla. Diamine, questo vuol dire essere indie, incazzarsi e dire cose scomode, parlare di quello di cui nessuno vorrebbe mai parlare! Concludo ringraziando l’anonim* designer di questo gioco, perché nonostante le tematiche così pesanti, Everything is Going to be OK riesce comunque in qualche modo a lasciare un messaggio di positività: “Non sei solo”. Se siete tristi e arrabbiati senza un particolare motivo (e, se avete tra i 20 e i 30 anni, ciò è molto probabile) lasciatevi anche voi conquistare da questo bizzarro giochino in Paint.

Proviene da un lontano pianeta, ma ha deciso di stabilirsi sulla Terra perché qui ci sono i videogiochi più belli. Ama la Nintendo e i JRPG (più sconosciuti sono meglio è), e aspetta il giorno in cui potrà trasferire la sua coscienza in un essere sintetico.