Una storia di terrore quella dei 12 ragazzi thailandesi intrappolati in una caverna, ma anche un racconto che comprende eroismo, suspense e un gran bel lieto fine. La storia divenuta di interesse internazionale è più che adatta a fare da trama per un gran bel film, ma chi dovrebbe farlo? Jon Chu, il regista di Crazy Rich Asians, ha un’idea più che chiara al riguardo.
Stando a quanto riportato da The Wrap, il regista fresco del suo incredibile successo di critica ha iniziato a lavorare alla storia, il tutto insieme al team produttivo che stava dietro a Crazy Rich Asians. La decisione di reclamare questo evento reale sotto il suo controllo segue ragioni di orgoglio e riconoscimento dell’identità per il popolo asiatico.
I refuse to let Hollywood #whitewashout the Thai Cave rescue story! No way. Not on our watch. That won’t happen or we’ll give them hell. There’s a beautiful story abt human beings saving other human beings. So anyone thinking abt the story better approach it right & respectfully.
— Jon M. Chu (@jonmchu) July 11, 2018
“Mi rifiuto di lasciare che Hollywood #whitewashout (sbianchi) la storia del salvataggio nella caverna thailandese! Non se ne parla. Non sotto la mia guardia. Non succederà o gli daremo l’inferno. Ci sono delle bellissime storie sugli esseri umani che hanno salvato altri esseri umani. Sarà meglio che chiunque si approcci alla storia lo faccia con un atteggiamento serio e rispettoso.”
La notizia che il regista stesse lavorando al progetto è arrivata in risposta alle voci secondo le quali Pure Flix Entertainment, uno studio americano noto per la produzione di film familiari con tematiche vicine alla religione cristiana, stesse cercando di ottenere i diritti della storia. Quella di Jon Chu è una presa di posizione molto forte, che suona come un grido risorgimentale per la riscoperta dell’eterogeneità e le diversità nazionali.
“Il mondo è bello perché è vario” recita un saggio detto popolare, e la diversità è l’ingrediente fondamentale della bellezza più profonda. L’hashtag #whitewashout usato da Jon Chu è un potente rifiuto alla quasi egemonia della cultura bianca/anglosassone (americana, per capirci) che fin troppo spesso viene spalmata su storie ed eventi che non le appartengono. Un rigurgito da no-global che mira a rivendicare la forza di saper raccontare le proprie storie per quello che sono, con rispetto e attenzione.
We have the power to not only MAKE history but be the historians that RECORD it too. So that it’s told correctly and respectfully. Couldn’t just sit here watching how others would “interpret” this important story. https://t.co/kRv5k9plDU
— Jon M. Chu (@jonmchu) July 12, 2018
“Abbiamo il potere non solo di FARE la storia, ma anche di essere gli storici che la REGISTRANO. Così che sia raccontata correttamente e in maniera rispettosa. Non possiamo semplicemente stare a guardare mentre altri ‘interpretano’ questi eventi importanti.”
Non si tratta di dichiarazioni spicciole dietro a un nazionalismo violento e insensato. Né vuole essere un vago attacco a Hollywood e al cinema oltreoceano fine a sé a stesso. Lo sforzo durato quasi 3 settimane per salvare questi ragazzi ha coinvolto tanti mondi diversi. Veri e propri eroi di tante provenienze diverse si sono coordinati per riuscire nell’impresa: britannici, austriaci, americani e thailandesi. Ma è una storia thailandese, non un western né tanto meno il video di un ghospel.
Se pensate che la faccenda dell’identità asiatica non vi tocchi minimamente dovreste fermarvi un secondo a ragionare su quanto questo discorso si estenda anche, e forse soprattutto, dentro i confini del bel paese. Quante sono le storie della nostra terra che abbiamo lasciato raccontare ad altri? Assassin’s Creed con il rinascimento, Dante’s Inferno con la Divina Commedia, Venezia con Tomb Raider 2, e questo solo concentrandosi su alcuni esempi nel relativamente giovane mondo dei videogiochi.
Ogni paese, ogni popolo e ogni etnia ha la sua personale identità condivisa, un modo unico e peculiare di guardare al mondo e agli avvenimenti della vita. Non è una caratteristica divisiva ma una realtà che arricchisce lo scambio tra le varie culture. Come Bollywood mette l’India e la sua tradizione all’interno del cinema, così anche noi abbiamo fatto tramite registi come Fellini, che ha raccontato con Amarcord le sfumature di una vita cittadina che mai sarebbero state colte da un occhio straniero.
Non fraintendiamo, l’amore per il cinema non deve e non può mai trasformarsi in odio. Hollywood ha saputo raccontare storie che hanno lasciato un segno indelebile dentro chi ha saputo amarle e apprezzarle. Uno tsunami creativo che ha travolto il mondo con la sua potenza. Ma proprio come dice Jon Chu per la cultura asiatica, anche noi abbiamo il potere di fare e registrare quelle che sono le nostre storie. Perché nel negativo della pellicola sia impressa quella sensibilità e quella genesi culturale che è solo e soltanto nostra.
Il nostro bacino di popolazione trabocca di persone che hanno idee e storie da raccontare, visioni ispirate all’odore del caffè la mattina in un condominio della periferia romana e racconti di piccoli sobborghi sperduti in mezzo alla periferia. Movimenti artistici come lo SugarPulp e lo Spaghetti Western hanno più che dimostrato la nostra capacità di imprimere il nostro timbro su prodotti di una certa qualità.
Speriamo che quella di Jon Chu non sia una voce isolata nel panorama mondiale, speriamo che faccia parte di un momento in cui le diverse sfumature di questa grande umanità sapranno riscoprire le asperità e imperfezioni che ci rendono unici, diversi e bellissimi.
La cosa più importante però è ricordare sempre il rispetto per il prossimo. Avere coscienza della propria identità non significa affatto disprezzare o sminuire quella altrui. Troppo facilmente un discorso simile a quello trovato in questo articolo può essere storpiato verso derive megalomaniache e xenofobe, “Il mondo è bello perché è vario” dicevamo qualche paragrafo addietro, ed è bene che dove c’è consapevolezza personale ci sia anche apertura al diverso. Ma se non siamo noi a lasciare l’impronta di uno stivale sulla terra, chi per noi?