Una serie di sfortunati eventi 2: cosa ci è piaciuto e cosa no

A Series of Unfortunate Events

Dopo un anno e poco più di attesa, Netflix ha inserito nel suo catalogo Una serie di sfortunati eventi 2, seconda stagione della nota serie che racconta le (dis)avventure degli orfani Baudelaire. Se gli episodi distribuiti nell’inverno del 2017 non vi fossero piaciuti, e per vederli tutti aveste fatto un sacrificio che solo Dio sa, non guardate le nuove puntate. Non sto citando la celeberrima sigla, non guardatele davvero. Indubbiamente è da apprezzare la trasposizione dei romanzi e la capacità di adattare cotanto materiale in sole tre stagioni (sappiamo infatti che la prossima sarà l’ultima), ma quella del gigante dello streaming si tratta a tutti gli effetti di una produzione singolare, che significa innovativa ma anche un po’ di nicchia. Di conseguenza potrebbe non piacere a chiunque e Una serie di sfortunati eventi 2 non fa che confermarlo.

I nuovi episodi non mi sono dispiaciuti: sono bizzarri e sopra le righe proprio come i precedenti, ma ci sono delle sbavature che mi hanno fatto fare una smorfia di disapprovazione.

Cosa ci è piaciuto

Ambientazioni – Per chi non lo sapesse, la serie segue le vicende di Violet, Klaus e Sunny nei loro tentativi di sfuggire alle grinfie del malvagio conte Olaf, intenzionato a mettere le sue manacce sul loro cospicuo patrimonio. Proprio come nella prima stagione, l’antagonista cerca di acciuffare i ragazzini improvvisando travestimenti di ogni genere, mentre la fuga dei Baudelaire sposta costantemente l’azione (che a dirla tutta non è mai molta) in location sempre diverse. In Una serie di sfortunati eventi 2 trova spazio l’Atroce Accademia, una sorta di vecchio collegio dove regna lo squallore e il preside è un tardone che si diletta a suonare un violino scordato; l’Ascensore Ansiogeno, un centro urbano che mira a beffeggiare le persone ricche e altolocate; c’è poi il Vile Villaggio, l’Ostile Ospedale e il Carosello Carnivoro – un’ambientazione circense spumeggiante – che completano il pacchetto di questa seconda parte, tutte ambientazioni ispirate e ricche di dettagli che perlopiù prediligono colori freddi, lasciando allo spettatore quel senso di inospitalità.

Neil Patrick Harris – Sarà pure l’antagonista della serie, ma è senza dubbio la sua colonna portante! Una serie di sfortunati eventi 2 si appoggia (come la scorsa stagione) sul conte Olaf e sulle doti recitative del suo interprete, straordinario come sempre. La sua espressività, le sue movenze, il saper fare quel cattivo che a tratti tanto cattivo non sembra sono tratti indistinguibili della bravura di un attore che si cala con naturalezza nella parte. Per chi ha visto l’omonimo film con Jim Carrey il paragone tra i due Olaf sarà stato pressoché inevitabile, ma Neil Patrick Harris regge bene il confronto riuscendo a dar vita a un personaggio crudele e goliardico.

Misteri – Se come ingredienti di base di Una serie di sfortunati eventi 2 abbiamo personaggi eccentrici, stramberie di ogni sorta e situazioni folli, a fare da traino meccanico alla sceneggiatura sono i misteri che racchiude. Nei primissimi episodi lo show lascia intuire che i genitori di Violet, Klaus e Sunny non siano morti per una disgrazia, bensì la loro dipartita potrebbe essere in qualche modo collegata a una società segreta. L’incontro con i Pantano (due orfani finiti nell’Atroce Accademia), il ritrovamento di mezzo cannocchiale complementare a quello di Klaus e un misterioso libro che cela qualcosa di sicuramente importante per i protagonisti, sono dunque la benzina necessaria per mettere in moto una serie che ha bisogno di suspense come una persona di ossigeno.

Cosa non ci è piaciuto

Eccessiva teatralità – Un po’ tutto è portato all’esasperazione in questo show di Netflix. Oltre ai travestimenti del conte (quelli sono apprezzatissimi), tutta la serie è raccontata come se i personaggi fossero costantemente su un palcoscenico. C’è un copione da recitare, con battute talvolta volontariamente nonsense, e i protagonisti non sono altro che delle pedine sballottate di qua e di là per ragioni infauste. Di sicuro manca la naturalezza, la sensazione di assistere a una storia se non autentica quantomeno verosimile: tutto ha il sapore di finzione. È un aspetto che può non piacere ma potrebbe anche soddisfare lo spettatore, è tutta questione di gusti. Il dover bere un Martini acquoso perché è “in”, giusto per fare degli esempi, o il conte Olaf travestito da russo “costretto a ballare perché è la Giornata della Segretaria”, sono situazioni prive di senso che, sebbene non stonino con la follia di fondo dello show, finiscono per ripetersi troppo e alla lunga esagerare.

Ritmo spezzato – Il precedente punto non giova al ritmo di Una serie di sfortunati eventi 2, spezzato troppo spesso da momenti morti. Tra una svolta della trama e l’altra passa a volte un sacco di tempo, riempito da dialoghi che avrebbero tranquillamente potuto essere lunghi la metà.

Nel complesso la seconda stagione ha un certo stile, riesce nel suo intento di raccontare in maniera divertente le sfortunate vicende dei protagonisti e ricalca perfettamente il format della prima, attestandosi come una produzione fresca e originale nel panorama seriale odierno.

La mia sedia a rotelle è come il kart di Super Mario. In qualsiasi cosa devo essere il migliore, altrimenti ci sbatto la testa finché non lo divento. Davanti a un monitor e una tastiera, però, non è mai stato necessario un grande sforzo per mettermi in mostra. Detesto troppe cose, sono pignolo e - con molta poca modestia - mi ritengo il leader perfetto. Dormo poco, scrivo tanto, amo i libri e divoro serie tv. Ebbene sì, sono antipatico e ti è bastata qualche riga per capirlo.