Riot Games querelata da due impiegate: accuse di sessismo

La florida compagnia dietro League of Legends ha subito nuove accuse in merito alla policy aziendale, questa volta perpetratesi sotto forma di querele vere e proprie da parte di due impiegate. Di pari passo a quanto successo per il celebre movimento #MeToo, un fenomeno risalente a quest’estate ha fatto da innesco per gli avvenimenti futuri. Stiamo parlando di un reportage della celebre testata Kotaku, meritevole di aver messo in luce un sistema – dalle assunzioni alla crescita nella società – che discrimina in maniera piuttosto evidente le impiegate di sesso femminile, arrivando alle volte perfino alle molestie. Nell’articolo dell’autorevole sito inglese comparivano le dichiarazioni di numerose vittime di questa “politica aziendale”, raccogliendone la conferma da ben 28 di esse.

Oggi, a circa tre mesi dallo scandalo, sono due le dipendenti ad aver intentato una causa nei confronti di Riot Games, accusata di ‘endemic gender-based discimination‘ come di ‘men-first environment’. Le gravi accuse implicherebbero inoltre la violazione del ‘Equal Pay Act‘ e della legge contro la discriminazione di sesso nei posti di lavoro della California stessa, nonostante la compagnia abbia provveduto a rimuovere una parte dei responsabili di promuovere condizioni di lavoro sleali.

Melanie McCracken, una delle due dipendenti coinvolta nella causa e ancora in Riot Games ha parlato delle proprie esperienze con la cultura sessista: le risorse umane non hanno mantenuto la confidenzialità del colloquio con il suo supervisore.

La seconda implicata, Jessica Negron, ha dichiarato che il proprio capo ha detto “la diversità non dovrebbe essere un punto focale nella struttura dei prodotti di Riot Games, poiché la cultura del gaming è l’ultimo ‘porto sicuro per adolescenti bianchi’.