Horizon Shift ’81 Recensione, Centauri è sconvolto

Horizon Shift '81

C’è un vago sapore familiare che si diffonde nell’aria quando l’icona di Horizon Shift ‘81 compare sul menù principale di Nintendo Switch, qualcosa che rimanda ad un periodo fatto di schermi catodici che brillavano in mezzo al fumo del bar sotto casa, al rumore che facevano le monete mentre scivolavano giù per la gettoniera ed ai capannelli di amici che si radunavano intorno al televisore grande del salotto, accanto al quale troneggiavano strani parallelepipedi di plastica con finiture in legno oppure con registratori di cassette annessi. Il target di riferimento di Paul Marrable, fondatore unico di Flump Studios, è dunque chiarissimo e cavalca la sempiterna onda dell’effetto nostalgia per catturare la completa attenzione di sguardi altrimenti fugaci: bisogna comunque ammettere che il loro prodotto non si limita a riciclare un concetto abusato nascondendo la mancanza di sforzo ed ispirazione dietro una patina fluorescente, bensì dispone sul tavolo una serie di idee se non proprio innovative quantomeno ben strutturate, che conferiscono a questo insolito (per l’epoca, s’intende) sparatutto a schermata fissa un’inattesa freschezza ed impartiscono a molti altri colleghi moderni una bella lezione in termini di intrattenimento. In fin dei conti, chi l’ha detto che nel 2019 non c’è più bisogno di pixelloni cubettosi?

Horizon Shift '81

Insert Coin to Continue

Le premesse di Horizon Shift ‘81 sono esattamente quelle suggerite dal titolo: la nostra navicella (antropomorfa, almeno stando agli artwork pubblicitari) è ancorata ad una sottile linea gialla al centro del video, il cosiddetto orizzonte, e lo scopo è quello di evitare le varie amenità galattiche intenzionate a ridurci in pulviscolo, rispondendo preferibilmente al fuoco: i nemici si scagliano contro di noi sia dall’alto che dal basso, e il fulcro delle nostre manovre evasive è proprio la capacità di rivolgerci verso un determinato fronte in qualsiasi momento, onde avere ragione delle minacce più prossime. Anche gli avversari possono agganciarsi sulla preziosa linea di scorrimento e scivolare lenti ma inesorabili verso di noi: un solo tocco è sufficiente per distruggerci, tuttavia possiamo sempre esibirci in un agile balzo per oltrepassarli oppure in uno scatto letale verso destra o verso sinistra che aumenta il moltiplicatore di punteggio a seconda del numero di nemici eliminati in questo modo, utile anche per caricare l’indicatore della canonica smart bomb il cui lancio consente di tirare un po’ il fiato dalla gragnuola costante di proiettili. I livelli introducono man mano diverse varianti che vengono mescolate in un caos ragionato per mantenere viva l’attenzione, come corpi celesti che si schiantano contro l’orizzonte, limitando i movimenti del mezzo, o lo stesso che si sposta su e giù costringendoci a rielaborare le strategie di sopravvivenza come solo i migliori titoli arcade di un tempo riuscivano a fare.

Horizon Shift '81

Ogni fase è rapidissima e dura all’incirca un paio minuti, a prescindere dalla quantità di rivali spazzati via, e viene intervallata da occasionali combattimenti contro i boss e da livelli bonus che ribaltano ancora una volta le regole e ci “armano” di paletta respingente per abbattere un muro di mattoncini a pallettate in puro stile Arkanoid, una sorpresa talmente imprevista da strappare un sorriso anche al più irreprensibile dei retrogamer. Paradossalmente, i summenzionati boss non costituiscono una sfida più impegnativa, anzi i loro pattern risultano meno ostici da seguire perché non siamo costretti a spostare di volta in volta lo sguardo su punti diversi dell’area di gioco; viceversa, la difficoltà complessiva subisce un’impennata feroce dal 25° stage in poi, quando cioè il numero di oggetti volanti ostili e fin troppo identificabili oltrepassa la soglia di tolleranza che molti possiedono per il genere: il grado di precisione richiesto per uscire indenni da determinati passaggi potrebbe infatti essere percepito come ben poco ragionevole da quanti non sono disposti a consacrare i propri riflessi all’uragano di pixel che Horizon Shift ‘81 scatena a video, e persino i veterani dei bullet hell potrebbero trovare un pane piuttosto croccante per i loro denti. Incredibile a dirsi, persino la modalità facilitata non riduce più di tanto l’impegno preteso dal giocatore, perciò la sofferenza non viene mitigata in alcun modo… è la dura legge dei migliori coin-op, rispettata alla lettera dal ragazzotto di Coventry, autentica croce e delizia di questo suo ultimo titolo.

Horizon Shift '81

Asteroidi, invasori spaziali e millepiedi

Un emulo dei vecchi sparatutto arcade non sarebbe completo senza la possibilità di poterci giocare con uno schermo verticale, e in tal senso Flump Studios non delude: se con lo Switch inserito nel dock dobbiamo accontentarci di una massiccia cornice personalizzabile che delimita l’azione, la modalità portatile permette di ricreare (quasi) le medesime sensazioni che ci regalavano i cabinati da bar, soprattutto se abbiamo a disposizione una periferica in grado di sostenere la console in posizione eretta. Di contro, l’assenza di una vera e propria leva direzionale si fa sentire, perché tanto la levetta analogica quanto la pulsantiera presentano qualche incertezza nelle circostanze più “calde” e possono provocare qualche game over accidentale di troppo, ma la rilevazione delle collisioni praticamente perfetta e la fluidità complessiva bilanciano la frustrazione caricandola tutta sulle spalle di chi tiene il pad fra le dita, che dovrebbe quindi sentirsi spinto a migliorare la conoscenza dei livelli e la coordinazione occhio-mano. Il comparto visivo di Horizon Shift ‘81 è volutamente minimalista, con tonnellate di sprite rasterizzati che riproducono il classico stile cui Galaga, Moon Cresta, Galaxian e simili sfoggiavano al culmine dell’epoca d’oro delle sale giochi.

Horizon Shift '81

Ad ogni modo, poiché siamo nel 2019 e le console vantano una potenza di calcolo decisamente superiore rispetto alle macchine di allora, qualche effetto speciale sotto forma di sfondi psichedelici tridimensionali, che realizzano quanto i predecessori spirituali tentavano di fare con qualche manciata di linee vettoriali, ed una serie di effetti grafici che aiutano a comprendere meglio cosa sta succedendo sullo schermo,nonché filtri e ritocchi cosmetici atti a riprodurre la concavità e le linee di scansione degli schermi CRT da mescolare come meglio crediamo, tutti piccoli tocchi di classe che rivelano la grande passione infusa nel progetto dal buon Paul. Di contro, la colonna sonora risulta senza infamia e senza lode, composta da un assortimento di brani elettronici che si limitano a svolgere il loro dovere in sottofondo ma privi di qualsivoglia tratto distintivo, al pari degli effetti sonori ai quali farete appena caso in mezzo al frenetico tumulto che si dipana lungo entrambe le linee dell’orizzonte. Un vero peccato, perché un migliore assortimento di suoni sintetizzati avrebbe accresciuto enormemente l’immersività.

Nato su Steam in una versione che ricordava più i primi esperimenti in wireframe in ambito videoludico e con qualche richiamo più esplicito ai rinomati Geometry Wars, Horizon Shift ‘81 approda su Nintendo Switch con una veste che rende omaggio ad un periodo storico ben preciso e che calza alla perfezione con l’innovativa meccanica di duplice piano di gioco: nonostante le innumerevoli citazioni, il titolo possiede comunque una fortissima identità e fa leva sul suo retaggio per mostrare che il margine evolutivo di questa particolare declinazione di sparatutto è ancora ampio. Forse la sua inerente difficoltà non è proprio alla portata di tutti, e la presenza di qualche modalità aggiuntiva sarebbe di certo stata apprezzabile, ma anche con tutti i suoi difettucci resta una produzione più che valida e dimostra ancora una volta la versatilità della piccola, grande ammiraglia di casa Nintendo.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.

Accessibility Toolbar