Questione di genetica, questione di classe. Piuttosto che essere solo โun gioco di carteโ, Thronebreaker : The Witcher Tales ha scelto di essere qualcosa in piรน. E dโaltro canto, con al timone i tipi di CD Projekt RED ad instillare sangue di strigo nelle vene del codice, non poteva essere altrimenti. Con un occhio e mezzo puntato su Cyberpunk 2077 e reduci dai successi, a vario titolo, di The Witcher 3 e Gwent, Thronebreaker si insinua nel mezzo, come una piccola perla difficile da etichettare, ma meravigliosa di giocare, vivere, approfondire.
Questione di genetica, questione di classe. Thronebreaker : The Witcher Tales รจ โancheโ un gioco di carte, ma รจ, pure, molto altro, abbracciando generi, stili e influenze che spaziano dal GDR occidentale classico allโavventura testuale, passando per gli aspetti gestionali che colorano lโintera produzione.
Il trono di carte
Applicando al tutto una estrema semplificazione, ย Thronebreaker prende, sostanzialmente, lโuniverso della serie The Witcher, sposta le lancette a qualche anno prima delle avventure di Geralt e, tra una partita a Gwent ed unโaltra, racconta una storia. Una storia lunga, almeno 20 ore, e piuttosto articolata, quasi sempre ben raccontata e, quindi, non un mero pretesto per legare, tra di loro, le โpartite a carteโ che, รจ bene ribadirlo, sostengono la struttura ludica messa in piedi dal team polacco.
Una storia, pure, che parla di guerra, di politica, di vendetta. La protagonista, Meve, non condivide lo status da strigo del piรน noto e carismatico Geralt. Non condivide, neppure, il suo carattere e le sue debolezze. Eppure, รจ un personaggio forte, determinato. Per altro incastonato, in tempi non sospetti, nellโuniverso della trilogia di The Witcher, dove la donna รจ conosciuta come โforte e saggiaโ. Saltando a piรจ pari lโampia e pericolosa โzona spoilerโ, in questa sede basterร puntualizzare come Thronebreaker รจ, principalmente, una produzione fortemente incentrata sul single-player, con una campagna longeva e ricca di influenze. Non solo The Witcher, tanto per chiarirci. Nonostante il mondo di gioco peschi a piene mani dai titoli dedicati a Geralt, sono tanti i richiami alla letteratura fantasy, con decine di citazioni ad unโopera piuttosto che a unโaltra. Certo, lโimpalcatura narrativa si regge sulle regole giร apprezzate nelle avventure del witcher, mettendoci di fronte, nel lungo peregrinare, ad avversari umani, nani, bestie, mostri ed elfi. Ed รจ in questo contesto, intervallato da dialoghi, scelte multiple, gestione degli accampamenti ed esplorazione, che entra in gioco il Gwent.
Facciamo a mazzate
Se nelle primissime battute Thronebreaker sembra un classico gioco di ruolo con visuale dallโalto, il primo combattimento mette subito in chiaro le regole di ingaggio. Piuttosto che sposare dinamiche in โtempo realeโ alla Diablo o i turni di un classico Final Fantasy, CD Projekt RED โpesca dal mazzoโ il ย Gwent, gioco di carte nato con The Witcher 3 e poi, con qualche intoppo, trasformatosi in esperienza multiplayer con lโomonimo titolo. Lโavanzamento della trama รจ, insomma, legato alle sfide di โcarteโ, dove ogni giocatore ha il suo mazzo e dove ogni mazzo ha il suo valore, le sue potenzialitร da sfruttare sul โcampo di battagliaโ. Inoltre, piuttosto che limitarsi ad offrire una versione โclassicaโ del fortunato gioco, il team di sviluppo ha optato per โmescolare le carteโ, alternando le solite partite al meglio di tre round con sfide dalle regole inedite, presenti in gran numero e sempre con variabili diverse.
Le regole alla base del gioco sono, di base, piuttosto semplici. Ogni giocatore riceve dieci carte โpescateโ, random, dal proprio mazzo. Ogni player, posto sulla parte superiore o inferiore dello schermo, posiziona, a turno, una carta su una delle righe della tavola. Finito il turno, la mano passa allโaltro giocatore. Ogni carta ha un punteggio e, fondamentalmente, vince il round chi fa piรน punti. Vince la partita, banalmente, chi vince piรน round. Ora, tra bonus, malus ed โeffettiโ, con in allagato buone dosi di โbluffโ per stanare lโavversario, il Gwent tradizionale richiede sempre una pianificazione strategica piuttosto importante, tanto nella costruzione del mazzo, quanto nel suo utilizzo. Viceversa, la sensazione รจ che, nelle sfide โmodificateโ, si tenda a privilegiare lโattacco piuttosto che la metodica strategia. Spesso, il mazzo in possesso del giocatore viene infatti modificato e quindi plasmato a particolari regole dove, in linea di massima, si รจ costretti a privilegiare la linea offensiva in luogo del ragionamento. I puristi della โdisciplinaโ potranno storcere il naso, mentre i โneofitiโ apprezzeranno, probabilmente, il dinamismo degli scontri e la loro varietร , per altro evidenziata, anche, dalle tante combinazioni di mazzi e nemici che incontreremo nel corso di un centinaio e piรน di combattimenti.
Agli elementi tipici del gioco di ruolo, specie per quanto concerne gli aspetti visivi e narrativi, e alla costruzione del mazzo sono pure legate gli aspetti gestionali del titolo. In qualsiasi momento รจ infatti possibile mettere in piedi un accampamento dove, in linea di massima, รจ possibile sviluppare il proprio mazzo, modificando magari alcune carte base, o sbloccare particolari abilitร . Questi aspetti sono a loro volta legati allโesplorazione e, quindi, allโapprovvigionamento di risorse da spendere in un sistema di crescita solo in parte derivativo, ma anzi piuttosto originale.
Rubamazzetto
Meno originale, almeno per certi aspetti, รจ il comparto tecnico. Certo, si tratta pur sempre di un โgioco di carteโ, ma come si รจ visto cโรจ molto altro. Al netto dellโottima caratterizzazione delle stesse carte, per un โbestiarioโ variegato e sempre ben โdisegnatoโ, a giustificare la presenza di un paragrafo dedicato alla grafica sono proprio le fasi esplorative e, in maniera ridotta, quelle narrative. Come giร sottolineato, durante lโesplorazione il gioco sfrutta una visuale isometrica dallโalto. In ambito RPG, insomma, nulla di nuovo sotto il cielo di Rivia. Gli aspetti originali, se mai, sono legati allo stile adottato. In queste fasi, Thronebreaker rifugge i toni cupi e il disegno realistico di The Witcher per sposare, invece, una palette sgargiante, dove i colori pastello si alternano ad una fotografia piuttosto calda. Il disegno, invece, mescola un look cartonesco, predominante, a tratti da fantasy medievale. Lo stile, giร di per sรฉ piuttosto atipico, cambia di nuovo durante le fasi di dialogo, con schermate โsemi fisseโ che facilitano la comprensione della trama e la caratterizzazione dei personaggi. Per unโazienda โportataโ, per sua stessa natura, alla programmazione da Tripla A, lโapproccio quasi fiabesco adottato nella produzione deve aver rappresentato una bella sfida, riteniamo vincente. La particolare amalgama, complice anche il sapiente utilizzo di effetti particellari, funziona. E rende ancora piรน gradevole, al netto delle fasi legate al Gwent, tanto le fasi esplorative quanto quelle narrative. Una particolare nota di pregio, invece,per il comparto audio. Belle le musiche, sempre calzanti e โin temaโ. Eccellente, invece, il doppiaggio. Il buon numero di dialoghi e il completo adattamento in italiano, non cosรฌ scontato, rappresentano la ciliegina sulla torta di una produzione atipica, per certi aspetti โminoreโ, eppure con picchi sorprendenti di qualitร e cura riposta.
Un mazzo cosรฌ
Insomma, tutto bello, tutto perfetto? Beh, quasi. I difetti, in Thronebreaker, ci sono. E possono rappresentare, a vario titolo, un valido elemento ostativo per lโacquisto. Meglio, quindi, chiarire alcune cose. La prima รจ che, nonostante gli elementi extra Gwent, il titolo resta focalizzato sulle meccaniche del Gwent. E se il Gwent non vi รจ piaciuto in The Witcher 3, il rischio di rimanere delusi รจ piuttosto alto. Dโaltro canto, le modifiche ad alcune regole base possono, in parte, attirare i neofiti, ma dallโaltro potrebbero davvero indispettire i giocatori piรน scafati, magari annoiati da alcune semplificazioni. E ancora, per quanto marchiate come โvalideโ, le fasi di esplorazione restano, pure loro, troppo semplici eย meno โpesantiโ, nellโeconomia di gioco, rispetto ad un classico GDR. Non si tratta, ovviamente, di vere e proprie criticitร , quanto, piuttosto, di precise scelte di sviluppo operate dal team e indirizzate, probabilmente, ad allargare il bacino di utenza. Con il rischio, calcolato, di scontentare qualcuno.
Questione di genetica. Questione di stile. Thronebreaker: The Witcher Tales รจ un gioco di carte, ma non solo. Se รจ pur vero che il titolo si rivolge a quegli avventurieri che, dal proprio rifugio, escono sempre con un mazzo di carte di Gwent in tasca, รจ pur vero che la nuova fatica di CD Projekt RED ha voluto ampliare il raggio dโazione della sua fortunata disciplina. Lo ha fatto con una sorta di tributo al Gioco di Ruolo, ma soprattutto ad un universo, quello di The Witcher, capace di regalare, in ogni sua incarnazione, dosi massicce di cura per il dettaglio ed intelligenti soluzioni ludiche. Questione di genetica, questione di stile. Questione di amore per un mondo prima ancora che per un gioco di carte. Che no, non รจ solo un gioco di carte, ma qualcosa di piรน.