Fondamentalmente, nella realtà alternativa ipotizzata dal piccolo gruppo di sviluppatori svedesi The Bearded Ladies Consulting, ogni singolo evento distruttivo in grado di annichilire la civiltà così come la conosciamo oggi si è verificato: conflitti politici su vasta scala, completo collasso di qualsiasi economia, epidemie dal tasso di mortalità devastante e una buona dose di guerre combattute a suon di testate nucleari, ai quali si aggiungono un nutrito assortimento di flagelli naturali e una generale destabilizzazione ambientale. Centinaia di anni più tardi, gli ultimi scampoli di umanità hanno trovato rifugio nell’Arca, un agglomerato di lamiere la cui sussistenza viene assicurata dai cacciatori, arditi viandanti delle terre desolate che ne fronteggiano le minacce fisiche e climatiche per recuperare il lascito di una cultura andata ormai in malora, il cui valore è direttamente proporzionale al loro utilizzo in termini pratici. Chiunque abbia un minimo di familiarità con il genere, non potrà fare a meno di notare le somiglianze con il buon vecchio XCOM, in particolare con il fortunato remake targato Firaxis, ma privo della parte gestionale e con l’attenzione rivolta allo sviluppo della storia e dei personaggi, tutti caratterizzati da individualità ben definite che li rendono parte integrante del contesto piuttosto che pedine anonime e (seppur a malincuore) sacrificabili. Dopo un paio di titoli digitali dall’impatto non proprio significativo (Landit Bandit e Pipe Madness, entrambi lanciati su PlayStation Network durante la scorsa generazione di console), sembra proprio che l’ensemble di Trollhättan, il cui curriculum include anche alcuni episodi di Hitman e il primo Payday, sia intenzionata a far sentire la propria presenza all’interno di una categoria cui purtroppo le case di software non sembrano rivolgere mai la dovuta attenzione.
Quando il ghiaccio si stava sciogliendo, non avete detto nulla
In realtà, la cornice narrativa di Mutant Year Zero è una trascrizione diretta del gioco di ruolo ideato dallo studio svedese Free League Publishing e pubblicato da Paradox Entertainment, che a sua volta rappresenta una delle ultime evoluzioni del celebre Mutant , nato nel 1984 e dal quale hanno avuto origine molteplici spin-off differenti, il più conosciuto dei quali è senza dubbio Mutant Chronicles che vide un rilascio parziale in Italia ad opera della Hobby & Work. Chiusa questa parentesi storica, sappiate che non vi serve alcuna introduzione formale all’universo contenuto in questo Road to Eden, perché tutte le informazioni di background verranno fornite nel corso dell’avventura dagli stessi protagonisti e dai comprimari, la cui personalità riesce a mantenere viva l’attenzione anche se incastonata in un racconto dalle sfumature piuttosto blande. Le fasi di esplorazione in tempo reale sono soddisfacenti e regalano svariati benefici a quanti sono disposti ad esaminare con attenzione gli angoli più reconditi di ciascuna mappa: ammassi di metallo e cianfrusaglie costituiscono la risorsa più comune che può essere recuperata in giro, mentre le casse opportunamente delineate da un bagliore aureo contengono pezzi di equipaggiamento supplementare da equipaggiare, modificando anche le fattezze cosmetiche dei cacciatori, sebbene siano spesso protette da manipoli più o meno nutriti di nemici. A corredo dei materiali ci sono anche annotazioni da leggere, rifugi nascosti da perlustrare e preziosi artefatti da convertire in punti che sbloccano convenienti abilità passive una volta ricondotti all’Arca: insomma, il ricognitore scrupoloso vedrà ben ricompensato l’impegno profuso nell’allontanarsi dai sentieri prestabiliti delle missioni. E’ un peccato che, oltre alla ricerca compulsiva di oggettistica, gli scenari non offrano ulteriori spunti interattivi come enigmi ambientali e rompicapi, perché sarebbero calzati a pennello.
La gestione della squadra è un’altra componente vitale del gioco, dato che ognuno dei cacciatori sotto il nostro controllo può essere equipaggiato con un ragguardevole assortimento di armi, armature e accessori ai quali è possibile anche applicare parti aggiuntive per migliorarne le caratteristiche oppure ottenere effetti addizionali, come munizioni incendiarie oppure impulsi elettromagnetici utili per disabilitare congegni nocivi nelle vicinanze: tali componenti si possono recuperare dai nemici caduti, dalle summenzionate casse oppure dalla lavorazione dei materiali di base che vanno quindi trasformati in accessori utili per la nostra sopravvivenza. Fra gli altri generi deperibili nascosti in mezzo alle terre desolate possiamo annoverare molotov, granate e altri strumenti offensivi da lancio, mentre i kit medici sono fra i manufatti più rari e costosi che è possibile trasportare, la cui efficacia varia a seconda se ci troviamo invischiati in uno scontro oppure lontani da qualsivoglia ostilità.
Quando la peste si stava diffondendo, non avete fatto nulla
Il combattimento in Mutant Year Zero è a turni, con 2 punti azione disponibili per ciascuno dei personaggi coinvolti: un punto può essere utilizzato per il movimento, mentre l’altro per sparare, spostarsi di nuovo o usare un oggetto. Ogni arma ha una portata ben definita che può essere aumentata tramite l’impiego di abilità specifiche, modifiche e accessori, mentre la precisione viene calcolata in base alla distanza: maggiore è la gittata della stessa, più elevata sarà l’accuratezza in proporzione alla vicinanza del bersaglio. Non ci sono penalità nell’utilizzare un fucile da cecchino a distanza ravvicinata oppure una doppietta da cinquanta metri se la potenza balistica è sufficiente. Spesso avremo a che fare con nemici dotati di corazze, capace pertanto di ridurre parte dei danni che subiscono, e l’unico modo per averne ragione sarà quello di concentrare le bocche di fuoco su di loro perché non è possibile eludere altrimenti tali protezioni. Di contro, la facoltà di infliggere particolari effetti di stato che abbattono oppure stordiscono gli avversari ci viene in soccorso proprio durante simili frangenti, ma in tal caso è bene tenere in considerazione eventuali resistenze innate o derivanti da particolari attrezzature: questa continua ricerca di equilibrio fra la pura efficienza numerica di armi, oggetti e abilità e l’adeguatezza di una configurazione magari meno incisiva ma decisamente più favorevole per affrontare determinati scontri si rivela la chiave di volta di ogni missioni, soprattutto quelle avanzate, e rappresenta un enorme valore strategico aggiuntivo.
La furtività è una meccanica fondamentale del combattimento e consiste nell’avvicinarsi di soppiatto ed eliminare avversari isolati dal resto del gruppo con colpi attutiti da un soppressore per non mettere in allerta l’intera area. Si tratta di un approccio vincente se eseguito con la dovuta accortezza, in quanto può sfoltire un bel po’ i ranghi nemici in vista della battaglia vera e propria, ma per nostra sfortuna l’interfaccia grafica non mostra il raggio esatto entro cui ogni singola arma può essere udita, dunque l’unica maniera per sfruttare le ombre a nostro vantaggio è quello di procedere per tentativi e ricaricare il salvataggio precedente in caso di fallimento. Il comparto grafico di Road to Eden è davvero spettacolare, con modelli tridimensionali molto dettagliati, una fisica elaborata e soddisfacente e un’abbondanza di effetti particellari, giochi di luci e ombre ed un generale senso di devastazione ben veicolato che trae davvero il massimo dall’Unreal Engine 4, qui adoperato in maniera estremamente ottimizzata senza pesare più di tanto sulle risorse del PC. Il doppiaggio, di nuovo apprezzabile e ben caratterizzato, è disponibile soltanto in inglese, ma l’ampia gamma di sottotitoli, italiano compreso, permette a chiunque di apprezzare i commenti al fulmicotone di Dux, Bormin, Selma, Magnus e di tutti gli altri personaggi che prendono parte alla storia. Per finire, nonostante qualche decisione un po’ bislacca formulata di tanto in tanto, l’intelligenza artificiale è più che adeguata al contesto, e rende pan per focaccia anche ai veterani del genere: aspettatevi di ripetere più e più volte ogni singolo scenario impostando la difficoltà al massimo, almeno finché non riuscirete a comprendere il metodo migliore con cui affrontare e superare ciascuna combinazione di fattori ostili e ambientali riducendo (si spera) le perdite al minimo.
Mutant Year Zero: Road to Eden è uno di quei titoli che rischia di passare inosservato, perché magari compare fugacemente sull’elenco di giochi consigliati da Steam ma non viene ritenuto degno di nota e così, al massimo, finisce all’interno di una lista dei desideri da esaudire a lungo termine: gli sforzi dei The Bearded Ladies andrebbero invece premiati da subito, complice anche un prezzo assolutamente abbordabile, perché al netto di qualche modesta imperfezione ci troviamo di fronte a una piccola gemma indipendente del filone cui appartiene. Come già ribadito, il gameplay è una versione semplificata di quanto visto in XCOM, ma i personaggi qui fanno la differenza, le meccaniche stealth offrono finalmente qualcosa di nuovo in cui affondare i denti e tanto l’esplorazione quanto il pensiero strategico a lungo termine vengono sempre rimunerati a dovere. Ho apprezzato il tempo trascorso con i cacciatori dell’Arca, e penso che tutti gli estimatori di questo specifico sottogenere potrebbero (e dovrebbero) fare altrettanto.