God Eater 3 Recensione, la caccia agli Aragami ricomincia

God Eater 3

God Eater è una di quelle serie che negli ultimi anni è riuscita a coprire un numero impressionante di prodotti multimediali, al tempo stesso senza potersi svincolare dalla propria nicchia di appassionati. Si tratta di un franchise anche relativamente recente, il cui debutto risale al 2010 nel paese del Sol Levante: e proprio dal Giappone sembra che God Eater abbia fatto anche molta fatica ad uscire. Tre capitoli di una serie di videogiochi, manga, una serie anime dal discreto numero di episodi, persino light novel: sembra purtroppo che in Occidente resti poco conosciuta, complice anche (forse) l’enorme successo di un titolo simile e diverso, ma decisamente molto più famoso, noto col nome di Monster Hunter. Nonostante tutto questo Bandai Namco non si rassegna facilmente, e se crede che un titolo valga ben più di una semplice promozione solitamente non si fa problemi ad investire nella localizzazione estera: è accaduto anche con God Eater 3, il terzo capitolo del franchise che presto sarà disponibile nei negozi italiani. Vale la pena tornare a caccia di Aragami su console di attuale generazione? La risposta è “sì” ma con alcune riserve, e nella nostra recensione vi spiegheremo il motivo.

Trama: un mondo pericoloso

Contesto, ambientazioni e atmosfere: questi tre elementi di God Eater 3 potrebbero da soli bastare per molti giocatori e giustificare l’acquisto del terzo capitolo della trilogia pubblicata da Bandai Namco su PlayStation 4 e PC. Il mondo di God Eater è il Pianeta Terra, ma molto diverso da quello in cui viviamo (per fortuna): proiettato in un futuro oscuro e desolato, quasi tutto è andato distrutto in seguito ad un invasione di mostri feroci e molto coriacei dal nome Aragami. La piaga dei mostri ha costretto l’umanità a rintanarsi in città dalle dimensioni contenute, dove la civiltà è andata avanti facendo leva su tutta una serie di ingiustizie sociali e sulla prevaricazione dei più forti sui più deboli: un contesto insomma molto credibile considerando l’indole dell’uomo a prevaricare sugli altri. Mentre i giochi politici continuano nel perseguire i propri interessi, alcuni sfortunati umani noti per l’appunto come God Eater sono costretti a combattere i mostri arrestandone l’avanzata e (se possibile) anche respingendoli indietro. Ma come fanno questi pochi umani a combattere mostri così potenti? Utilizzando delle armi specifiche, letali e dal look molto accattivante note (anche loro) come God Eater. Padroneggiarle appieno richiede un certo sforzo, e naturalmente questi guerrieri vengono considerati dalla classe dirigente dei soldati facilmente sacrificabili.

God Eater 3

God Eater 3 porta insomma alle estreme conseguenze il contesto di riferimento che era anche quello su cui si basavano i primi due capitoli della serie principale: si tratta del resto, e avremo modo di ribadirlo più avanti, di un titolo molto conservativo, che preferisce corroborare una formula già rivelatasi efficace piuttosto che proporre qualcosa di realmente innovativo. La narrazione si mantiene interessante per una buona ventina di ore, senza colpi di scena troppo prevedibili, a patto naturalmente di saper chiudere un occhio davanti alla ripetizione dei tantissimi cliché in perfetto stile nipponico, tra cui battutine scontate tra personaggi e forme procaci per le protagoniste femminili tirate in ballo ogni due per tre. Peccato che tanta insistenza non sia invece stata investita su un aspetto di gioco molto più importante come la creazione del proprio alter ego, il protagonista principale dell’avventura: come avviene ormai praticamente in tutte le produzioni pubblicate da Bandai, il giocatore può creare da zero il suo eroe sfruttando un ricco editor a disposizione. Peccato che poi lo stesso eroe rimarrà in silenzio per l’intera durata dell’avventura, limitandosi ad annuire, scuotere la testa e mostrarsi sorpreso o turbato durante le conversazioni con i compagni. Prima o poi bisognerà pur fare qualcosa circa questa situazione, che ci sembra venga ormai praticamente data per scontato e riproposta da fin troppi anni.

Gameplay: un action RPG tradizionale

Se contesto e trama di God Eater 3 continuano ad insistere su temi che tutto sommato continuano a mostrarsi interessanti e validi, il gameplay del titolo ripropone a sua volta le stesse meccaniche di gioco del predecessore, modificandole in modo molto leggero. God Eater 3 continua quindi ad essere un action RPG dal sapore prettamente nipponico: il giocatore è chiamato ad esplorare determinati ambienti di gioco che fungono da livelli, collegati tra loro da un hub principale, la base operativa della squadra dei protagonisti. All’interno dei singoli livelli sono poi disseminati tanti bei Aragami, le creature minacciose che andranno fatte a brandelli dal proprio party padroneggiando via via in modo sempre più efficace il sistema di combattimento; a questo proposito, ci penserà un dettagliato tutorial di gioco a mettere a proprio agio i nuovi arrivati. Del resto ci sarà tempo in abbondanza per capire come funziona God Eater 3, vuoi per la durata interessante dell’avventura principale, vuoi per la libertà di esplorazione dei singoli mondi di gioco, vuoi infine per un livello di difficoltà che molto raramente offre sfide davvero impegnative. Sfruttando a dovere gli attacchi principali e secondari del gigantesco e coreografico equipaggiamento di gioco, nonché le abilità speciali dei guerrieri, gli Aragami vengono abbattuti con grande soddisfazione, soprattutto quando si tratta delle specie ben più aggressive e resistenti note come Aragami Cinerei; i boss di gioco sono gli unici davvero in grado di mettere in difficoltà il team di cacciatori, ma anche in questo caso basta studiare in modo adeguato i movimenti e il comportamento della creatura per riuscire a sopraffarla in tempi umani.

God Eater 3

Una nota positiva della produzione su cui bisogna insistere è il numero elevatissimo di creature presenti, alcune vecchie e altre completamente inedite, tutte dotate di un proprio pattern di attacchi e di un atteggiamento “credibile” all’interno del proprio ambiente naturale; non siamo ai livelli della serie Monster Hunter, ma è pur vero che le finalità di God Eater 3 sono anche differenti. Una nota di demerito, invece, va purtroppo assegnata per il comparto grafico e per quello tecnico della produzione: God Eater 3 sembra davvero un titolo molto datato dal punto di vista visivo, non è credibile che qualche piccolo sforzo in più non avrebbe potuto portare a livelli ben più dignitosi; non che la Terra apocalittica o gli Aragami siano brutti da vedere, ma di certo la legnosità dei movimenti dei personaggi durante le sequenze animate, la cura altalenante dei modelli poligonali, l’espressività quasi sempre rasente allo zero e mondi di gioco praticamente vuoti non giustificano come, ad esempio, God Eater 3 non riesca ad arrivare ai 60FPS, soprattutto mantenendo il dettaglio grafico fisso a 1080p. Le opzioni di gioco consentono infatti di modificare la grafica su console da 1080p al 4K, sacrificando un po’ la fluidità dell’avventura: tuttavia non è che il salto sia così eccezionale dal punto di vista della fluidità stessa, quindi il nostro consiglio è quello di godervi il gioco in 4K se in possesso di un TV adeguato.

God Eater 3 porta avanti in modo interessante la serie targata Bandai Namco, nonché uno degli action RPG dalla lore più interessanti degli ultimi anni; il confronto con il rivale Monster Hunter è ingiusto e solo parzialmente giustificato dalla presenza di mostri giganteschi da affrontare. Purtroppo dal punto di vista delle meccaniche del gameplay e del comparto grafico/tecnico God Eater 3 non rappresenta una vera innovazione rispetto al titolo precedente: probabilmente bisognerà aspettare la prossima generazione per assistere al “salto”, con quello che non escludiamo Bandai Namco possa presentare come capitolo finale dell’arco narrativo attuale del franchise, oppure direttamente come reboot.

La formazione del buon Simone, classe '93, avviene pad della prima PlayStation alla mano, a base di draghi viola, gemme e pecorelle fumanti (del resto è un vero abruzzese). Cresce a pane e Dylan Dog, mostrando fin da subito gravi problemi psicologici e mentali. Tra le altre cose ha ancora paura del buio, e probabilmente Stephen King lo approverebbe. Un paio di lauree in letteratura non gli hanno impedito di diventare uno dei massimi esperti del mondo Nintendo; compensa non riuscendo neppure ad accendere una Xbox. È attualmente ai domiciliari per abbandono dei cagnolini di Nintendogs e omocidio degli abitanti di AnimalCrossing.