I morti viventi hanno ormai preso il controllo dell’America (e, presumibilmente, del globo) da circa diciotto mesi. Giorno più giorno meno, in mezzo all’apocalisse zombi a nessuno viene in mente di festeggiare il compleanno. Ci sono altre priorità: la benzina, il cibo. Un tetto. Magari, già che ci siamo, qualche pallottola. Oppure, ehi, sarebbe una bella idea riuscire a riportare il fondoschiena a casa senza che qualche non morto se ne sia strappato una porzione in stile take away! Sapete com’è, le piccole cose di tutti i giorni, quei pochi e semplici orpelli che riescono a semplificare la vita, o per meglio dire: a garantire la sopravvivenza, in State of Decay 2.
Ho atteso per quasi due anni l’arrivo del titolo di Undead Labs. Sin dal primo trailer, svelato durante l’E3 2016, mi chiedevo come gli sviluppatori potessero migliorare il gioco o renderlo ancora più immersivo. Il punto forte dell’offerta di Undead Labs è infatti questo, l’immersività. State of Decay 2 riesce a rendere del tutto l’idea di quello che è un mondo attraversato da branchi di putrefatti non morti. Uno scenario che non fa rimpiangere l’opera di Kirkman, The Walking Dead, del quale riesce senza volerlo (o forse si?) ad essere una migliore trasposizione videoludica rispetto a titoli tie in. Nessun governo, nessuna legge, nessuna protezione: vige la legge del più forte in un’America devastata dove cane mangerebbe cane, se ci fossero ancora quadrupedi in giro. La tensione nel trovarsi fuori dal nostro rifugio, magari di notte e, per non farci mancare nulla, con un bel branco di zombi che ci trotterella al fianco è quasi una sensazione fisica e reale. Intendiamoci, il livello di difficoltà, almeno agli esordi, non è così alto come appare e c’è tutto il tempo di padroneggiare le meccaniche base del gioco. Morire in combattimento non è facile come sembrerebbe, a patto di tenere a mente due dettagli che differenziano State of Decay 2 da alcuni dei più blasonati esponenti del genere, come ad esempio Dead Rising. Punto primo: niente meccanici o fotografi o ex piloti semi immortali. Qua si muore, e si muore male e per sempre. Punto secondo: niente armi di distruzione di massa ricavate da materiali di fortuna. Un tratto in comune lo si può trovare nel crafting che, ovviamente, è parte integrante della struttura del gioco ma, laddove Capcom ha virato verso il puro e semplice massacro di inermi non morti (almeno negli ultimi due capitoli della saga), Undead Labs ha optato per un approccio più crudo e realistico, più vicino ad un survival puro che non ad un titolo arcade e immediato. Ha i suoi difetti ovviamente (quasi tutti sul fronte tecnico), parlerò anche di questi, ma la premessa è che il gioco di Undead Labs è il degno proseguimento di State of Decay.
Come di consuetudine non vi farò spoiler sulla trama del gioco, o tenterò di limitare al minimo indispensabile, quindi tranquilli: siete tra amici. Ve la tratteggerò invece a grandi linee mentre vi illustro lo scenario, giusto quel che basta per farvi un’idea, un quadro generale. Dallo scoppio della prima epidemia, ci si riferisce quindi agli eventi narrati nel primo capitolo della serie, sono passati circa diciotto mesi. Questa volta, dunque, non avremo a che fare con due sprovveduti alle prime armi; i nuovi sopravvissuti che incontreremo e impersoneremo nel corso del gioco sono tutti veterani, già abituati a trattare a dovere gli zombi. Possibilmente con un bel colpo nel cervelletto, proprio nella zona-coppino per intenderci, ma anche qualche sprangata ben assestata non guasta. Questa è gente perlopiù tosta o fuori di testa, ognuno caratterizzato dai propri tratti distintivi. Avremo quindi a che fare con ingegneri, medici, personaggi che prima della catastrofe occupavano anche ruoli di rilievo nella società così come con veri e propri “astri nascenti” all’alba dell’apocalisse, persone che trovano un rinnovato valore nei rispettivi talenti. I sopravvissuti, nel tempo, si sono quindi riuniti in diverse piccole comunità, un simulacro su scala ridotta della perduta società, identificate come Enclavi. Ogni Enclave sarà unica negli scopi, negli atteggiamenti, nelle reazioni: pestare i piedi a un mercante sarà meno pericoloso che fare uno scherzo non gradito ad un vigilante. Questo, almeno, in linea di massima; alcuni mercanti sono parecchio scontrosi e poco inclini a commerci equi o a socializzare con completi estranei come noi. Non tutte le Enclavi, dopotutto, sono disposte a cooperare. Alcune vorranno giusto fare bottino e rendere sicuri i propri confini, senza curarsi di aiutare i propri vicini in onore al sempre in auge “mors tua vita mea“. Altre offriranno i propri servigi alle altre comunità, magari in cambio di beni o, in alcuni casi, per solo buon cuore. Qualcun’altra ancora sarà ostile a prescindere, veri e propri avvoltoi su due gambe ma più infami di quelli con le ali: questi non vanno per il sottile e, vivo o morto, se possono ti spolpano.
Come se non bastassero i problemi politici (certe cose perseguiteranno l’uomo anche durante l’apocalisse zombi, apparentemente), una nuova minaccia biologica sta mietendo vittime a ritmi allarmanti: la Piaga del Sangue. Nonostante i sopravvissuti siano esperti combattenti, o comunque relativamente abituati alla normale minaccia rappresentata dai non morti, qualche piccolo incidente capita a tutti. Un graffio mentre si scappa, zaino sulle spalle e piede di porco in pugno da un’orda famelica di zombi ricoperti di sangue, è una di quelle cose da mettere in conto e, ahinoi, non basterà un po’ di gel disinfettante per salvarci la pellaccia. Se un essere umano sta troppo a contatto o viene ferito troppe volte da uno zombi insanguinato contrarrà questo morbo mortale, in grado di rianimare i malcapitati in una inedita e più letale versione dei non morti. Più veloci, più reattivi e vispi degli zombi comuni, possono avventarsi sul nostro personaggio in un lampo e, se in numero sufficiente, farci facilmente a brandelli. Fortunatamente la Piaga del Sangue sembra curabile nonostante l’alta infettività ma, per farlo, dovremo attrezzare una infermeria presso il nostro quartier generale e raccogliere gli ingredienti necessari durante le nostre esplorazioni. Questo, come si può ben immaginare, ci porterà a contatto non solo con questi non morti particolarmente aggressivi, fonte primaria di uno degli ingredienti principali per preparare l’antidoto all’infezione, ma anche con quella che sembra essere la causa prima di questo nuovo flagello: degli ammassi sanguinolenti che secernono una nebbia rossa, una bruma di sangue infetto nebulizzato, che si espande in aree relativamente vaste intorno a loro. Distruggendo una di queste carnose piaghe putrescenti, chiamate evocativamente Ammassi Infetti, ripuliremo definitivamente l’area dalla Piaga, garantendo quindi un vantaggio alla nostra comunità e, incidentalmente, alle altre Enclavi. Lo scopo principale della nostra compagine è proprio questo, limitare i danni della Piaga del Sangue e individuare e distruggere ogni singolo Ammasso. E una volta fatto questo, quale sarà il destino della nostra comunità? Cosa ne sarà della nostra gente quando avremo consumato l’ultimo litro di benzina e mangiato l’ultima scatoletta di cibo per gatti? Semplice, si ricomincerà da un’altra parte: ci sono altri luoghi da colonizzare, e poco importa se dovremo lasciarci dietro le nostre piccole sicurezze. E’ ora di fare i bagagli e partire per un altro posto. Dobbiamo fermare la Piaga del Sangue, ma a ben pensare (ed è qui che State of Decay 2 si discosta del tutto dal suo predecessore, almeno filosoficamente) non per noi: per chi verrà poi.
Ecco State of Decay 2, ecco lo scenario, lo sfondo. Un mondo flagellato e allo sbando retto da fragili equilibri e costretto a fronteggiare un’apocalisse nell’apocalisse. Praticamente dannato al quadrato, converrete con me. Da qui prende davvero il via il gioco, che potremo affrontare sia in modalità cooperativa online, in cross play tra le versioni Windows 10 e Xbox One, sia in single player. Sulla modalità cooperativa torneremo fra poco, facciamo prima una piccola panoramica sulle meccaniche di gioco introdotte o raffinate in questo nuovo capitolo. All’inizio della nostra prima partita dovremo scegliere uno tra una serie di sopravvissuti generati randomicamente dal gioco. Questo particolare mi ha colpito in parte favorevolmente ma allo stesso tempo mi ha lasciato un po’ spiazzato: se da un lato è palese l’intenzione da parte di Undead Labs di offrire ad ogni giocatore un’esperienza davvero unica, dall’altra mi sarei aspettato un po’ più di libertà. Non un vero e proprio editor completo, ma la possibilità di poter plasmare a mio piacimento, grazie anche alle approfondite meccaniche da gioco di ruolo riviste in State of Decay 2, il mio sopravvissuto. Non solo i tratti da RPG, ma anche il già citato crafting e la gestione della nostra comunità e degli avamposti hanno giovato di alcuni approfondimenti in questo nuovo capitolo della serie. Ad esempio la gestione dei rapporti tra i membri della nostra comunità e del loro umore assurge, se possibile, ad un ruolo ancora più predominante rispetto a State of Decay. Una rissa scoppiata a causa di una parola sbagliata, magari mentre un branco di zombi di passaggio è in cerca di un buffet, potrebbe costarci letteralmente la partita. Gestire i vari caratteri dei nostri seguaci e al contempo riuscire a fare il meglio per l’Enclave non sarà per niente facile. Ogni evento causerà una variazione nell’umore della nostra collettività e, come in una pentola a pressione, basta poco perchè tutto esploda in un boato catastrofico. Come nel suo predecessore anche State of Decay 2 presenta le stesse meccaniche roguelike come il permadeath, e una volta che l’ultimo membro della nostra Enclave dovesse morire essa cesserà di esistere. Game over, non c’è un altro gettone signori. Da qui la necessità di pianificare, altro elemento caratteristico della serie, in modo quasi strategico la crescita delle nostre basi e del nostro quartier generale. Il nostro scopo è sopravvivere con ciò che abbiamo a disposizione e decidere di costruire un magazzino aggiuntivo al posto di un orto supplementare potrebbe essere la nostra salvezza o la nostra condanna, tutto dipenderà dal nostro stile di gioco: in questo Undead Lab è maestra e la libertà d’approccio lasciata giocatore in State of Decay 2 ne è la riprova. Che preferiate un approccio stealth, peraltro velatamente (ma neppure troppo in realtà) suggerito dal gioco stesso, o che siate più tipi da sane e didattiche mazzate, avrete la libertà di affrontare i pericoli di questo mondo dominato dagli zombi a modo vostro. Vostre le scelte, vostre le conseguenze.
Come dicevamo le differenze o, meglio, le novità rispetto a State of Decay non sono molte. Oltre ad un generale approfondimento di un impianto di gioco ben rodato, il resto delle feature inedite per la saga è rappresentato dalla modalità cooperativa che è, a mio avviso, un po’ una lama a doppio taglio. Delle tante qualità di State of Decay 2 ho voluto porre l’accento sull’immersività e sulla “difficoltà” del titolo. Ho usato le virgolette a ragion veduta, perché non si può parlare di un vero e proprio livello di difficoltà univoco, quanto di una conseguenza del nostro approccio. Per fare un esempio, esplorando in cerca di risorse ci imbatteremo in diversi tipi di zombi. Dai più comuni, i classici “mangiacervelli” a là Romero per intenderci, agli Urlatori (in grado di richiamare vicino a loro, urlando come la moglie di un cacciatore ubriaco, sciami di fastidiosi resuscitati) fino agli infami e giganteschi Colossi. Questi ultimi li conosciamo bene, sono dannatamente ostici. Investirli con un’automobile? Buona idea, se la vostra strategia è quella di far loro il solletico. Fuoco? Sono solo carezze. I Colossi sono una delle sfide più impegnative che un sopravvissuto possa affrontare in State of Decay 2. Sfida impegnativa, non impossibile, anche giocando in solitaria e affrontare una di queste macchina di morte con un team di quattro giocatori toglie effettivamente parecchio pepe alla cosa. Tra le peculiarità del comparto online ho apprezzato, nell’ottica del concetto stesso di cooperazione, la scelta di Undead Labs di garantire ad ogni giocatore partecipante alla sessione una parte di bottino. Ogni volta che esploreremo un edificio o una nuova area in una sessione online ogni giocatore “percepirà” risorse diverse rispetto agli altri. Se da un lato, come accennato poco fa, questo rientra appieno nella filosofia stessa di queste iterazioni online votate alla cooperatività, dall’altro va a privare di una piccola libertà i giocatori: quella di essere infami. Ammettetelo, dentro ognuno di voi si nasconde un piccolo, infame sopravvissuto pronto a spaccare un ginocchio a un alleato e lasciarlo in balia degli zombi, solo per accaparrarsi l’ultima birra reperibile alla fine del Mondo. Io ho solo il coraggio di ammetterlo!
E ora, le note dolenti. Non è tutto oro quel che luccica e anche se State of Decay 2 è sicuramente un ottimo titolo, su questo non ci sono dubbi, ha i suoi palesi difetti. Per la cronaca, ho spolpato questo nuovo capitolo su PC, con una macchina che soddisfa i requisiti consigliati per il gioco di Undead Lab. E, a dispetto di questo, non sono mancati imbarazzanti cali di framerate anche in situazioni non particolarmente concitate e con pochi elementi a schermo, un fastidioso e frequente effetto tearing e un marcato aliasing. Alcuni assetti, nella fattispecie le texture di alcuni elementi dello scenario (ma non solo, anche quelle di alcuni veicoli) si possono inserire in un intervallo qualitativo che oscilla tra “appena sufficiente” e “strappatemi le retine”. Questo a discapito del cambio di motore di gioco, passato dal CryEngine utilizzato per la realizzazione di State of Decay a Unreal Engine 4, alla base dell’architettura di questo sequel, che sembra si aver giovato all’offerta di Undead Labs ma non quanto ci si sarebbe aspettato dopo un periodo di sviluppo così prolungato. Per essere schietti: si respira tanfo di pressapochismo sul fronte tecnico, con difetti già presenti sin dalla release del primo capitolo della saga che si ripropongono quasi come un deja vu, solo in più alta definizione. Tutto sommato, comunque, me la sento di essere ottimista su questo punto: la tirata d’orecchie a Undead Labs è obbligatoria – dopotutto la natura stessa di State of Decay 2 lo incasella come un titolo destinato più agli entusiasti del primo capitolo che non a una platea di nuovi aficionados – ma alla fine bonaria: del buono c’è, come gli effetti particellari che sono nettamente migliorati e le animazioni dei personaggi e degli zombi che, seppur ancora un po’ rigide, sono di una qualità indubbiamente migliore rispetto al passato. Per il resto si tratta di difetti perlopiù di facile risoluzione, magari con una patch apposita già nei prossimi giorni. Dopotutto, come già accennavo nell’anteprima, questa è l’era degli update al lancio. Il livello qualitativo dell’impianto sonoro si attesta all’incirca al pari di quello tecnico generale: non brilla in nessun senso, ma il suo lavoro lo fa abbastanza bene, specialmente con l’ausilio di un paio di cuffie. Non c’è molto da dire su questo fronte, in realtà, in quanto la colonna sonora e gli effetti sono limitati all’osso, senza lode ne’ infamia. I comandi, sia con tastiera e mouse che pad alla mano, sono praticamente gli stessi di State of Decay, cosa che sicuramente farà piacere ai più, che si ritroveranno da subito a loro agio. Un altro piccolo punto a favore di Undead Labs, doveroso, sono le rinnovate hitbox che risultano ora più precise, così come i miglioramenti al gunplay che è nettamente migliorato e, se possibile, ancora più soddisfacente che nella prima iterazione della serie. Sparare nel muso ad un Urlatore e interrompere quello stridìo maledetto è davvero soddisfacente. Ho parlato, in realtà solo velatamente accennato, a quella che secondo me è la vera differenza tra State of Decay 2 e il suo predecessore: la filosofia alla base del gioco. In State of Decay si respirava un’atmosfera diversa, un’attenzione più focalizzata alle esigenze a breve termine della nostra piccola comunità. Il tema principale era la dipartita, la morte del passato e del presente attraverso quella dei nostri compagni. In questo sequel si sente, all’opposto, una spinta a pensare in divenire, al futuro della nostra comunità una volta assolto il nostro scopo. Per questo non posso, in tutta coscienza sostenere che si tratti di un titolo copia e incolla, come potrebbe apparire (anche e soprattutto a causa dei limiti tecnici): un more of the same? Sicuramente, ma con una nuova impostazione che riesce a coinvolgere, se possibile, ancora più di quanto abbia fatto il suo illustre predecessore. In sostanza, se gli zombi sono la vostra passione e l’idea di affrontare un’altra apocalisse non vi spaventa, State of Decay 2 è uno di quei titoli in grado di strapparvi dalla realtà pur con tutti i suoi difetti. Se avete amato State of Decay non potete avere dubbi: State of Decay 2 è il degno, anzi, il giusto sequel del titolo 2013.