L’edutainment è sempre un argomento spinoso da trattare, soprattutto dinnanzi a chi non ha mai avuto modo di giocare a determinate opere interattive. Stiamo difatti parlando di un genere che tende a unire l’intrattenimento tipico di un videogioco con lo studio di una determinata materia. Già da questi presupposti l’idea potrebbe sembrare interessante, ed effettivamente si son presentate alcune sperimentazioni interessanti nel corso degli anni. Basta ricordare la Education Edition di Minecraft, che stravolgeva essenzialmente il titolo di Mojang per dargli un’identità distaccata dalla versione originale. Tuttavia, stavolta non sono state delle aziende indipendenti a realizzare un nuovo titolo dedito all’edutainment, ma una compagnia come Triseum che, grazie a una collaborazione con la leggendaria Tencent, si è mostrata al pubblico con Variant: Limits, un edutainment improntato sui calcoli. Intervistando André Thomas, fondatore e CEO di Triseum, siamo andati in fondo alle novità che potrebbero portare un titolo del genere nel medium videoludico.
Thomas, com’è nato Triseum e attualmente qual è il ruolo della compagnia all’interno della gaming industry?
Beh, siamo una compagnia fondata in Texas e siamo specializzati nella realizzazione dei videogiochi educativi. Il nostro focus è sugli studenti liceali e universitari. Ho speso oltre 20 anni della mia vita nell’industria dell’intrattenimento, ma 4 anni fa ho accettato il ruolo da professore alla Texas A&M University, dove, oltre a insegnare, ho cominciato a gestire un laboratorio di ricerca, sviluppo e testing di videogiochi dediti esclusivamente all’insegnamento. Fuori dal laboratorio stesso abbiamo successivamente fondato Triseum. Il primo videogioco che abbiamo pubblicato si è difatti concentrato sull’economia, specificatamente legata all’Italia rinascimentale. Nel titolo, il giocatore avrebbe dovuto gestire una banca dei Medici durante il Rinascimento, decidendo quali opere d’arte da commissionare, con chi commerciare, come bilanciare gli incassi, il potere, la reputazione e il legame con la chiesa. Non è una situazione che si può dividere tra il bianco e il nero, e non si può sempre andare avanti con delle azioni considerabili pure. E gli studenti capiscono certe cose grazie alle semplici interazioni con il gioco. Così tanto in effetti che l’abbiamo provato con una ricerca, la quale ha mostrato che gli studenti hanno acquisito il 24.7% delle conoscenze da assorbire in sole 2 ore di gioco. Andando avanti, il secondo titolo che abbiamo pubblicato è stato Variant: Limits. Il gameplay in quel caso si è basato sullo studio dei calcoli matematici, divisi in una serie di 4 videogiochi. E ho degli studenti impegnati nei calcoli che non riescono a superare le materie nelle classi di scienza, tecnologia, ingegneria o matematica. Ma in questo caso, come si fa? Perciò stiamo tentando di trasformare essenzialmente l’insegnamento, istruendo gli studenti verso uno studio in grado di farli divertire e di lasciarli rasserenati da un concetto come i calcoli matematici. In effetti, un insegnante in Italia ha visto questo effetto con i suoi stessi occhi, grazie a uno studio che stiamo conducendo insieme alla Commissione Europea. Nella sua classe di matematica, infatti, la percentuale di studenti che riuscivano a superare gli esami era pari all’80%. Dopo aver provato il nostro titolo, tuttavia, il numero è salito a un totale pari al 100%, e i voti ottenuti normalmente si sono alzati direttamente del 10%. Diciamo che questo è soltanto un risultato di ciò che stiamo tentando di ottenere, e gli studenti si divertono effettivamente a interagire con il videogioco!
Sì, è davvero interessante e rilevante adesso, visto che gli studenti sono abituati a videogiocare. Potrebbe effettivamente trasformarsi in una nuova concezione dell’insegnamento, e credo che da questo punto di vista Variant: Limits sia uno dei titoli più riusciti, no?
Sì, anch’io lo penso! Ed è anche per questo motivo che ci stiamo impegnando nello sviluppo. Al di fuori dell’insegnamento tra un singolo studente e un professore, il gaming è il metodo più effettivo per insegnare al giorno d’oggi, e oltre. Stiamo dopotutto parlando di un sistema che si basa sulla partecipazione, dove il giocatore impara dal proprio fallimento, che è d’altronde divertente invece di risultare un fallimento agli occhi della persona. Inoltre, la padronanza che si arriva ad avere è del 100%. Non del 90% né dell’80%, ma del 100%. Insomma, non puoi concludere un titolo senza padroneggiarlo totalmente, e quel dettaglio è tutto ciò che serve. Gli studenti si stanno divertendo, e la cosa si diffonde anche agli insegnanti stessi!
È una fonte d’ispirazione straordinaria, davvero. Cosa ci può dire invece della collaborazione che avete portato avanti con Tencent per pubblicare lo stesso titolo nel territorio cinese?
Allora, Tencent ci aveva già adocchiati in passato, ma per convincerli ho dovuto viaggiare in Cina e presentare il tutto all’interno dell’azienda stessa. Nel primo approccio con la compagnia ci siamo messi a lavorare per formare una partnership, e in un paio di mesi avevamo già pubblicato il titolo nel territorio… in lingua cinese!
Cosa ci può dire invece sul futuro dell’educazione attraverso il videogioco? Crede che la VR riuscirà a guidarci verso una via sostenibile?
Sul tema della VR, trarre delle conclusioni dirette è decisamente complesso! Il livello di base da dover raggiungere è ancora relativo ai dispositivi da possedere. Credo che avremo modo di sfruttare la realtà virtuale, e penso che sarà un cambio di volta positivo sia per le scuole che per gli studenti stessi, ma son piuttosto sicuro che sia ancora troppo presto. Non abbiamo ancora abbastanza dispositivi nelle scuole per sostenere il numero attuale di studenti. Soltanto alcuni alunni avrebbero quindi dei visori da poter sfruttare, e non sarebbe una situazione sostenibile per un ambiente scolastico.
Prima abbiamo discusso del tema della diversità, che rimane fondamentale oggi. Uno dei problemi maggiori che comporta l’avere una maggiore diversità nell’industria videoludica è legata anche alla scarsa partecipazione delle donne nelle strutture dedicate al videogioco. Pensa che progetti come quelli provenienti da Triseum possano aizzare una maggiore diversità nell’industria?
Assolutamente, ma credo che il discorso vada ampliato. Innanzitutto, quel che vediamo nei nostri giochi è un qualcosa che può funzionare allo stesso modo sia per i ragazzi che per le ragazze. E abbiamo ottenuto ciò grazie a un team eterogeneo. Il 40% dei nostri dipendenti è composto da donne e perfino il nostro capo programmatore è una donna. Allo stesso modo, circa il 60% della nostra catena di comando è gestita da una forza di lavoro femminile. Detto ciò, non credo che la domanda da porsi sia relativa alla diversità effettiva nel mondo del lavoro. Nel mio laboratorio all’università troviamo la stessa situazione: il 40% degli studenti è femminile. Perciò non credo che ci sia un problema nell’immergersi all’interno dell’industria videoludica. Ormai anche le donne sono interessate istintivamente al videogioco, tentando di farne parte e di sviluppare direttamente qualche titolo. Dobbiamo solo capire quali metodi utilizzare per attirarle nel mercato. Dove sono le modelle che possono utilizzare come fonte d’ispirazione? Per dire, io non sono probabilmente un modello per la maggioranza delle ragazze, visto che sono un uomo bianco di mezza età! (ride) Son lieto che stiano nascendo certe conversazioni! Durante questa intervista mi son ricordato degli anni scorsi, quando un ragazzo non poteva parlare della sua passione a scuola senza rimanere indicato come un nerd. Venivi costantemente ostracizzato, come una minorità appunto, e quella situazione è sostanzialmente cambiata. Sono felice del fatto che ci sia stato il modo di andare avanti, e che il passo sia adesso quello di guardare verso le diversità nel posto di lavoro e nei videogiochi stessi. Anzi, credo che l’industria del videogioco sia perfino un passo avanti al resto dell’industria tecnologica!