Remothered: Tormented Fathers Recensione, l’horror dell’anno arriva su console

Remothered: Tormented Fathers

Una magione assai poco accogliente, immersa in una luce incerta, vespertina; un parco giochi dall’aria spettrale; spigolose stradine di campagna che si aprono su paesaggi eterei e indefiniti, e la netta impressione di trovarsi in un mondo ostile che cospira contro di noi e la nostra sanità mentale. Fin dai primi momenti di gioco, Remothered: Tormented Fathers, ora giunto su console, non fa segreto delle perversioni che il videogioco comincerà a mano a mano a dischiudere, passo passo, in un crescendo di avvenimenti spiacevoli e un’atmosfera di tensione che non stenta a permanere per tutta la durata dell’avventura. Perché, d’altronde, l’intenzione del team di sviluppo Stormind Games anche in questa versione console è principalmente, di raccontare una storia. Una storia dannatamente disturbante.

C’era una casa, molto carina…

I panni che vestirete sono quelli di Rosemary Reed, una signora incanutita che, nel prologo, racconta la sua atroce esperienza a quello che è inizialmente uno sconosciuto. La donna si reca nella campagna italiana al cospetto del Dr. Felton, un ricco proprietario terriero la cui azienda agricola è stata chiusa per collusione con un chimico dalla dubbia moralità. Il dottore è il personaggio chiave di questa esperienza, tormentato dalla fuga della figlia Celeste, su cui Rosemary decide di indagare. Questi elementi sono la base di un intreccio fatto di antichi rancori, drammi familiari e traumi psicologici, che trovano riscontro diretto nel gameplay nella figura del Dr. Felton, che insegue Rosemary all’interno della magione vestito solo di un grembiule e armato di falcetto. La natura da thriller psicologico di Remothered si rivela in tutta la sua magnitudine durante manifestazioni di isteria e frasi ripetute convulsamente dal nostro aguzzino, e servendosi sapientemente di una narrazione muta che trae il proprio fascino da una credibile costruzione di ogni ambiente.

Se su PC il gioco si difendeva incredibilmente bene dal punto di vista tecnico, rivelando una qualità visiva mediata da una grande sensibilità artistica, anche su console il colpo d’occhio è di altissimo livello, con luci, ombre e level design che contribuiscono in maniera determinante a raccontare una storia. Supportata da una grande qualità tecnologica, la trama di Remothered: Tormented Fathers è ben costruita, congegnata e narrata, complici anche una buona varietà di collezionabili che gettano luce su avvenimenti remoti e più recenti. Impossibile notare una certa dimestichezza dell’autore, Chris Darril, con la cinematografia horror più classica, che ne ha inevitabilmente influenzato scelte stilistiche come le inquadrature e la realizzazione di un’atmosfera che genera tensione, e che non fallirà nel farvi dubitare di ogni vostro passo. Confermiamo, quindi, l’impressione incredibilmente positiva che il gioco ci aveva trasmesso nella versione PC.

Conto fino a dieci

A beneficio di chi non ha avuto modo di conoscere il gioco prima della sua versione console, ricorderemo brevemente quali sono i punti di forza del gameplay. L’aspetto più riuscito di Remothered è, senza ombra di dubbio, il suo incedere. In un momento dove persino l’horror interattivo si sta piegando sempre più alle sirene della frenesia e dell’adrenalina, scordando la lezione di classici come Clock Tower e Forbidden Siren, Stormind Games preferisce invece puntare su una costruzione complessa della tensione, mettendoci per giunta nei panni di una protagonista volutamente lenta e impacciata, nostra unica interfaccia con un mondo orrorifico, quello della magione, che si svela con gradualità di fronte ai nostri occhi. Se cercate un “survival horror” travestito da “hack & slash”, potete sicuramente puntare su altri lidi. Remothered, al contrario, è una raffinata esperienza basata sull’immersione narrativa e su una tensione crescente che scava sotto la pelle, come in un film di Dario Argento. Tutto questo funziona su console come su PC in maniera del tutto fluida e senza rallentamenti di sorta, rivelando quindi un ottimo lavoro di conversione che ricrea l’esperienza originale, tecnicamente ineccepibile, in maniera pressoché identica su console, complice anche il passaggio al joypad di PlayStation 4 avvenuto in maniera letteralmente indolore.

C’è da dire che la base è già di per sé molto buona: la polverosa magione del Dr. Felton è un luogo destinato a diventare iconico, grazie al lavoro visivo di Darril Arts, che ha studiato il piazzamento delle luci e delle ombre in maniera cinematografica, adottando come maestri colossi come Hitchcock o Roman Polanski. La modellazione poligonale, le texture e la resa dei materiali sono tutti di ottima fattura, anche nella conversione console, pur senza mai dimenticare che il loro obiettivo è, ovviamente, restituire un inquietante colpo d’occhio, e mai flettere i muscoli. Ciononostante, Remothered, complice una direzione artistica fenomenale, è uno dei videogiochi italiani più interessanti dal punto di vista visivo che siano mai usciti, in grado di rivaleggiare, mantenendo una propria identità, con titoli del calibro di The Evil Within. Esili lampadine giallastre non riescono a dissipare l’oscurità che pervade la villa, dandovi un senso costante di claustrofobia e disperazione.

La scelta di un game design riflessivo è strumentale, dicevamo, a mantenere nel giocatore un senso di pericolosa ansia nel corso dell’esplorazione della villa, attività nella quale spenderete la maggior parte del vostro tempo. Il nascondino a cui Felton vi costringerà a giocare alterna sezioni meno concitate a inseguimenti convulsi che termineranno nel momento in cui riuscirete a uscire dalla sua visuale, posto che non vi rientriate quando il dottore girerà un angolo, in un espediente di design che ricorda per certi versi Alien: Isolation. La scelta migliore, in questi casi, è nascondersi all’interno di uno dei molti armadi che la villa mette a vostra disposizione, oppure sotto qualche divano. Ma il dottore non smetterà di cercarvi: vostro compito è mantenere la calma e non permettere che i vostri gemiti o tremori allertino lo stalker, meccanica resa tramite un minigioco piuttosto intuitivo.

In aggiunta a ciò, Stormind Games ha implementato tre tipologie di oggetti che la dottoressa potrà raccogliere: diversivi, ossia oggetti contundenti da scagliare a terra o contro il nostro nemico, diversivi sonori, come radio, carillon e campanelli, e oggetti di difesa, che vi saranno utili per divincolarvi da una stretta che, altrimenti, rappresenterebbe una promessa di morte. Questi sono stati disseminati per l’intera casa, su mobili o all’interno di cassetti.  La villa ha dimensioni molto generose, ma non sarà facile navigarla. Alcune sezioni sono bloccate e richiedono l’utilizzo di strumenti specifici, come chiavi, leve e interruttori, in quello che è un appassionato omaggio alla magione del primo Resident Evil che tuttavia rifiuta la natura cervellotica del capolavoro Capcom.

In tale frangente, Remothered è paragonabile a un’avventura grafica: trovati questi oggetti, non dovrete fare altro che aprire l’inventario e usarli nei pressi della sezione che intendete sbloccare. Nulla di eccessivamente ingombrante: Stormind Games, come dicevamo in apertura, vuole innanzitutto raccontare l’inizio di una storia che si svilupperà in trilogia, e gli sviluppatori non permettono mai, in nessun modo, che un game design macchinoso intralci lo sviluppo narrativo. Chiudono il cerchio alcuni QTE, come quelli che si attivano quando Felton vi raggiunge, e una breve collezione di eventi scriptati che allertano l’aguzzino e lo fanno convergere sulla vostra posizione. Il game design di Remothered è dunque volutamente minimalista, in quello che è un sapiente lavoro di sottrazione che non soverchia il giocatore con infinite opzioni ludiche che d’altronde stonerebbero con la natura fragile e umana della protagonista, ma si accerta che ogni elemento sia funzionale all’immersione, all’immedesimazione e, ovviamente, al terrore che si va generando nella mente del giocatore.

Terrore in HD

Remothered: Tormented Fathers raggiunge il suo apice grazie alle musiche d’atmosfera e al doppiaggio, disponibile solo in inglese ma di ottima caratura, complice una sceneggiatura che descrive con destrezza il saliscendi emotivo di una vicenda disturbante e tormentata. L’agghiacciante tensione in cui sarete immersi fino al collo è magistralmente sottolineata da composizioni ottime, che spaziano dallo stile classico a melodie tranquille che risuonano da un grammofono arrugginito, che esaltano la natura più spettrale del gioco. Anche su console, Remothered si conferma quindi uno dei migliori giochi italiani mai prodotti. Rimarcare l’origine geografica del gioco, badate bene, non è un atto di provincialismo. Al contrario, è una doverosa precisazione per mettere in luce il carattere forte di un gioco che fa dell’autorialità e dell’influenze di un certo tipo di cinema nostrano il suo vessillo.

Remothered: Tormented Fathers è un’esperienza da vivere al buio, tenendo acceso il cervello.  Una trama coinvolgente e ben scritta, un audio da brividi e un’atmosfera semplicemente unica sono i punti di forza di una produzione intelligente e appassionata. E non dimentichiamo che Remothered non è che il primo episodio di una trilogia: le fondamenta di una storia raccapricciante sono state gettate, e sosterranno un edificio narrativo destinato a diventare, se queste sono le premesse, monumentale. Remothered è un’esperienza complessa, cerebrale, che coinvolge tutti i sensi e scava lentamente nella vostra sanità mentale, come l’acqua nella roccia. Perdere l’occasione di poterlo vivere  su console sarebbe un delitto.

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