Questa non è una recensione definitiva, quella arriverà a breve: questo è il racconto del nostro viaggio alla scoperta di Sea Of Thieves, delle nostre ubriacature a suon di boccali di Grog trangugiati sul ponte del nostro galeone, l’indomita “Madre Gallina”. E’ la storia di come abbiamo, una volta tracciata la nostra rotta, solcato i mari del titolo di Rare per scoprirne i tesori. Alcuni sono più nascosti di altri, in altre isole di questi arcipelaghi abbiamo trovato solo brutture. Scoprite con noi i mari di Sea Of Thieves e seguiteci in questo viaggio: sarà lungo e, invero, periglioso: ma abbiamo un buon timoniere, un ottimo mozzo (ma chiamatelo Nostromo o si offende!) e un capitano all’altezza del vascello su cui siamo salpati. Torneremo in porto e lo faremo da veri pirati, con un corposo bottino!
Diario di bordo, SisterDeath, timoniere della “Madre Gallina”.
“Primo giorno di navigazione. Il mare è sorprendente. Molte cose si potrebbero dire in merito alla decisione di prendere tutto quello che uno possiede e solcare i mari sotto l’insegna di un Jolly Roger ma nulla può reggere il confronto con le emozioni che suscita la vista di chilometri e chilometri di infinita iridescenza.”
Sì, perché il mare di Sea Of Thieves non è sempre e solo blu. Certo, nelle limpide giornate di sole il suo colore si avvicina al blu, ma appena il fondale cambia e da profondo centinaia di metri diventa quello basso e sabbioso (giusto pochi fathom!) di un atollo il blu si trasforma in celeste. E quando una tempesta si avvicina e il vento impazza quel blu si trasforma piano in un intenso e oscuro verde, alternato a sprazzi di bianco dati dalla potenza delle onde. Tutto si potrà dire e scrivere di questo titolo ma quello che nessuno mai riuscirà a trasmettere a parole è la vitalità e la potenza dell’unico vero protagonista, il mare. Se si è folli abbastanza da amarlo si potrebbe spendere l’intera esperienza di gioco soltanto navigando da un capo all’altro della mappa. Assieme al mare e alla sua infinità maestà a farla da padrone è la navigazione, e non parlo di gameplay o del sistema di gioco con cui questa attività è stata implementata, parlo della vera e propria capacità di un singolo o di un manipolo di uomini di condurre un’imbarcazione sfruttando il favore di vento. Che sia a bordo di uno Sloop, imbarcazione di piccole dimensioni gestibile anche da due soli giocatori (o addirittura un solo, prode marinaio!), o un Galeone che necessita quattro uomini di equipaggio, tutto sta nel capire come coordinare gli sforzi per gestire vele, ancora e timone in modo da domare gli elementi naturali. Come nella vita vera così nel gioco, senza orpelli, senza interfaccia, senza arzigogoli.
Da buoni pirati la navigazione è tra l’altro il mezzo attraverso cui noi, uomini di mare, possiamo mettere in atto le nostre malefatte piratesche. Purtroppo, però, Rare per ora (e ci tengo a precisarlo: per ora) ha messo a disposizione solo quattro attività principali: scovare tesori nascosti tramite mappe e indovinelli, procacciarci materie prime nel modo in cui lo si farebbe in un titolo sandbox, sconfiggere ciurme di pirati non morti nemmeno fossimo novelli Guybrush Threepwood e portare a termine consegne per le compagnie di mercati con espliciti riferimenti al contrabbando che, immagino, verrà introdotto con successive patch e update. A queste si possono aggiungere i raid, che appaiono casualmente sulla mappa con la comparsa di un teschio nel cielo e l’eventualità di un incontro con il Kraken. Tutto il resto è lasciato alla fervida immaginazione del giocatore. Non esiste un vero e proprio PvE, non esiste alcuna parvenza di storia o tutorial: il giocatore viene letteralmente gettato nel mondo di gioco nelle vesti virtuali di pirata e l’unico freno a ciò che può fare sono la sua fantasia e la sua capacità di interpretare il ruolo. Molto nasce infatti dall’interazione con gli altri pirati, o più che interazione dovremmo dire scontro. Mai fidarsi di un pirata che saluta dal ponte di un altro galeone, nella maggior parte dei casi (tutti, fidatevi, tutti), di lì a breve si sparerà dal cannone per cercare di guidare un abbordaggio nel tentativo di rubare tutta la nostra “onestamente guadagnata” refurtiva.
La competizione derivante dalla sua natura di gioco massivo online però, non è chiaramente il nodo attorno al quale ruota l’esperienza di gioco. Questo è un dato fortemente voluto da Rare, che emerge in molti degli aspetti che costituiscono la meravigliosa ossatura di Sea of Thieves. Razziare, saccheggiare, affondare galeoni, soddisfare mercanti o signori del voodoo ed esplorare sono attività alla portata di tutti. Non esiste vantaggio materiale che si può acquisire all’interno del gioco (la progressione è orizzontale) che ponga un giocatore in una posizione di naturale dominio rispetto agli altri; questo significa non solo che un neofita (del titolo, s’intende) può tranquillamente piratare ad armi pari con giocatori molto più “navigati” ma significa soprattutto che il divertimento è equamente distribuito e nel totale controllo del giocatore. Sei tu pirata a costruire la tua personale avventura e sei tu, e solo tu e la tua ciurma, a determinare la qualità del vostro divertimento.
Gli addobbi che possono essere conquistati e acquistati all’interno del gioco, infatti, non donano alcun potenziamento. Possono essere apportate migliorie al proprio personaggio e alla propria nave, nuovo equipaggiamento, nuovi vestiti e nuove attrezzature ma in ogni caso parliamo di meri orpelli estetici. Immagino che molti dei lettori storcano il naso di fronte a questa scelta, e quindi lo chiarisco fin da ora anche in nome dei miei colleghi, i cui diari di bordo seguiranno al mio: se cercate un gioco ad alto tasso competitivo, se cercate il tecnicismo estremo, se cercate classifiche da scalare, cambiate titolo: Sea Of Thieves e le sue avventure non fanno per voi.
“Ora, purtroppo, vi devo abbandonare. Ma vi lascio nelle mani del giovane Sandshift. Ancora una volta il mare mi chiama. Ma forse, più che i marosi, a richiamarmi è il canto delle sirene?”
Diario di bordo, Sandshift, Nostromo della “Madre Gallina.
“Stringo il bendaggio che argina il raggrumarsi del mio sangue, mi aggrappo alla battagliola e mi perdo nella flebile linea che demarca il confine tra l’umano dominio e la dimora degli astri che mi guidano e confortano nelle navigazioni al chiaro di luna. SisterDeath al timone mi fa cenno di ammainare le vele, tentando invano di avvertirmi che il nostro burbero capitano non vede di buon occhio il mio contemplare l’orizzonte. Non senza suscitare un fondo di perplessità riesco a convincerlo a puntare verso una plumbea nube dalle fattezze simili a quelle del nostro Jolly Roger, ricordandogli di quella volta che mi feci sparare dal cannone di prua per assicurarci un antico tesoro. Scendo sotto coperta, mentre il vento in poppa gonfia il controfiocco. La cartina sul tavolo cerca di sibilare via, sicché la fisso con uno stiletto. Cosa dovevo fare? Ah già, il boccale di grog…”
Neanche la più solenne delle sbornie riesce a compensare la frustrazione di vagare per un mondo dispersivo e senza vere attrattive. Questo concetto era evidente anche a Rare, quando ha deciso di creare un oceano nel quale ciurme di pirati scorrazzano libere ma animate da un profondo desiderio d’avventura. Sea Of Thieves vanta un mondo di gioco molto vasto, è vero, ma è tutto messo a servizio dell’utente: ogni metro quadro di mare è studiato e propedeutico al rendere un’isola particolarmente ostica da raggiungere, un bottino particolarmente pericoloso da prelevare, piuttosto che lo scontro con la ciurma rivale che ne seguirà spumeggiante. L’idea alla base della quale lo spostamento non è un semplice espediente per indurre il giocatore a guardarsi intorno ma è esso stesso il cuore dell’avventura, mi sta permettendo di vivere il titolo in una maniera unica. La libertà di scoprire nuove rotte, pedinare uno Sloop carico di bottino in fuga dentro una tempesta (e chi lo ritrova più!) o di abbordare un ignaro galeone alla fonda nella baia di un isolotto non va a sopraffare il giocatore poiché egli ha sempre uno scopo e non è mai chiamato a esplorare in modo passivo e impersonale un mondo che è, quasi anacronisticamente, funzionale nella sua totalità. In questo senso Sea Of Thieves potrebbe essere l’open world che nobilita un format ormai abusato e autoreferenziale, il titolo free roaming che tutti da tempo attendevamo.
Le solidissime basi sulle quali poggia l’ancora esile struttura dell’opera, pongono tuttavia un’enfasi sui limiti della stessa. Di fatto, l’aspettativa che si viene maturando all’approcciarsi con un mondo così ben costruito e armonicamente organico è giustificatamente alta, tanto da far sembrare il lavoro tecnico degli sviluppatori semplicemente sprecato. Con questo il sottoscritto non si pone, nei confronti del titolo, in un’ottica debilitante al fine di sottostimare un prodotto che prima di tutto è divertente ed appagante, ma si propone di delineare in modo critico sin dove Sea Of Thieves riesca a veleggiare e, di contro, dove si ritrovi controvento. L’idea di incompletezza che permea l’opera è ad ogni modo concessa al genere che incarna: un massive multiplayer online game è di per sé un prodotto in evoluzione, atto ad arricchirsi nel tempo ed offrire al giocatore un’esperienza via via più corposa ed affascinante.
Sea Of Thieves riesce ad offrire esperienze davvero uniche, le quali potranno e dovranno necessariamente aumentare di quantità e qualità, ma sono al contempo sufficienti, se accostate ad un comparto tecnico da capogiro. Per il momento ritengo sia opportuno, da una parte, elogiare un titolo in grado di mettere realmente l’avventura, fine a se stessa, al primo posto su tutto. D’altro canto però Sea Of Thieves è come una velocissima goletta, peccato che al momento le vele siano poche e non riesca, ancora, a navigare al suo massimo potenziale.
“…ho portato l’ennesimo boccale di Grog al nostro capitano, che ha controllato la rotta e ha annuito: possiamo continuare, avanti verso l’azzurro. Esco sul ponte e stringo il fiocco, il vento è cambiato e l’avamposto è lontano: non vorrei trovarmi con le vele strappate, lacere, in mezzo all’Oceano. Ho sentito storie di Kraken…”
Diario di bordo, IlBuonAstaroth, Capitano della “Madre Gallina”.
“La nave è salda e la ciurma ha il cuore gaio. Specialmente il nostro mozzo, Sandshift, che abbiamo convinto essere nostromo per il gusto di riderne (staremo mesi in mare, un giullare fa comodo e, da quando è stato nominato nostromo, usa paroloni buffi). SisterDeath, il nostro timoniere, ci ha messi sulla rotta. Osservo le vele gonfiarsi, guardo la banchina che comincia ad allontanarsi e noto che Sandshift ha issato il Jolly Roger. Siamo pirati, stiamo salpando. E’ ora che anche gli altri lo sappiano. Alla via così, ciurma, verso l’ignoto.“
Si, l’ignoto: il mare di Rare è vivo e pulsante, anche se apparentemente vuoto. Ma ogni marinaio che si rispetti sa che a volte sono le correnti sommerse quelle più infide, quelle che accompagnerebbero la tua nave a fare compagnia a scogli e coralli e cose innominabili sui fondali. E da qui partiamo con la scoperta di Sea Of Thieves, dei suoi oceani e dei suoi Kraken e di alcuni aspetti che stiamo ancora esplorando. Vi parlerò del mare, di come sia il punto di forza e la scommessa più grande di Rare. Vi parlerò dell’estrema libertà lasciata ai giocatori e delle aspettative per il supporto che il titolo riceverà in futuro perchè saranno questi i punti chiave che determineranno il successo di Sea Of Thieves o il suo colare a picco.
Aldilà dell’aspetto meramente tecnico e delle scelte dettate dal gusto, il mare e la navigazione sono i veri assi nella manica di Sea Of Thieves. Sconfinato, dall’umore mutevole come quello di una donna infuriata; ogni onda di questo mare, ogni spruzzo di spuma sui ponti del vostro galeone è un’ode alla vita da pirata. Il senso di libertà, la lama a doppio taglio che Rare sta impugnando, si avverte in pieno. E la navigazione, complicata quanto basta per tenere l’attenzione del giocatore alta ma altrettanto intuitiva da non risultare frustrante, è il giusto complemento alla libertà offerta dagli oceani del gioco. Ho accennato alla mutevolezza dei mari, un fattore che mi ha colpito particolarmente positivamente: passare, nel giro di una manciata di secondi, da una navigazione veloce e serena ad un combattimento con cavalloni più alti delle murate del nostro galeone, cercando di tenere la rotta e vedendo i miei compagni d’avventura affaccendarsi per regolare le vele e riparare i danni causati dalle intemperie è stata una delle sensazioni più esaltanti nella mia esperienza in Sea Of Thieves. Per contro, dovendo muovere una doverosa critica ai meravigliosi oceani blu del gioco, non mi sarebbe dispiaciuto vedere un po’ più di vita a parte gli immancabili squali. Ma c’è tempo, questa nave è appena stata varata, e affronteremo il discorso fra poco.
La libertà: in Sea Of Thieves è tanta, anzi, forse è addirittura troppa. Di fatto una vera e propria anarchia, con una sola regola: prima spara, poi domanda. Il che va bene, storicamente accettabile e personalmente gradito. La scelta di Rare, però, rischia di inficiare l’esperienza di gioco dei pirati meno esperti o, peggio ancora, di coloro che per scelta o condizione si trovano a giocare in solitaria su un fragile Sloop. Il non avere una salvaguardia, una “safe zone”, accentua per certi versi l’immedesimazione dei giocatori ma, per contro, rischia di diventare un fattore di tedio per molti neofiti del genere. Insomma, qualcosa da rivedere sicuramente c’è, ma la base rimane decisamente buona. E ora, il supporto futuro al titolo. Una cosa va detta a chiare parole: Sea Of Thieves non può sopravvivere così ad infinitum: i contenuti sono relativamente pochi e la varietà di missioni e scenari potrebbe, a breve, venire a noia. In circa venti ore di gioco con la mia “ciurma” abbiamo affrontato praticamente ogni esperienza possibile, a parte l’essere attaccati da un Kraken (ad onor del vero ne abbiamo avvistati un paio, ma quando abbiamo tentato di avvicinarci siamo stati scacciati a colpi di cannone da un vascello avversario). Insomma, troppo poco. Stando a Rare c’è però da aspettarsi almeno dodici mesi di continuo supporto al gioco, con l’aggiunta via via di nuovi contenuti e, ovviamente, alcuni ritocchi al gameplay. Sarebbe quindi ingiusto parlare di un titolo giunto quasi in forma di early access al lancio, preferisco vedere Sea Of Thieves come uno dei primi titoli realizzati nell’ottica di un videogioco inteso come servizio, un qualcosa che può crescere e che per sua natura sia mutevole e passibile di stravolgimenti anche radicali se necessario. Speriamo quindi che le aggiunte, che ci auguriamo giungano presto, riescano a rendere più varia l’esperienza di gioco. Anche se, in tutta onestà, nonostante la pochezza dell’offerta bisogna rendere onore e giustizia al titolo e dire che il suo lavoro lo fa, e lo fa dannatamente bene: Sea Of Thieves diverte e, giocato con gli amici, è uno di quei titoli che regala ore di puro non sense e spensieratezza. Insomma, il titolo di Rare è come un pirata di ritorno da un arrembaggio: non avrà molto da offrire, apparentemente, ma se lo esaminate a fondo potrete cavarne molti tesori!
“…e dopo aver ripescato Sandshift dall’acqua, possiamo ripartire. Il bottino di oggi è stato buono, l’avamposto più vicino è a poche leghe, il mare è tranquillo e l’aurora boreale illumina di verde e viola il cielo. Che cosa potrebbe andare storto, ora? L’unica cosa che non promette bene sono quei grossi, viscidi tentacoli giganti che si arrampicano sulla murata di dritta, ma non siamo troppo preoccupati. Possiamo sempre ributtare Sandshift in mare per nutrire il Kraken”.