Si rischia di diventare banali già nelle prime battute recensendo Agony, opera prima dello studio polacco MadMind e, in precedenza, progetto da Kickstarter infine arrivato sugli scaffali con una buona dose di aspettative. Tutte, meglio chiarirlo in apertura, puntualmente disattese. Agony è, come da titolo, un’agonia. Un’agonia tecnica, di idee, di level design. Un’agonia, a tratti e malgrado alcuni spunti tutto sommato originali, persino nella direzione artistica, che in sede di anteprime e preview sembrava aver colpito favorevolmente e in tutte le sue parti sia la critica che i giocatori. E invece, alla faccia della tecnologia moderna, nulla da fare. L’Inferno, quello “bello”, continuerà ad essere legato ai versetti di Dante, ai disegni del Dorè, persino alle avventure di Geppo. Mai più, invece, ad Agony.
Un Inferno di idee
Per mesi, anni, catalogato dai suoi stessi sviluppatori come un survival horror in prima persona, in realtà Agony assomiglia più ad un walking simulator infarcito di meccaniche stealth e discutibili idee di gameplay. L’etichettatura ufficiale, infatti, non trova particolare riscontro nelle meccaniche e, soprattutto, nella gestione delle risorse, praticamente assenti. La “passeggiata” negli Inferi di Amraphel, piuttosto, scorre via tra la risoluzione di enigmi ambientali, ricerca di oggetti chiave e, appunto,fasi stealth inficiate da una IA dei nemici piuttosto discutibile. A meccaniche, quindi, piuttosto classiche, si aggiunge la possibilità di “trasmigrare” con il proprio spirito nei corpi di altri dannati, beffando di fatto la morte eterna e proseguendo nell’avventura “saltando” da un corpo all’altro. Ora, considerando la particolare location scelta dagli sviluppatori, sarebbe probabilmente bastato raggiungere la sufficienza in ogni comparto per tirare fuori un titolo cult, evidentemente sponsorizzato dalle dosi massicce di violenza e gore ben pubblicizzate nel corso degli ultimi due anni. E invece, oltre a violentare le più elementari regole di buon design acquisite nell’ultimo decennio, Agony rischia addirittura di offendere il nostro buon gusto, presentandosi all’utenza come un gioco eufemisticamente poco rifinito in diversi aspetti.
Tette giganti e vagina di mele
Uno dei motivi maggiormente caratterizzanti del titolo sin dalla sua apparizione su Kickstarter risiedeva nella particolare direzione artistica. A metà tra l’Inferno di Dante e le visioni da Clive Barker, gli Inferi proposti da MadMind Studio sembravano offrire uno spettacolo realmente angosciante e carico d’atmosfera. Eppure, quella cura infusa negli screenshot e nei trailer pre lancio non ha trovato poi riscontro nel prodotto finito. Piuttosto che regalare una visione d’insieme realmente caratterizzata o caratterizzante, l’inferno di Agony finisce con l’essere un’accozzaglia di stili poco ispirata, sempre in bilico tra cattivo gusto e banalità. Alcuni demoni, tutto sommato, sono anche realizzati bene. Ma i continui riferimenti al sesso, tra mammelle giganti sfoderate da alcuni nemici, frutti proibiti muniti di vagina e succubi poco attraenti, appaiono completamente fuori contesto. Il tentativo di disturbare il giocatore con immagini volutamente “forti”, infatti, cozza miseramente con una realizzazione limitata negli aspetti artistici. Difficile dire se la colpa possa essere, in parte, attribuita alle carenze tecniche che, specie nella versione console da noi testata su PS4 Pro, non posso essere sempre giustificate. Possibile che, in futuro, con un supporto post lancio massiccio sulla versione PC, anche il codice console potrà contare su prestazione in linea con le aspettative. Ad una computa poligonale piuttosto bassa, l’Unreal Engine 4 utilizzato per Agony associa texture di bassa qualità, evidenti problemi di sincronizzazione verticale, cali inspiegabili di frame rate e un pesantissimo tearing. E pur sponsorizzando il vecchio adagio per cui “la grafica non è tutto”, è impossibile ignorare come le deficienze tecniche del motore vadano poi ad incidere pesantemente sul gameplay.
Survival Porno
Insomma, Agony non fa paura. Il problema è che, invece, fa innervosire. Il motore grafico claudicante, infatti, frammenta l’azione, rompe la (poca) atmosfera e, inoltre, rende difficile persino la semplice deambulazione. Di più: l’utilizzo di particolari soluzioni visive impedisce speso la corretta lettura delle distanze. Si tratta,in questo caso, di difetti forse dettati dalla fretta e che potrebbero essere sistemati senza troppi patemi nlle settimane post lancio. Al momento, però, il quadro sopra descritto deve essere accostato alla tipologia particolare di gioco. Piuttosto che gestire le risorse, in Agony si richiede la risoluzione di più o meno semplici enigmi, spesso basati sull’osservazione o sulla ricerca di oggetti. Per nulla riuscita neanche la fase stealth che, a meccaniche di base invero povere e obsolete, unisce un’intelligenza artificiale dei nemici quantomeno discutibile. Alle volte, i demoni non riusciranno a individuarvi neppure ad un palmo dal loro naso, mentre altre volte, inspiegabilmente, fiuteranno la vostra presenza persino a distanza considerevole, rendendo vana qualsiasi prudenza. In ogni caso l’approccio furtivo, non sempre utilizzabile, è inficiato anche dalla particolare morfologia dei livelli, angusti corridoi troppo uguali e poco stimolanti nel design. Chiude la disamina la tanto decantata trasmigrazione: in caso di morte, il nostro personaggio potrà proseguire nella sua corsa alla “Dea Rossa” individuando, con il suo spirito, altri dannati. A quel punto si assiste ad una sorta di minigioco neanche troppo ispirato, che permette poi di “entrare” nel nuovo personaggio. Insomma, in Agony si muore spesso, ma non si muore mai veramente. Purtroppo. Insomma, la lista di cose che non funzionano nell’horror di MadMind è semplicemente troppo lunga per essere ignorata. Dalle musiche al doppiaggio, passando per il font utilizzato nei sottotitoli piccoli e poco leggibili o, ancora, nell’interfaccia tutt’altro che intuitiva, il titolo non è certo amichevole con gli utenti, ai quali tocca pure sopportare, ciliegina sulla torta, diversi glitch grafici e continui crash di sistema, capaci, anche dopo l’ultima patch, di corrompere l’unico salvataggio possibile. Ciò costringe il povero diavolo (a.k.a. il giocatore) di turno, anche al netto di un save system di default poco clemente, a ricominciare un intero livello dall’inizio. Difficile pure trovare improbabili appigli nella Agony Mode, una modalità alternativa strutturata a mo’ di Rogue Like. Quest’ultima si rivela nel complesso abbastanza ben studiata e cerca di sfruttare i pochi, buoni spunti presenti. Ma resta davvero troppo, troppo poco per poter salvare Agony.
https://www.youtube.com/watch?v=8PWnccgh90k
Un vero peccato. Questo è tutto quel che ci sentiamo di dire una volta terminato il nostro viaggio nell’inferno di Agony. Il gioco di MadMind si basa su un concept di partenza che non potrebbe essere più affascinante, e proprio per questo, al netto dei difetti elencati, appare come un’occasione sprecata. Nessun dubbio che, laddove in futuro gli sviluppatori riescano quantomeno a sistemare alcune magagne tecniche, il titolo possa comunque offrire qualche ora, fra le circa 10 necessarie per completarlo, di discreto divertimento. In fondo i casi di “rinascita” in questo strano mondo non mancano (basti pensare a Mass Effect Andromeda); magari l’arrivo dei sospirati aggiustamenti su PC darà agli sviluppatori la chance per sistemare anche le due versioni console. L’assenza del voto deve essere letta proprio in questo senso. Dare la possibilità ad uno studio giovane e comunque promettente di rimediare agli errori commessi e, al lettore incuriosito, di valutare bene l’acquisto. Ad oggi, però, Agony rappresenta un contrappasso troppo punitivo, persino per il più incallito dei peccatori.