La nostra mente è un coacervo indefinito di ricordi più o meno sbiaditi, più o meno reali, pensieri, flussi di coscienza e tutto ciò che viene elaborato dalla nostra materia grigia. Se fosse possibile addentrarsi fisicamente all’interno di quello che potrebbe essere definito un vero e proprio “labirinto cerebrale”, in pochi avrebbero il coraggio di farci una giro. E lo sa benissimo Emma, la protagonista di Illusion: A Tale of the Mind, puzzle adventure firmato Frima Studio che – nonostante evidenti difetti di gioventù – si è dimostrato capace di offrire un’interessante interpretazione dei segreti che si annidano fra le sinapsi della nostra mente.
Alice, sei tu?
Come già detto, il protagonista veste i panni di Emma, bambina dai capelli bianchi accompagnata dall’inseparabile coniglio di peluche volante Topsy. Un’accoppiata che fa molto Alice nel Paese delle Meraviglie, ma il mondo che si trovano ad affrontare i due compagni di viaggio non ha alcunché di meraviglioso, tutt’altro. Emma e Topsy dovranno infatti girovagare tra gli anfratti della mente contorta e tormentata di uno sconosciuto, dentro alla quale prendono vita scenari surreali e trasognanti. Proseguendo nell’avventura si scoprirà che la mente dentro cui la bambina e il compagno di pezza sono finiti appartiene ad un certo Euclide, uomo forzuto di un circo nella Parigi di inizio XX secolo che sta vivendo il tormento di un amore perduto. Il viaggio nella mente di Euclide non è mai una passeggiata di salute e presenta immediatamente tinte oscure, quasi horror. La location che fa da sfondo al pellegrinaggio dentro la mente del circense è la decadente e romantica Parigi del 1900 popolata da figure incorporee e senza volto, a cui gli sviluppatori hanno aggiunto una spruzzatina di Prima Guerra Mondiale. Un turbinio di stati d’animo quali amore, tristezza, dolore e tanto altro ancora si miscelano in una mix narrativo che non convince in quanto ad originalità, ma riesce a offrire diversi spunti emozionali. Degna di nota la direzione artistica che, nonostante i limiti di un comparto grafico piuttosto grezzo, riesce a raggiungere importanti vette stilistiche (anche se un po’ ridondanti).
Tra puzzle geniali e scelte incomprensibili
Un contesto tanto mistico e onirico non poteva che essere filtrato attraverso un genere come quello del puzzle game. La mente di Euclide è suddivisa in varie aree che possono essere sbloccate solamente dopo aver raccolto e combinato tutti i frammenti di vetro presenti nello scenario. L’operazione di raccolta degli spicchi di vetro non è però semplice e richiederà, soprattutto nel primo capitolo (poi vedremo perché), una certa dose di impegno e spremitura di meningi. Nella maggior parte dei casi la coppia Emma e Topsy è chiamata ad affrontare puzzle visivi, dove, ruotando la visuale, si devono comporre delle immagini attraverso una sovrapposizione prospettica dei vari elementi presenti sullo schermo. È capitato, ad esempio, di dare forma ad un paio di forbici partendo da due ruote di legno e alcuni assi. Molto validi anche altri rompicapo (tutti ovviamente fortemente legati al tema dell’illusione) come le ombre cinesi, dove viene sempre chiesto di disegnare delle figure, in questo caso proiettando e combinando fra loro le ombre di due o tre oggetti. Anche qui è tutta una questione di punti di vista. Tutto molto bene ma, inspiegabilmente, ad un certo punto, precisamente dal secondo capitolo in poi (i capitoli sono tre) l’avventura subisce una netta inversione di marcia. Una inversione davvero inaspettata e per certi versi davvero incomprensibile, visti i buoni livelli su cui si attesa la prima metà dell’avventura, che porta il gameplay verso una deriva action e platforming assolutamente insulsa e che nulla aggiunge al valore complessivo dell’esperienza, complici sequenze di gioco banali e macchinose, lontane dalla qualità dei primi enigmi. E così quella che poteva essere una novella grafica di un certo peso si trasforma in uno dei (purtroppo tanti) prodotti piuttosto dimenticabili che riempiono gli store online.