Anthem Provato su EA Access, primo contatto con l’Inno della Creazione su console

Anthem

Chissà se, alla fine, la storia di Anthem e di BioWare si concluderà con un lieto fine o con una rovinosa caduta. La sensazione è che sarà necessario attendere ben oltre il 22 febbraio per sapere se la sua sarà una formula che riuscirà a convincere i giocatori, soprattutto nell’offerta del suo endgame. Noi, in attesa di un’analisi più approfondita, possiamo già adesso parlarvi delle sensazioni resistituiteci dalla versione definitiva, distribuita grazie al trial di EA Access. Qualche settimana fa avevamo provato la VIP Demo su tutte le piattaforme, anche se in quel caso optammo per parlarvi della versione PC, soprattutto per via degli enormi ed evidenti problemi di stabilità di cui le versioni console (in particolare quelle di marca Microsoft) soffrivano. Una cosa possiamo già anticiparvela: da allora, per fortuna, la musica è decisamente cambiata.

Già, la prima novità che ci è saltata all’occhio durante il fine settimana trascorso con Anthem è proprio la totale svolta in termini di stabilità. Sarà per il notevole miglioramento dei server, sarà perché la build scelta per la prima demo era effettivamente troppo vecchia per essere presentabile, ma ora – perfino in assenza della spesso risolutoria patch day one – Anthem si comporta in maniera parecchio migliore, anche su console Xbox, le uniche sulle quali si è finora avuto un assaggio di quel che tutti giocheremo fra pochi giorni. Quando si parla di un videogioco come questo, è impossibile trascurare e spostare in secondo piano gli aspetti tecnici, dato che che per primi ne inficiano la godibilità se presentano gravi problemi: se non altro, però, nel corso di questa decina di ore, Anthem ha cominciato a mostrarsi davvero per com’è realmente, permettendoci di assaggiare un po’ dei suoi contenuti. Il gioco, a onor del vero, sboccia molto, molto lento: anche dopo lo sblocco del secondo strale, al livello 8, si offre ai giocatori a spizzichi e bocconi, fra tutorial mascherati da missioni introduttive e scoperte sempre nuove, che, dopo 8-9 ore, continuano a manifestarsi: i contratti, vagamente simili agli assalti di Destiny, ma strutturati come vere e proprie cacce con loot system alla Diablo, le sfide da portare a termine nelle vaste regioni che compongono il mondo di gioco e soprattutto le roccaforti, che in questa “demo estesa” abbiamo soltanto potuto annusare. Ne abbiamo provata solo una, la Miniera della Regina, sul finire della nostra prova e con un Interceptor al livello 16, salvo poi essere costretti a ritirarci mestamente e con la coda fra le gambe. In generale, la varietà delle attività a disposizione ci è sembrata comporre una buona base, non dissimile da quanto i suoi concorrenti hanno fatto negli ultimi anni, che dovrà essere necessariamente espansa nel corso dei mesi.

Le quest che compongono la storia, a onor del vero, non sembrano particolarmente strutturate, né a livello di trama né tantomeno di gameplay. Per il momento, infatti, è tutto abbastanza riconducibile al classico “vai qui, ammazza là”, nell’ambito di un quest design che per le prime dieci ore rimane molto basilare, sebbene non manchino elementi di contorno studiati un po’ meglio dei diretti concorrenti e che suggeriscono una maggior profondità e diversità all’interno delle missioni stesse, rendendo la loro intrinseca ripetitività un po’ meno tediosa. A livello strutturale, comunque, non è difficile intuire in che modo il gioco si trasformerà nel corso del tempo, con contenuti futuri legati più all’evoluzione delle meccaniche di gioco e di squadra che agli sviluppi della narrativa. Le vicende principali sono per la gran parte portate avanti fra le rassicuranti mura di Fort Tarsis, con una manciata di personaggi con cui interagire all’interno di un hub diviso in due parti: la città vera e propria e la zona di lancio, una sorta di “officina” in cui è possibile vedere i propri compagni e da cui prepararsi alla battaglia e avviare missioni. Da questo punto di vista, Anthem è molto più simile a un Destiny che a un Dragon Age o un Mass Effect e non punta a proporre trame e sottotrame sviluppate, benché sia comunque presente un codex, consultabile a piacimento, che racchiude la gran parte delle vicende, per la gioia degli amanti della lore e delle leggende che, nel loro complesso, compongono l’intelaiatura del mondo di gioco. Che non si basa su antefatti proprio positivi, anzi: senza troppo spoilerarvi della storia e delle vicende introduttive, sappiate soltanto che, come veri e propri guardiani di quel che rimane dell’umanità, sarete chiamati a dare inizio alla ricostruzione della società preesistente, dopo la distruzione scatenata dal Cuore della Furia, una calamità nata in seno al Cenotafio, misterioso manufatto gelosamente custodito nelle viscere della città di Liberalia. È proprio da qui che partono e si dipanano le vicende di Anthem, che, tuttavia, per ora paiono poco più che un accompagnamento di sottofondo alle esplosive vicende che si snodano oltre le mura, nei cieli, negli abissi e nei dungeon del mondo esterno.

La sensazione generale è che ci sia tanto da scoprire nel mondo di Anthem, tanto per cui esaltarsi, sia per quanto riguarda i grandi avvenimenti che i piccoli segreti narrati sottovoce, anche e soprattutto in maniera indiretta. E ce ne sarà anche dopo la pubblicazione del gioco, con BioWare che ha espressamente manifestato la volontà di non abbandonare la community a sé stessa, nemmeno per un mese: i primi contenuti post-lancio (gratuiti) arriveranno a Marzo, ad arricchire un ecosistema che già adesso funziona, ed è stato chiaramente pensato per essere espanso in maniera tentacolare col tempo. Nel suo nucleo ludico, Anthem cerca di esprimere appieno tutto quel che Mass Effect: Andromeda si limitava solamente ad abbozzare, offrendo un sistema di combattimento veloce, adrenalinico, ben strutturato sia coi piedi a terra che in volo (con le due “parti” che si integrano magnificamente e senza soluzione di continuità l’una con l’altra), oltre che, soprattutto, ben diversificato a livello di classi. Per il momento, esclusa la prima missione tutorial ai comandi del Guardiano (testato per troppo poco tempo per poterlo giudicare, anche in maniera superficiale), noi abbiamo potuto provare il Tempesta e l’Intercettore, e le sensazioni che i due strali ci hanno restituito sono ottime: ai comandi dell’uno o dell’altro lo stile di gioco cambia completamente, non solo nel salto, nelle super abilità e in poche altre meccaniche basilari, ma al contrario in maniera ben più impattante sull’economia di gioco.

In Anthem ogni componente della squadra riveste un ruolo cruciale e unico, e per questo, per massimizzare l’efficacia delle tattiche di gruppo, è fondamentale avere team il più possibile eterogenei, con skill che siano anche in grado di accoppiarsi bene l’una con l’altra, per dar vita a spettacolari combo. Tempesta, forte del suo controllo sugli elementi, può ad esempio congelare i nemici per poi dare loro fuoco o fulminarli, aumentando notevolmente i danni inflitti, ma è molto meno mobile dell’Intercettore ed anche leggermente più fragile: con lui è dunque necessario agire da glass cannon, stando lontani dal cuore della battaglia, mentre l’agile ninja (perdonateci la semplificazione, ma il paragone è tutto sommato azzeccato) può essere giocato come un vero e proprio Genji in terza persona, ovviamente con le dovute distinzioni. Tutto quanto, in prospettiva, è stato pensato per aumentare gradualmente il livello di difficoltà, attorno al quale (anzi, ai quali: ce ne sono sei in totale) Anthem basa una parte importante della propria longevità. Il vero endgame, a quanto pare, si raggiungerà cimentandosi nelle roccaforti a difficoltà massima: impresa quasi impossibile, ma volete mettere la soddisfazione? In prospettiva futura, quel che più affascina di Anthem è l’idea di avere per le mani un qualcosa di mai visto fra i videogiochi-servizi, un titolo capace di coniugare una narrativa tesa a dipanarsi nel tempo e comunque gestita in perfetto stile BioWare, quindi ben curata (malgrado un bel po’ più secondaria rispetto al passato), ad un gameplay che raramente abbiamo visto così ben strutturato e piacevole nel suo genere. Alcuni ipotizzano che possa diventare un “Destiny riuscito”, e non è difficile comprendere il perché, osservando anzitutto il modo in cui si presenta e “comunica” sé stesso al pubblico, senza troppi fronzoli né contenuti allungati in maniera fin troppo artificiale, ma con tanta sostanza, che andrà però valutata sul lungo periodo per scongiurare lo spettro della ripetitività.

Quella costruita da Anthem si preannuncia un’avventura titanica, che dovrà fare i salti mortali per non deludere le altissime aspettative che le si sono create attorno. Grazie soprattutto al suo endgame e al supporto post-lancio, già pianificato per tutto il primo anno, BioWare ha la possibilità di rendere la sua ultima creatura qualcosa di davvero unico fra i game as a service: un’esperienza affine a Destiny, fisiologicamente meno ricca ma meglio strutturata, più equilibrata rispetto a Warframe e con una progressione à la The Division, condita anche da elementi loot e dungeon-based tipici di Diablo, dei Monster Hunter e dei Borderlands. Bisogna ancora capire, però, se sarà presente il famoso “ingrediente segreto” di BioWare, proveniente direttamente dal passato storico e starwarsiano degli sviluppatori di Edmonton e che è un po’ mancato in titoli come Dragon Age: Inquisition e Mass Effect: Andromeda. Inutile ribadire che noi facciamo il tifo affinché sia effettivamente presente, per rendere la lunga lista menzionata poc’anzi un mix potenzialmente perfetto.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.