Provato Days Gone: l’arte della sopravvivenza secondo Sony Bend

Fin da quando l’abbiamo visto in azione per la prima volta, Days Gone ci ha dato l’impressione di trovarsi confinato in un limbo, con la possibilitĆ  di diventare da un lato l’inaspettato figliol prodigo dell’ormai nutrita scuderia Sony,Ā dall’altro addirittura una sorta di brutto anatroccolo all’interno del gruppo. Lo scorso 15 maggio, invitati da SonyĀ per una prova diretta dell’ultima opera di Sony Bend, abbiamo avuto per la prima volta una conferma empirica di questa sua dualitĆ . Il nostro primissimo contatto con il gioco ĆØ avvenuto nella storica sede romana di Sony Interactive Entertainment Italia, aperta nel 1995, anno del debutto europeo della prima PlayStation e periodo in cui Sony Bend (all’epoca nota come Eidetic)Ā cominciava ad emettere i primi vagiti e a mettere nero su bianco le basi stilistiche di una vera e propria pietra miliare dell’epoca: Syphon Filter. Da quel momento ne ĆØ passata di acqua sotto i ponti, e quello che era nato come un piccolo team giovane e un po’ scanzonato si ĆØ ritrovato a gestire lo sviluppo del suo progetto più ambizioso, facendosi carico di responsabilitĆ  non indifferenti e dovendo sopportare un peso incredibile, che avrebbe seriamente potuto mettere a repentaglio la buona riuscita del progetto. Sony ha quindi deciso di intervenire, raddoppiando (letteralmente) le forze al lavoro su Days Gone ed espandendo notevolmente lo studio nativo dell’omonima cittadina dell’Oregon, portandolo da circa sessanta a più di cento dipendenti. Noi, dal canto nostro, ci auguriamo che ilĀ cambio di marcia operato da pochi mesi a questa parte possa rivelarsi di fondamentale importanza per dare finalmente un’identitĆ  precisa a Days Gone e soprattutto per permettergli di essere pubblicato il prossimo anno, sgomitando per sopravvivere. Proprio come il suo protagonista.

Piacevolezze narrative…

Ma che cos’ĆØ Days Gone, o meglio, cosa vuole essere? A guardarlo superficialmente e anche a volerlo giudicare in maniera un po’ puntigliosa (legittimo visti i temi trattati, non certo originalissimi) sembrerebbe il solito videogioco post-apocalittico incentrato sugli zombie, nato per seguire la moda rilanciata da The Walking Dead diversi anni fa ed inserirla nella più abusata delle strutture ludiche moderne, quella dell’action adventure open world. Proprio come la serie di Robert Kirkman, Days Gone non si concentra tanto sui non morti – che qui, per inciso, non sono semplici pezzi di carne lobotomizzati, ma esseri più agili e scattanti, dotati di un istinto feroce e primordiale – quanto sugli umani, sulle storie e sugli intrecci che si vengono a creare fra il buon Deacon St. John e i comprimari che lo accompagnano fedelmente durante l’avventura. Sulla storia sappiamo ancora ben poco e non ĆØ certo questa l’occasione giusta per parlarne in maniera approfondita, ma il gioco sembra voler puntare moltissimo sulla narrativa: per dirne una, gli sviluppatori ci hanno assicurato che non saranno presenti fetch quest, ma che ogni azione compiuta nelle sterminate foreste del midwest americano sarĆ  perfettamente contestualizzata a livello di interazione con gli altri personaggi e fungerĆ , anche in minima parte, da vero e proprio tassello narrativo. Nel corso della nostra prova, durata circa 35 minuti, diversi elementi ci hanno suggerito la forte impronta story-driven del gioco, in primo luogo l’ottimo doppiaggio, ricco di sfumature e in grado di caratterizzare a dovere ogni personaggio, primo fra tutti il protagonista stesso. A pelle, Deacon non ci ĆØ apparso cosƬ scontato come lascia trasparire il suo aspetto da sopravvissuto, cinico e segnato dal mondo circostante, ma al contrario pare dotato di un umorismo e di un’etica tutte sue, che emergono soprattutto nelle scelte che ogni tanto si ritrova a compiere, e il cui impatto sul mondo di gioco ĆØ ancora tutto da scoprire. Egli, peraltro, non ĆØ sempre solo, ma può stringere conoscenze più o meno strette – a seconda delle esigenze narrative – con diversi compagni, fra cui l’inseparabile amico Boozer.

Archiviate, almeno per il momento, le impressioni sulla componente narrativa, soffermiamoci un attimo su ciò che ci siamo trovati effettivamente di fronte una volta imbracciato il pad, a cominciare da quella che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe essere la co-protagonista di Days Gone, legata a doppio filo a Deacon: la sua motocicletta. La fedele cavalcatura ĆØ personalizzabile a livello molto profondo, con modifiche – il cui reale impatto ĆØ ancora da valutare – che spaziano dal motore alle sospensioni, passando per il telaio e le gomme, e che le permettono di crescere ed evolversi di pari passo a chi la inforca. I modi per farlo non sono ancora del tutto chiari, ma a quanto sembra Deacon potrĆ  recuperare diverse componenti sparse per il mondo di gioco per poi svolgere con calma le operazioni più complesse all’interno degli avamposti, commerciando, alla bisogna, diversi pezzi di ricambio. Durante la guida, la moto può danneggiarsi se colpita dai freakers o da proiettili vaganti, il che obbliga a scendere e impiegare qualche secondo prezioso per ripararla. Come se ciò non bastasse, fra una missione e l’altra occorre anche fare rifornimento di carburante, fortunatamente reperibile in quantitĆ  sufficientemente generose, per evitare di rimanere appiedati. Il modello di guida e la gestione del mezzo sono giĆ  adesso più che buoni e seguono un’impronta realistica e tutto sommato credibile: l’intenzione ĆØ quella di rendere la moto più di un semplice mezzo di trasporto, facendo sƬ che ci si senta effettivamente minacciati e in pericolo ogni volta che si decide, per un motivo o per l’altro, di abbandonarla. Al momento non siamo ancora in grado di dirvi quanto questo obiettivo sia effettivamente vicino: a piedi, però, Deacon appare molto più vulnerabile, quasi monco di una parte di sĆ©.

… assonanze e dissonanze ludiche

Nella struttura di gioco, Days Gone sembra voler seguire il più classico degli archetipi, pescando un po’ da ogni esclusiva Sony recente (Horizon, Uncharted, The Last of Us, lo stesso God of War) e fondendo insieme tutto quanto per poi riforgiare le stesse meccaniche con una diversa alchimia, tutta sua. Difficile dire se da qui all’uscita gli sviluppatori sapranno sorprenderci con qualche trovata o guizzo di stile mai visto, ma da un certo punto di vista la loro scelta ĆØ comprensibile: a volte, a livello di meccaniche, ĆØ meglio affidarsi all’usato sicuro e funzionale piuttosto che cercare di cambiare qualcosa, rischiando di commettere gravi errori e rovinare fragili equilibri faticosamente costruiti – anche da altri – in tanti anni.

La sensazione, comunque, ĆØ che nell’intero sistema di combattimento ci sia ancora qualcosa da affinare e che non tutti i pezzi si incastrino perfettamente fra loro. Ad esempio, gli attacchi all’arma bianca soffrono ancora di diversi problemi nella responsivitĆ  dei comandi: a livello pratico, dunque, piuttosto che cercare di sgattaiolare alle spalle di qualcuno per colpirlo furtivamente ĆØ preferibile affrontarlo ad armi spianate, non tanto perchĆ© quest’ultima tattica sia di per sĆ© più efficace, ma per via del fatto che al momento ĆØ l’unica ad essere davvero divertente. L’intero sistema, di conseguenza, ci ĆØ parso soffrire di problemi di bilanciamento: non ĆØ conveniente affidarsi allo stealth, e i giocatori che lo fanno non vengono adeguatamente ricompensati (almeno per il momento: i margini di miglioramento in tal senso sono ancora enormi). Pur avendole solamente annusate durante le poche missioni svolte, abbiamo avuto anche parecchie perplessitĆ  sulle IA che muovono entrambe le tipologie di nemici, sia gli umani che i cosiddetti freakers.Ā Purtroppo, la pochezza dell’inventario a nostra disposizione ci ha impedito di sperimentare oltre una certa soglia con le possibilitĆ  offerte dai pochi chilometri quadrati a disposizione. IĀ sopravvissuti ostili attaccano Deacon seguendo pattern ancora troppo elementari, ma perlomeno non si lasciano attirare uno per volta all’esterno dei loro avamposti,Ā soprattutto se ben armati e asserragliati, il che obbliga il protagonista stesso ad adottare un approccio più furbo e offensivo, piazzando trappole alla bisogna e cercando di arrangiarsi con le poche risorse a disposizione. Per quanto riguarda i vaganti, invece, avremmo tanto voluto fronteggiare qualcuna delle temibili orde mostrate nei trailer degli anni passati, ma ci siamo dovutiĀ limitare a piccoli gruppi che non hanno fatto altro che mettere in risalto l’evidente stupiditĆ  (in parte giustificata dal contesto narrativo) di questi esseri. ƈ indubbio che per rappresentare un serio pericolo essi debbano puntare più sul numero che sulla forza bruta: in quei casi, però, il grado di libertĆ  che il gioco offre ĆØ ancora tutto da valutare. Onestamente parlando, non vorremmo ritrovarci contro mucchi di carne da far fuori in un sol colpo tramite passaggi eccessivamente scriptati; ci piacerebbe piuttosto essere costretti a fughe rocambolesche, permeate da un senso di minaccia costante che per il momento, purtroppo, abbiamo faticato a trovare. Infine ĆØ ancora presto, anzi, prestissimo per esprimersi sulle componenti che regoleranno la progressione, fra cui la gestione delle abilitĆ  di Deacon, l’estensione e la costruzione della mappa e la varietĆ  delle attivitĆ  da svolgere, soprattutto sul lungo periodo. Da questi punti di vista non possiamo far altro che rimandare tutto quanto ad un’analisi più approfondita, che quasi sicuramente sarĆ  in grado di svelarci molto altro degli obiettivi e delle ambizioni dell’intera produzione targata Sony Bend, che per il momento ancora tentennano nel volersi mostrare.

Ci ĆØ bastato trascorrere poco più di mezz’ora nel cuore profondo del Nord America per capire che al momento Days Gone ĆØ un videogioco dotato di due anime: davvero degno di nota dal punto di vista stilistico e visivo, ma ancora terribilmente carente sotto il profilo ludico, con alcune scelte di design che vanno ancora affinate, e tanto. Di tempo però ce n’ĆØ ancora, e solo quest’ultimo ci dirĆ  se il progetto di Sony Bend, sul quale al momento restano diversi interrogativi, diventerĆ  una gemma splendente o resterĆ  in eterno un diamante grezzo, impegnato a rincorrere un’ambizione che mai potrebbe riuscire a soddisfare. Visto lo stato attuale dei lavori, ancora in una fase alpha e parecchio arretrata di sviluppo, ĆØ facile comprendere perchĆ© Sony abbia deciso di raddoppiare il team che se ne sta occupando. Una cosa ĆØ certa: i prossimi sei-otto mesi saranno decisivi per definire una volta per tutte il destino finale di Days Gone.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.

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