State of Mind Recensione, il Cyberpunk secondo Deadelic

Richard Nolan si risveglia in una stanza d’ospedale, senza traccia né di sua moglie né di suo figlio, e ad accoglierlo solo un automa, di nome Simon. Da come tratta il povero Simon capiamo subito che Richard, fondamentalmente, è un infame. Ma oltre questo, è anche uno dei pochi giornalisti che ha il coraggio di denunciare le terribili condizioni in cui versa la Berlino del 2048: l’aria è irrespirabile, la criminalità sta distruggendo il buon nome dell’Impero Tedesco e la tecnologia ormai regola anche i ritmi intestinali. In quest’atmosfera distopica che ha in sè più Black Mirror che Blade Runner, si svolge State of Mind, il nuovo thriller della Deadelic.

Adam o Richard?

In un futuro poco lontano dal nostro quotidiano, macchine volanti a parte, la vita di Richard viene completamente sconquassata. Risvegliatosi da ciò che sembra essere un malaugurato incidente, fa fatica a ricordare qualsiasi cosa avvenuta prima di esso. E lui, che nella vita ha deciso di combattere la sottomissione che l’uomo si è imposto nei confronti della tecnologia, è di certo l’ultima persona al mondo che ha voglia di essere svegliato da un servo robot, che , dopo averlo omaggiato con le moine più servili, lo informa che la moglie e il figlio sarebbero andati “fuori per il week-end”. Molto strano. Non ci è difficile capire le emozioni di Richard, che risultano delineate in modo semplice ma incredibilmente realistiche. Viviamo dunque a pieno anche noi, giocando, le sensazioni del nostro personaggio. O meglio, di uno di essi. Sì, perché come niente veniamo fiondati nella vita di Adam Newman, una persona che è completamente l’opposto del nostro Richard: Adam è dolce, gentile e osserva la legge. Persino la sua città lo rispecchia in pieno, bella e pulita com’è.

Il gioco continua a saltare da un personaggio all’altro, con l’effetto collaterale di non riuscire mai davvero ad attaccarsi a uno dei due. All’inizio lo vedevo come un’errore di sceneggiatura. Ma sarà davvero così involuto? In un mondo come il loro, dove tutte le coscienze umane sono state digitalizzate e dove si possono eliminare i ricordi della “gita al lago – estate 2030” così come eliminiamo la cronologia di Chrome dopo una serata in casa da soli, è davvero così sbagliato creare una tale atmosfera di distacco?

Cyberpunk Noir

La sceneggiatura, scritta da Martin Gantefohr, è infatti curata in ogni minimo dettaglio: la storia segue un processo molto simile a quello della stragrande maggioranza dei titoli di Murakami: due personaggi apparentemente incompatibili che si scoprono a vicenda nel corso della storia, avvicinandosi sempre di più, fino a congiungersi. Al contrario delle aspettative, il gioco è assolutamente abbordabile da chiunque: non fatevi fregare dalla tentazione di fare confronti esagerati. La Deadelic ha puntato tutto sul diventare un colosso nell’avventura grafica, creando giochi che spaziano più sulla narrativa che nel gameplay vero e proprio. Se siete appassionati di cyberpunk e racconti che vi fanno salire il complottismo, State of Mind è il titolo che fa per voi. Ho apprezzato soprattutto la tinta “di genere” che prende, avvicinandosi paradossalmente più a un noir anni ‘50 che a un thriller futuristico. Detto questo, sarebbero stati ben accetti dei cambiamenti a livello di sistema di gioco e conseguenti investimenti pecuniari ma anche emotivi, in quel senso.

Limiti Strutturali

Il gioco sembra chiuderci in una vallata claustrofobica: come in Blade Runner 2049 vediamo enormi spazi bui e deserti intorno a noi, una metropoli mastodontica illuminata da neon consumati e fumi tossici, ma non ci sentiamo veramente padroni dello spazio intorno a noi. Sembriamo inseguire una linea spazio-temporale invisibile, che non ci permette di vivere la città a pieno. Tutte le situazioni si svolgono sempre chissà come in spazi ristrettissimi, così da avere il minimo di attività interattive possibili e ci sposteremo da un posto all’altro solo grazie alle esigenze di narrazione. Nessuna libertà, insomma. Le uniche vere ”avventure” le percorriamo nei ricordi, con la modalità “flashback”,  che ci permette di trovare indizi utili per risolvere gli enigmi e ricostruire il puzzle del passato che ci è stato sottratto. Anche i dialoghi con i personaggi sono piuttosto statici, nascondendo le intenzioni in malomodo. Il vero cambiamento riguarda la seconda parte del gioco, in cui le opzioni sono più ambigue e nette, e ci conducono verso uno dei tre finali possibili.

State of Mind è un gioco con molte imperfezioni, questo è innegabile. Il low budget e la necessità di mantenerlo tale non aiuta di certo, ma l’effetto ottenuto è comunque interessante e ben sviluppato, grazie alle buone idee che l’hanno preceduto. La sceneggiatura è una delle meglio scritte negli ultimi anni: nonostante parli di qualcosa già visto e sentito forse un milione di volte, lo fa in un modo scarno e crudo, senza voli pindarici e romanticismi scontati, da vero tedesco. Il segreto di una bella storia sta nell’eleganza. Insomma, State of Mind è un gioco all’altezza delle aspettative. Il segreto è non crearsene troppe.

Il grifone come figura araldica chimerica simboleggia custodia e vigilanza. Inoltre poiché riunisce l'animale dominante sulla terra, il leone, con quello dominante in cielo, l'aquila, il grifone simboleggia anche la perfezione e la potenza. PSN ID : Aquilayoulooseit