Il Corriere: The Mule Recensione, il testamento cinematografico di Clint Eastwood

Clint Eastwood è una roccia della storia del cinema, un creatore inossidabile che mastica cinema come tabacco da quando era un ventenne statuario. L’anno prossimo compirà 90 anni ed è ancora capace di sfornare quasi un film all’anno. Come possiamo noi cinefili non andare in visibilio? Questa istituzione vivente riesce sempre a rinnovarsi, cambiando continuamente genere e registro senza perdere in freschezza di sguardo dimostrando con i fatti che l’età è solo uno stato mentale e quel che conta veramente è l’aver qualcosa da dire. In Il Corriere: The Mule, asciutto e diritto come tutta la sua filmografia, Eastwood riesce a toccare diverse corde, dalla commedia al dramma, senza stonature ed eccessi, riuscendo a mantenere il polso e l’aderenza al realismo per una vicenda (quella del buono ingenuo coinvolto suo malgrado in affari loschi) che il cinema e la tv hanno già raccontato in tutte le salse.

Il Corriere: The Mule

La storia di questo film, in particolare, prende spunto dalle reali vicende raccontate dal New York Times che intervistò un agente federale americano dell’antidroga a proposito dell’arresto di un corriere della droga novantenne al soldo dei cartelli, considerato il più anziano corriere di contrabbando del mondo. Quale personaggio migliore per tornare a recitare per il nostro buon Eastwood? L’aderenza personaggio/attore è difatti una delle più riuscite che potrete mai vedere su schermo. Earl Stone è un anziano reduce (similmente al protagonista di Gran Torino) con pesanti problemi economici. Dopo una vita di lavoro nella floricoltura la sua ditta fallisce perchè non più al passo coi tempi e lui si ritrova solo e rifiutato da quella famiglia che ha trascurato per il lavoro. L’unico faro rimasto a dare un senso a tutto è l’adorata nipote ventenne che sta per sposarsi. Proprio per non deludere anche lei e con il terrore di perdere il suo affetto, Earl Stone accetterà di fare da corriere per alcuni carichi che (scoprirà solo in viaggio) riguardano il traffico di droga dei cartelli messicani.

Il Corriere: The Mule

La differenza e la straordinarietà della vicenda, rispetto ad altre simili, stanno proprio nell’età atipica del protagonista e nel fatto che il vero viaggio che si vuole mettere in discussione in questo film “on the road” è quello che tutti noi compiamo metaforicamente durante la nostra vita (con l’ausilio sempre ben gradito degli splendidi scenari della provincia americana tra Illinois e New Mexico). Come tanti altri amati film di Eastwood infatti anche questo parla un linguaggio universale in cui tutti possiamo ritrovarci. Earl Stone è semplicemente una persona che si trova a tirare le somme di una vita facendo i conti con le proprie mancanze di uomo, di padre, di marito. La fine di un lavoro che lui reputava immutabile, la sua mentalità semplice, bigotta e un po’ razzista, il suo dedicarsi alle apparenze che lo hanno distratto e frenato distogliendolo da quelle che erano le cose veramente importanti come la famiglia.

The Mule” è, letteralmente, in inglese “il mulo”, metafora dell’uomo che porta avanti testardamente un carico troppo grande da gestire. Non è un caso che lui sia un floricoltore, abituato a lavorare per ottenere un determinato risultato, dritto fino alla meta. Come certi fiori però riescono a sbocciare solamente tardi, così Earl Stone trova nel brivido dell’incarico illegale quello sfogo terapeutico e liberatorio che gli permetterà di far sbocciare letteralmente anche la sua umanità rinnegata. Un incarico che lui, ad un certo punto, accetterà volontariamente di buon grado vivendo la parabola dell’infrangere la legge in maniera dirompente, conquistando persino le simpatie umane dei disumani trafficanti di droga. In questi frangenti il film riesce a divertire e far sorridere smorzando la tensione con l’umorismo e il cinismo di un vecchio pieno di vita e immune a qualsiasi minaccia che carica milioni di dollari di droga sotto alle noci pecan mentre si ferma a far assaggiare l’arrosto ai suoi aguzzini o a chiacchierare amabilmente con il poliziotto che gli sta dando la caccia. Nella seconda parte il film vira verso il dramma, senza stonature ed esagerazioni, in maniera naturale e realistica e sicuramente non nella direzione che lo spettatore può immaginare.

Il Corriere: The Mule

Nel rapporto tra l’anziano protagonista e le figure più giovani (il trafficante che lo sorveglia, il detective che gli dà la caccia) Eastwood cerca quel rapporto padre/figlio che non è riuscito a coltivare in famiglia e sembra scolpire una sorta di testamento morale rivolto ai propri spettatori e non solo. E’ in questi momenti infatti che la sovrapposizione tra autore e personaggio si fa più marcata rendendo di fatto quest’opera un tassello fondamentale della filmografia di Eastwood perchè quasi autobiografica. Non è un caso la scelta della sua vera figlia, Alison Eastwood, per interpretare proprio la figlia del protagonista con cui coltiva un rapporto travagliato nella finzione e nella vita reale. E non è un caso la scelta di Bradley Cooper, lanciatissimo, in un ruolo che sarebbe andato bene al giovane Clint. Quasi una simbolica investitura per colui che, idealmente, ne sta ricalcando meglio le orme nella Hollywood moderna.

Potrebbe essere quindi il film congeniale per dare il giusto commiato alla recitazione che il buon Clint aveva annunciato ai tempi di Gran Torino, ma noi vogliamo ancora tanto Eastwood e lo vorremmo per sempre così prolifico, lucido e vero. Sicuri anche stavolta che quando entrerete in sala ne uscirete nuovamente cambiati.