C’è una sottile, ma “luminosa” linea che lega il genio di Tetsuya Mizuguchi, papà del capolavoro Rez, al cervello matematico di Alexey Pajitnov, ideatore di Tetris. Sottile, ma non troppo: Lumines, altro lavoro unanimemente apprezzato, è lì, da anni, a dimostrarlo. Quasi che, ed è difficile pensare che non sia andata davvero così, il puzzle game giapponese trovasse le sue origini più intime dai dettami tracciati dal videogioco sovietico più famoso della storia. Tetris Effect è così, per certi versi, la conseguenza di quel filo che si spezza, attirando i due universi e le due visioni a suon di effetti speciali. Non ultimo, quello della realtà virtuale. Tetris Effect, pure, è un sogno nerd che si avvera, perché è proprio la VR ad aggiungere quello che mancava, l’unica cosa che mancava, al progetto originale del 1985. Non è sbagliato postulare che molti bimbi dello scorso secolo, cresciuti a tetramini, Tron e Tagliaerbe, la realtà virtuale, per un certo tempo, la immaginavano proprio così.
Potevamo stupirvi con effetti speciali…
Tetris Effect non rivoluziona nulla. Per fortuna. In passato, i tentativi di “rinnovare” la formula del Tetris originale si sono rivelati inutili, quando andava bene, o fallimentari. E se, allora, accantonando per il momento il discorso VR, il valore di UN Tetris, uno qualsiasi, si misura nella bellezza dei tetramini e nel disegno degli scenari che fanno da sfondo alle partite, abbiamo pochi dubbi che Effect occuperà, per qualche anno, il gradino più alto di questa speciale classifica. Perché davvero speciali, appunto, sono gli “effetti” studiati da Mizuguchi, per l’occasione supportato dall’altro “guru” Takashi Ishihara, capaci di sconvolgere il giocatore e, pure, settare nuovi standard artistici nel campo dei puzzle game. Tetris Effect è una sorta di opera d’arte moderna che, pur restando fedele alle regole di un concept incastrato nella gabbia del 2D, dipinge su schermo, un livello sì e un altro pure, vera meraviglia. Reale stupore. Sincera ammirazione per quello che sviluppatori, mescolando sapientemente audio e video, sono riusciti a tirare fuori. Pop, sinth, jazz, sonorità tribali si mescolano alle “visioni” di Mizuguchi come solo Lumines. Meglio di Lumines, perché Effect, che non può in alcun modo rivendicare appartenenza al sottogenere dei giochi musicali, utilizza la musica come “accompagnamento” dell’esperienza di gioco e mai, invece, come parte integrante delle regole. Mai stravolta, appunto, ma solo “mescolate”, per velocità e stimoli, in quella magnifica esperienza del viaggio, il nuovo viaggio, di Tetris.
… ma noi siamo scienza, non fantascienza
Emblematico come “The Journey”, che condivide il menu del titolo con la modalità “Effect”, si erga, in sede di critica, a campagna principale del gioco. All’interno di una costellazione, visiva e pure ludica, il viaggio propone diverse aree suddivise, a loro volta, in diversi livelli. Ogni livello, tanto per citare Lumines, è, fondamentalmente, una “skin”, grafica e musicale, dove la velocità di caduta dei tetramini segue, in linea id massima, il ritmo, legato in maniera sensoriale agli effetti visivi che colorano lo schermo. Ed è in questo contesto che la formula originale di Tetris, come sempre legata alla discesa dei blocchi, al loro incastro e all’eliminazione delle “righe”, si esalta ed esalta il gameplay. L’unica, vera, concessione al “nuovo”, il gioco la regala con la modalità “zona”, quando è possibile congelare la scena e superare il limite “naturale” delle quattro linee eliminate. Un “trucco” che, però, non è invasivo, ma serve, anzi, ad aumentare il livello di spettacolarità della messa in scena. Il viaggio, chiariamo, è breve, neppure particolarmente lungo e no, neanche difficilissimo per i “veterani” della “disciplina”. Eppure, è un viaggio intenso, privo di “storia” intesa come dialoghi, narrazione. È un viaggio, lo ripetiamo, di puro gameplay e di “percezioni”. Un viaggio capace di lasciare qualcosa a chiunque abbia il coraggio di approcciarsi a Tetris, chi l’avrebbe mai detto, con sensibilità e voglia di sperimentare. D’altro canto, la modalità “Effect” è studiata proprio per recuperare quei livelli e suddividerli in stati emotivi. La scelta su come affrontarli è, in questo caso, legata all’umore del videogiocatore, per quattro macro aree e numerose varianti studiate con particolare intelligenza. L’utente, in questo caso, può “metter mano”, personalizzando l’esperienza visivamente e musicalmente, e, pure, tener traccia dei progressi propri e di altri giocatori della community, con tanto di sfide settimanali e classifiche. Unica concessione, questa, alle funzionalità online, laddove il multiplayer, peccato, non è contemplato.
Dal Giappone con amore
Dall’Unione Sovietica di metà anni ’80, al Giappone di inoltrato XXI secolo. Se la formula originale, non avevamo dubbi, continua a convincere, sono proprio le nuove tecnologie, in linea di massima, ad offrire i più convincenti motivi di novità di questa edizione. Detto degli aspetti artistici, sarebbe ingiusto declinare sull’aspetto tecnico del gioco che, specie su pannello 4K e PS4 Pro, regala uno spettacolo effettistico di sicuro impatto. D’altro canto, è indossando il visore per la realtà virtuale secondo Sony che quanto detto fino a questo momento viene ingigantito in maniera esponenziale, regalando, lo è stato per chi scrive, l’esperienza di Tetris definitiva. Le tele tridimensionali disegnate e musicate sotto la direzione di Mizuguchi, con il caschetto in testa, prendono letteralmente vita, avvolgendo il giocatore che smette, una volta entrati nel “loop”, di essere spettatore. Si tratta, ovviamente, di sensazioni in parte soggettiva, non “replicabili” in automatico nel cervello di tutti. Eppure, chi ha già vissuto l’esperienza “Rez”, vero manifesto al lancio di PS VR, non faticherà a rivivere emozioni simili, posizionandosi al centro di quell’universo ludico proprio delle migliori produzioni legate al visore marchiato Sony.
Si è ritenuto inutile, in questa critica, spendere caratteri per spiegare in dettaglio le regole di Tetris. Si è ritenuto superfluo, pure, scendere nei dettagli tecnici di un gioco, per sua stessa natura, piuttosto semplice e basilare. La chiave di volta, come per altre opere di Mizuguchi, resta la direzione artistica del prodotto capace, nonostante la scomoda licenza, di offrire qualcosa di nuovo e di fresco rispetto al concept originale. Splendido comunque, meraviglioso in realtà virtuale. Il gioco resta sempre lo stesso, ma possono cambiare le percezioni, le emozioni, persino l’intera esperienza. Tetris Effect non è una rivoluzione, ma è un piccolo miracolo artistico che sussurra meritate attenzioni.