Nell’epoca del riciclo facile e dell’usato garantito, un merito va riconosciuto a Dontnod: ha coraggio da vendere. O forse gli manca qualche rotella, ma propenderemmo più per la prima ipotesi. Tre anni fa, la software house transalpina diede vita a un vero e proprio miracolo, un piccolo gioiello dello storytelling che rispondeva al nome di Life is Strange, il quale, grazie al suo universo potente e allo stesso tempo intimo, pregno di umanità, di personaggi credibili e piuttosto sfaccettati, assestò un deciso scossone al genere delle avventure grafiche con una forza che in pochi si sarebbero aspettati. Sarebbe stato semplice appoggiarsi di nuovo allo stesso immaginario, recuperando la storia di Max e Chloe là dove era finita, eppure gli sviluppatori parigini hanno di punto in bianco deciso che quello stile non faceva per loro. Life is Strange, parola dei due direttori Raoul Barbet e Michael Koch, non si sviluppa affatto lungo un solo filone narrativo, ma punta a diventare una vera e propria serie antologica, che dal passato si limita a recuperare quasi solamente lo stile e alcuni riferimenti. È così, con la voglia matta di dar vita a qualcosa di nuovo – e con un’eredità da raccogliere nient’affatto semplice – che Life is Strange 2 è nato: noi abbiamo potuto ascoltare i suoi primi vagiti nella premiére di Colonia, e, dopo aver metabolizzato – non senza qualche difficoltà – quanto visto, siamo pronti a raccontarvi tutto. Nel bene, si, ma anche un po’ no.
Brothers in arms
Life is Strange 2 è la storia dei fratelli Diaz, l’adolescente Sean, di sedici anni, e il più giovane Daniel, di nove, già intravisti nel finale di The Awesome Adventures of Captain Spirit. I due ragazzi, almeno all’apparenza, vivono vite perfettamente normali, e dividono le loro giornate fra i lavoretti a casa, la scuola e gli amici; a causa di un tragico evento, che rischia di mettere in serio pericolo la vita di entrambi e di cui per ora non vi raccontiamo altro, sono però costretti ad abbandonare le loro routine quotidiane e ad intraprendere un viaggio itinerante verso il sud degli Stati Uniti, superando le foreste e le montagne della costa est (dove magari incontreranno Chris: le due storie andranno giocoforza a collimare l’una con l’altra, prima o poi), nel tentativo di arrivare in New Mexico e magari oltrepassare il confine, terra d’origine del padre di entrambi. Nonostante i piccoli battibecchi che ogni tanto sembrano dividerli, in realtà normali per quell’età, Sean e Daniel sono molto vicini l’uno all’altro: il loro legame, a detta di Dontnod, sarà uno dei trait d’union che terranno insieme la narrativa e si svilupperà nel corso della storia in modi anche imprevedibili, seguendo diverse ramificazioni all’interno dello stesso percorso. Sean, ad esempio, può compiere delle scelte morali ben precise (nel breve playthrough commentato da Koch e Barbet, ad esempio, lo abbiamo visto rubare una barretta di cioccolato dal cruscotto di un’auto abbandonata) che più in là nel gioco avranno un impatto sulla personalità di Daniel, inducendolo ad imitare il fratello maggiore e a intraprendere azioni a cui in condizioni diverse non avrebbe mai neanche pensato. L’incipit che dà il via all’intreccio è caratterizzato da tinte diametralmente opposte rispetto a quelle del primo capitolo: se lì, per certi versi, eravamo immersi in una (molto ben scritta, a parere del sottoscritto) teen drama, qui – almeno inizialmente – gli eventi assumono una piega ben più aspra e volutamente ricca di pathos. La tensione di fondo che caratterizza le fasi iniziali è ben percepibile e l’atmosfera generale finisce per essere assai meno leggera, con un’alternanza più netta fra momenti tranquilli e momenti drammatici. Anche i due protagonisti, se si eccettua l’aspetto all’apparenza un po’ anonimo, paiono tutto sommato ben caratterizzati: Sean, da ragazzo in piena fase di crescita, reagisce in maniera molto differente a seconda di chi abbia di fronte, ora calmo, un attimo dopo nervoso e imbarazzato, mentre il più piccolo Daniel fa dell’ingenuità fanciullesca il suo principale tratto distintivo, oltre a possedere – e qui, davvero, non possiamo evitare lo spoiler molesto, legato al ritorno nel gioco di una ben nota vena soprannaturale – poteri misteriosi e terribili, già anticipati sul finale del piacevole antipasto su cui tutti abbiamo messo le mani questa estate, con esiti che potrebbero anche trasformarlo in una pericolosa bomba ad orologeria se il fratello maggiore – attraverso le scelte del giocatore – non riuscisse a guidarlo a dovere.
Dubbi amletici e gioie visive
Intreccio principale a parte, il più grande dubbio che ancora mi attanaglia, da fan sfegatato – e non lo nascondo – dell’originale e di Before The Storm, è se i due ragazzi sappiano sostituirsi a dovere e in maniera adeguata agli indimenticabili personaggi che abbiamo imparato ad amare in passato. Il collegamento che ognuno, a modo suo, stabilisce con Life is Strange è principalmente legato alla propria sfera emotiva e al subconscio: se a pelle i personaggi non vi piacciono o non vi convincono fino in fondo, è molto difficile che in futuro possiate poi arrivare ad affezionarvi a loro e di riflesso alla loro storia, anche se gli altri tasselli dell’esperienza dovessero obiettivamente rimanere invariati o addirittura migliorati. A livello personale, ad esempio, per alcuni terribili momenti ho avuto la sensazione che Sean e Daniel fossero per certi versi assimilabili a due comunissimi personaggi secondari, ma (e questo è ancor più terribile) non sono riuscito a capire se questa sensazione derivasse dal troppo affetto che ho per le carismatiche Max e Chloe o da effettive mancanze nel character design dei due nuovi protagonisti. Per il resto, e senza giungere a conclusioni affrettate, la qualità generale della scrittura sembra davvero promettente, e non è il solo aspetto che pare aver fatto un grande passo in avanti rispetto al primo Life is Strange: come già visto in Captain Spirit, l’uso dell’Unreal Engine 4 (stesso motore tecnico e fisico) ha permesso al team di innalzare non poco la qualità visiva generale, anche se forse perdendo per strada giusto un filo di identità visiva. Quasi non servirebbe (ma lo facciamo lo stesso) spendere infine qualche parola sulle musiche, curate ancora una volta da Jonathan Morali, leader dei Syd Matters, le quali si preannunciano come al solito ispirate ed evocative, sposandosi alla perfezione con le malinconiche atmosfere dei paesaggi nordamericani. Come da tradizione, sarà comunque presente qualche brano su licenza, che accompagnerà i momenti topici della trama.
Life is Strange 2 è un salto nel buio, come un nuovo episodio di Black Mirror o di una qualsiasi serie antologica a piacere: lapalissiano negli intenti superficiali, ancora enigmatico nel suo più profondo essere. La seconda stagione dell’avventura grafica firmata Dontnod rappresenta un taglio netto con il passato e con le storie e i personaggi che tanto abbiamo imparato ad amare, ma al contempo non ha paura di guardare con grande coraggio al futuro e a un arco narrativo completamente nuovo, le cui pagine sono ancora tutte da scoprire. Appuntamento a fine Settembre: solo allora sarà possibile capire se le avventure di Sean e Daniel Diaz sapranno coinvolgerci al pari o addirittura più delle loro progenitrici. Impresa, va detto, niente affatto semplice.