Seduto in ottima posizione, mi sono goduto il Media Briefing E3 2018, una conferenza praticamente perfetta, che solo i più faziosi commentatori hanno potuto criticare, dal baratro del loro essere (pateticamente) fanboy. Tant’è. Chi i videogiochi li conosce, e conosce questa industria, ha apprezzato forma e sostanza, compreso le strategie, gustato i momenti topici. Non è un caso se il gran finale, gestito magistralmente con uno spettacolare colpo di teatro, sia stato affidato al debutto mondiale di uno dei titoli più attesi e sognati degli ultimi anni: Cyberpunk 2077, del developer prodigio polacco CD Projekt Red.
Ora, cerchiamo di essere molto chiari e molto diretti: The Witcher è probabilmente la migliore saga fantasy interattiva mai uscita, e The Witcher 3 (espansioni incluse) il migliore, più epico e più incredibile videogioco di ruolo dai tempi di titoli immortali come Fallout (di Interplay), Planescape Torment o Ultima IV. Un gigante della narrazione interattiva, un’opera monumentale che ha di fatto consegnato definitivamente agli sviluppatori di Varsavia (sì, con buona pace di Bethesda) lo scettro e la corona di sovrani del GdR, un tempo detenuti dalla fu BioWare, quella vera dei suoi fondatori, per capirci. Perché, in un’epoca di mode effimere e tendenze populiste/furbette, CD Projekt Red non ha mai smesso di rivendicare con orgoglio la direzione scelta, ergendosi a sacro baluardo di tutti noi gamer decisi a non perdere la passione in storie, personaggi, situazioni, scelte morali e sviluppo del nostro eroe. Gamer che vogliono continuare a interpretare ruoli, giocando, e che nel farlo non vogliono smettere di sognare. Ora, però, Cyberpunk 2077.
Chi vi scrive non è un novellino che ha scoperto Cyberpunk dal mondo dei videogiochi o direttamente dagli autori di The Witcher. Oltre a essere un patito del genere letterario omonimo, cresciuto a pane, Sterling e Gibson (free tip: recuperate la Trilogia del Budayeen di George Alec Effinger, poi mi ringrazierete), sono stato un accanito giocatore di Cyberpunk 2020, il gioco di ruolo dadi, carta e penna sulla base del quale è in produzione il videogioco (beh, è la versione nuova, ma il gioco è quello). Sono stato giocatore (ero un Rockerboy di nome Red Star) e master per oltre 10 anni, facendo di Night City la mia seconda patria e vivendo emozioni ed esperienze semplicemente indimenticabili. Potete immaginare quindi la mia gioia quando seppi che i diritti di quel GdR erano finiti nelle mani dei più grandi developer di role playing game del mondo, e che costoro avevano dichiarato di avere intenzione di realizzare un’opera immensa e senza compromessi, molto più ambiziosa dello stesso The Witcher. È follia, pensai. Ma loro possono farcela. Il trailer mostrato durante la conferenza Xbox dell’E3 ha già fatto capire che è vero, che CD Projekt Red può davvero compiere la missione impossibile e uscirne vincitore. Esagero? No, fidatevi. Ho visto tra i fotogrammi, ho hackerato la matrice del gioco. Io so. E ora ve lo dimostro.
Il trailer, preceduto da un geniale e scenografico finto attacco informatico alla conferenza Microsoft, che già trasudava classe da tutti i pori, si apre in un vagone di metropolitana. Immediatamente, riceviamo un triplice e violentissimo segnale forte e chiaro, una (non) volgare dimostrazione di potenza. Primo: la luce solare. È Cyberpunk e siamo a Night City, ma la scena non è notturna: niente concessioni al banale, al banalmente richiesto, al dark facile facile che strappa un consenso a buon mercato. Niente oscurità che maschera difetti e limiti grafici, che avvolge e attutisce, comoda coperta di Linus. No: il sole, quello che tutto mostra e nulla cela. Secondo: una megalopoli immensa, che scorgiamo dai finestrini e che, conoscendo CD Projekt Red, sappiamo essere tutta vera, esplorabile, raggiungibile, un universo infinito come pochi. Terzo: lo stile. Già, lo stile. Che non rincorre i ragazzini di oggi e le loro mode già abusatissime, ma che è realistico, personale e di carattere, senza concessioni al bieco trend, vero o aggio a intere generazioni di appassionati. Questo sì che si chiama carattere, e se c’è un carattere del genere, significa che saremo tutelati anche sul fronte del gameplay e della narrazione.
Poi la telecamera si insinua tra le strade della città, e un overflow di dati, fortissimamente voluto, investe i nostri sensi e il nostro cervello. Scorgiamo i corporativi, intenti nelle loro trame, i fixer (ricettatori), i letali solitari, killer del vicino futuro… e molto altro ancora. Tanti sono i ganci ai netrunner, cybernauti di questo mondo sci-fi, che ci spingono a domandarci come sarà interpretato il cyberspazio nel gioco, mentre le ragazze che ballano in modo sensuale ci ricordano che, ancora una volta, i game creator polacchi – almeno loro! – non avranno paura di rappresentare erotismo e sessualità all’interno di un’opera narrativa per un pubblico di adulti, come è sacrosanto che sia. Una scena di bullismo e violenza ci racconta che il mondo è violento e spietato, e che in questa violenza ci muoveremo da protagonisti,con la nostra interazione selettiva, mentre un tavolo da biliardo ci fa già sognare fumosi antri di vizio e passioni nei quali indagare, o magari rifugiarsi… perché il vero RPG elettronico deve sempre vivere anche fuori dalle missioni e dalle trame già scritte, riservando ai gamer il loro spazio bianco a margine di pagina virtuale.
Ma c’è infinitamente di più: armi, customizzazione e makeup che alludono al creare e personalizzare il proprio alter ego, vedremo poi con quale livello di profondità e complessità. Veicoli, droni e cibernetica, perché non può esserci un vero interactive drama Cyberpunk senza transumanesimo. Poi scorgiamo chiaramente dei tecnomedici in azione, pronti a rianimare vite ormai date per smarrite, e i rocker a esibirsi, calamite emozionali che operano col carisma sulle emozioni altrui. L’azione, i veicoli e la verticalità della metropoli, centro dello Sprawl selvaggio, entropico e browniano, non sono altro che il diabolico corollario di un teorema già lucidamente enunciato e dimostrato: Cyberpunk 2077 è l’alfa e l’omega del GdR post-contemporaneo, l’orizzonte degli eventi delle esperienze interattive narrative. E per noi gamer che non abbiamo mai voluto piegarci, Cyberpunk 2077 è anche la ragione per continuare a sperare. Che il Videogioco, il nostro, non muoia mai. E che abissi di silicio, pixel ed emozioni continuino ad aprirsi di fronte ai nostri occhi affamati e stupefatti.
Pronti a guardare dentro di noi.