Recensione Dark Night: un film dedicato alla strage di Aurora

Dark Night è un film indipendente del 2016 presentato al Sundance Film Festival e vincitore del premio Lanterna Magica alla 73a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Il film si ispira liberamente alla tragica vicenda accaduta ad Aurora, negli USA. Il 20 luglio 2012, durante la prima di The Dark Knight Rises (Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno) di Christopher Nolan, il ventiquattrenne James Eagan Holmes compì una strage all’interno della sale, uccidendo dodici persone e ferendone settanta. La pellicola è scritta e diretta da Tim Sutton, nel cast sono presenti Eddie Cacciola, Aaron Purvis e Robert Jumper e le musiche sono state composte da Maica Armata appositamente per la pellicola.

Un’ossessione comune

Dark Night è un film corale che ci fa entrare delicatamente nella vita di sei personaggi, ognuno con i propri problemi e malesseri. Uno di loro compilerà la strage e Sutton ci offre indizi durante tutta la pellicola per comprendere chi sarà l’artefice del massacro. Questi antieroi disadattati sono ossessionati da qualcosa, e rappresentano un aspetto reale dell’assassino. Il film viene raccontato dando spazio ai vari personaggi ma, errore comune nell’intrattenimento corale, alcuni di essi vengono poco approfonditi. La vicenda che seguiamo ci proietta nei giorni antecedenti alla tragedia e lo schermo proietta immagini di vite apparentemente normali. Attraverso pochi dialoghi viviamo le giornate, a volte inconcludenti e insensate (nello stesso modo in cui viviamo le nostre), di: un ragazzo dai tratti sociopatici, ostaggio dei videogiochi e della madre;  di uno skater giovanissimo; un ragazzo abbiente che non riesce a trovare posto nel mondo; un veterano ancora scosso dalla guerra e maniaco delle armi, tema fondamentale su cui si fonda la pellicola; una ragazza fissata con il proprio aspetto fisico; una ragazza sudamericana che cerca di integrarsi con i suoi coetanei. Il regista gioca con il pubblico attraverso elementi visivi che fanno credere che chiunque dei caratteri possa risultare capace di un’azione atroce.

Antieroi tormentati

Dark Night affronta le tematiche dell’ossessione e del disagio sociale denunciando alcuni fanatismi americani, soprattutto quello delle armi. Senza utilizzare alcun tipo di violenza, ma tramite il magnifico uso delle immagini, il regista riesce a realizzare delle scene forti che faranno tremare le viscere. La tensione è palpabile per tutta la durata della pellicola, attraverso una parabola di turbamento perfettamente bilanciata. L’intento della pellicola è quello di creare un mondo che sia distante dallo spettatore e tutti i reparti tecnici riescono a ricreare perfettamente ciò che si sono prefissati. Tutti gli elementi uniti insieme riescono a funzionare e ad ampliare il divario fra i caratteri e il pubblico. I suoni viscerali  faranno balzare chi osserva dalla sedia, poiché presentano un’intensità sonora roboante, come a esempio il rumore degli spari, il maneggiamento delle armi o un urlo improvviso. La fotografia è sublime nel presentare quella parte dell’America coperta da un’atmosfera cupa, ma leggermente immersa nel verde della natura tra un centro commerciale e l’altro, e riesce a ricreare il pensiero e gli elementi di disagio che provano i personaggi. La regia si muove attraverso inquadrature variegate: piani sequenza si alternano con primissimi piani, spesso con un taglio documentaristico, e particolari dei personaggi seguono campi lunghi. Inoltre, il regista offre elementi di tensione in più attraverso inquadrature con movimenti lentissimi che ingannano lo spettatore, che non saprà cosa aspettarsi. Gli attori sono molto espressivi e ciò riesce a far comprendere le loro intenzioni e a entrare nella loro mente, nonostante le poche battute di dialogo.

Una critica disturbante

Dark Night è positivamente disturbante. Il regista ha creato un film che denuncia una società ancora legata al mito delle armi e al fanatismo per mezzo di una sceneggiatura, dei personaggi, una fotografia e dei suoni che costituiscono un senso di malessere negli occhi e nel cuore di chi guarda. La pellicola si perde nel finale che dona un senso di disagio, ma lascia un vuoto nello spettatore che percepisce il film come incompleto.  In conclusione, Tim Sutton è riuscito a realizzare un film crudo di pura critica verso un paese civilizzato, tuttavia ancorato a culture retrograde.