Gris Recensione, che colore ha il dolore?

Gris

A tutti noi prima o poi capita di affrontare alcune prove della vita molto dure: una perdita, un fallimento, un dolore improvviso che ci distrugge dentro, rovescia totalmente il nostro essere e lo frantuma in mille pezzi, lasciandoci atterriti e svuotati di qualsiasi volontà di reagire, come se l’ineluttabile tempesta portata dal destino sradicasse le nostre radici, strappandoci quell’armatura di certezze e di sicurezza costruita nel tempo, ma che si rivela essere un’illusione effimera di fronte al vero dolore. Gris è il nome della protagonista di questa storia, una fanciulla a cui non rimane più nulla, caduta in una voragine di dolore da cui è difficile risalire. Gris è il primo videogioco della software house spagnola Nomada Studio, che si presenta con questo titolo di debutto carico di significato e di talento, ispirandosi a capisaldi come Journey, Inside, Monument Valley, Ori and the Blind Forest, ecc. Prodotti che mettono a tacere le voci dubbiose di persone che ancora si domandano se i videogiochi possano essere considerati delle opere d’arte. Devolver Digital ha capito di trovarsi di fronte a una gemma di rara bellezza e, come ormai accade sempre più spesso, ha voluto puntare su questo nuovo indie, promuovendolo e portando così nuovo lustro al suo già invidiabile catalogo di grandi titoli indipendenti. Gris vuole anche dire, in spagnolo, grigio; grigio come il mondo che si aprirà di fronte a noi all’inizio di quest’avventura, evocativo frutto del grande lavoro dell’artista Conrad Roset, maestro nel giocare con colori, simboli e i loro significati.

Gris

Ricominciare dal nostro io

Se dovessimo definire Gris in quanto gioco, sarebbe indubbiamente giusto definirlo come un platform in 2D con diversi puzzle ambientali che si pareranno di fronte a noi per ostacolare la nostra progressione. Nonostante la correttezza di quest’affermazione, sarebbe incredibilmente riduttivo e quasi offensivo parlare del titolo in questi termini, perché Gris riesce a fondere tutte le sue parti, ossia il gameplay, il lato artistico, il sonoro e la sua componente narrativa, in un’unica esperienza sensoriale che vi condurrà attraverso un viaggio che pochi altri titoli sono in grado di offrirvi, tenendovi incollati allo schermo per le circa quattro ore che servono a completare l’avventura. Tutti gli elementi del titolo si amalgamano perfettamente, offrendo al giocatore un viaggio unico, che lo farà sentire, una volta vista la parola fine, arricchito interiormente. Basti pensare alla potenza evocativa della scena iniziale: la protagonista canta osservando un’enorme statua di una donna; improvvisamente perde la voce e al contempo la statua va in frantumi, facendo precipitare la fanciulla in un baratro all’apparenza infinito. Atterra invece in una landa desolata, desertica e grigia, come i sentimenti che proviamo in quel momento. Una volta preso il controllo del nostro alter ego femminile, lo vedremo trascinarsi per questa terra in rovina, senza nessuna volontà, e quando proveremo a premere un qualsiasi tasto, come quello che di norma è adibito al salto, vedremo la giovane crollare a terra, svuotata di qualsiasi volontà di azione: i ragazzi di Nomada Studio sono così riusciti a creare qualcosa di incredibilmente potente ed evocativo, sfruttando in maniera encomiabile i gesti naturali che ogni giocatore esegue istintivamente di fronte a un videogioco.

Gris

Gris prosegue senza bisogno di parole: l’atmosfera e l’eccellente colonna sonora incorniciano un cammino di ascesa dal baratro della disperazione, affrontato attraverso le famose cinque fasi di elaborazione del dolore, ossia il rifiuto o negazione, la rabbia, la contrattazione, la depressione e l’accettazione (così come teorizzato dalla psicologa Elisabeth Kubler-Ross). Ognuna di queste fasi è rappresentata da un colore diverso e da alcune abilità che pian piano acquisiremo e che ci serviranno a superare nuovi ostacoli e puzzle. Ogni elemento del titolo è una rappresentazione allegorica dello stato d’animo della protagonista, a cominciare dal mondo di gioco, che rappresenta l’inconscio interiore inizialmente fatto a pezzi dal dramma, ma che pian piano rinasce e si ricostruisce a ogni nostro nuovo progresso, anche se lo spettro della depressione, nel titolo rappresentato in maniera davvero interessante, tenterà sempre di farci ripiombare nell’oscurità. Abbiamo trovato molto bella l’idea di dover raccogliere dei frammenti di luce, comparabili a delle stelle del firmamento, che ci aiuteranno a ritrovare la via, come un faro che illumina la notte più buia per aiutarci a uscire dall’oscurità. Sebbene ogni aspetto del titolo rappresenti una certa fase del superamento del dolore da parte della protagonista, le metafore e le allegorie sono così vaste, e a volte criptiche, che ogni giocatore potrà interpretare quanto avviene in maniera personale, in base alle sue esperienze. Non esiste un’unica lettura possibile di Gris e gli sviluppatori sono ben consci di aver dato al proprio pubblico un’opera che può essere assimilata da ogni giocatore in maniera diversa, e magari anche in grado di offrire conforto a chi si trova a vivere una situazione difficile.

Gris

Un titolo da incorniciare

Il lato artistico di Gris ci ha lasciati a bocca aperta sin dal primo istante. I paesaggi onirici sono realizzati in maniera incredibile, evocando un simbolismo potente che va oltre il semplice incanto visivo, che è comunque innegabile. La visione di Conrad Roset ci ha lasciati estasiati per tutto il tempo in cui abbiamo esplorato il mondo interiore di Gris; un’alternanza di colori che dipingono lo stato d’animo della protagonista, modificando di volta in volta il paesaggio e mutando allo stesso tempo anche la nostra prospettiva da un punto di vista concettuale. Il gioco, parlando stavolta da un punto di vista solamente grafico, è un dipinto in movimento, con dei colori ad acquerello splendidi da ammirare. Non abbiamo dubbi nell’asserire che nel comparto 2D il titolo di Nomada Studio è qualcosa di unico e incredibile, a cui probabilmente altre produzioni guarderanno in futuro come importante punto di riferimento. Anche sul fronte del gameplay Gris ha molto da dire. Il comparto ludico saprà divertirvi con diversi puzzle brillanti e originali, che sfruttano in maniera interessante le abilità della protagonista e non cadono mai nella ripetitività, proponendo situazioni sempre nuove che vi metteranno alla prova, soprattutto nella parte finale. Portiamo come esempio dell’ottimo lavoro svolto un puzzle in particolare, ambientato in una grotta ghiacciata dove ad ogni determinato intervallo di tempo si creerà un nostro clone di ghiaccio che dovremo saper sfruttare in maniera intelligente per poter proseguire. Infine, un’altra parte del titolo che abbiamo adorato è il comparto sonoro. La musica scelta è il perfetto accompagnamento per ogni situazione proposta e spesso entra di prepotenza nel gameplay, come accade con l’improvviso cambio di tono che sottolinea, in una determinata sezione, l’infuriare del vento della disperazione, cui la nostra protagonista dovrà far fronte. La band autrice dei brani, chiamata Berlinist, ha fatto un lavoro encomiabile, riuscendo a comprendere appieno le esigenze del titolo in ogni suo frangente.

Gris è uno di quei titoli che andrebbero giocati almeno una volta nella vita. Il lavoro di Nomada Studio riesce nelle sue quattro ore di gioco ad esprimere una profondità d’emozioni che poche altre opere riescono a trasmettere, rendendo deleteria qualsiasi critica riguardo la longevità, data l’alta qualità di ogni minuto speso nel mondo interiore della protagonista, coadiuvato da un’ottima fusione di elementi ludici, artistici e sonori. Gris è una testimonianza di quanto in alto il videogioco possa arrivare ai nostri giorni, buttandoci poi giù in un turbine di emozioni insieme alla nostra alter ego virtuale, con la quale impareremo a camminare e ad ascendere verso le stelle ancora una volta.

Di stirpe vichinga, sono conosciuto soprattutto con il soprannome “Shiruz”, tanto che quasi dimentico il mio vero nome. Videogiocatore incallito sin dall’alba dei tempi, adoro il mondo videoludico perché dopo tanto tempo riesce sempre a sorprendermi come la prima volta. Scrivo ormai da diversi anni di questa mia passione per poterla condividere con tutti. Sono uno dei fondatori di Orgoglio Nerd e sono anche appassionato di tutto ciò che riguarda la cultura giapponese e la mitologia (in particolare quella nordica).