La Paranza dei Bambini Recensione

È un vero successo il film di Claudio Genovesi basato sul terzo romanzo di Roberto Saviano, già autore di Gomorra. La Paranza dei Bambini, nei cinema italiani dal 13 Febbraio e vincitore del premio di Miglior Sceneggiatura al Festival del Cinema di Berlino, è un racconto intenso e disinibito ambientato tra i vicoli della Napoli storica, tra quei bassifondi dove amore, odio, criminalità, illegalità e passione camminano sul filo del rasoio. Riuscire a portare sul grande schermo una storia così intensa, senza scadere nel melenso, non è di certo un’impresa da poco. Il regista però non si è fatto intimorire e ha realizzato un film per nulla banale, forte e potente come un colpo di pistola. Nato sulla scia di Gomorra – la serie, La Paranza dei Bambini regala al filone dei racconti nazional-popolari un valore aggiunto.

La Paranza dei Bambini: di cosa parla

Sei ragazzi quindicenni rincorrono sogni di una vita migliore in un quartiere al limite della legalità. Tra questi spunta il giovane Nicola che, fra le strade del Rione della Sanità, gioca a fare il malavitoso. Si sporca le mani con lo spaccio di droga e il traffico d’armi, si lega alla gente che conta ricorrendo un’idea di una giustizia al di sopra del bene e del male. Ma l’amore  per una ragazzina del quartiere e la voglia di crescere troppo in fretta, fa precipitare considerevolmente la situazione, costringendo Nicola e la sua banda, a compiere una scelta che cambierà la sua vita per sempre.

La Paranza dei Bambini

Un ritratto di una Napoli vera e contemporanea

Il sole si scorge appena tra le nuvole, la luna è nascosta da una nube tetra e buia. I vicoli sono smussati, decadenti, si respira un’aria rarefatta, intrisa di sogni e desideri al sapore di droga e polvere da sparo. Nel cuore di Napoli, a un passo dalle vie del lusso, la storia dei rioni disagiati è un eco lontano nella City di oggi. Tra quei palazzi decadenti si nasconde il male, quello vero, quello che seduce, quello che incute timore, quel tipo di male che è impossibile da sconfiggere perché cresciuto anno dopo anno, come una quercia secolare in una città immortale dove vige la legge del più forte. Il rione Sanità è il punto nevralgico de La Paranza dei Bambini, un rione in cui non ci sono né vinti né vincitori, un luogo quasi fuori dal mondo in cui si intrecciano storie di vita impossibili da raccontare. I motorini scorrazzano in libertà, le pistole sono cariche, le urla e gli schiamazzi sono all’ordine del giorno. E il regista con la sua macchina da presa è riuscito a catturare tutte le bellezze, ma anche le bruttezze, della città di Napoli. Traspare un ritratto a colori rosso sangue, crudo, realistico, così vibrante che incute timore. Una cornice perfetta per raccontare la storia di Nicola, adolescente impavido e scapestrato che, suo malgrado, cresce troppo in fretta, sobillato dal potere dei soldi e della fama.

Una storia di amore, morte, ricchezza e povertà

Quella di Nicola e dei suoi cinque amici è una storia comune, che ha un finale già scritto. È impossibile uscire vivi da quel Rione se non si vince la paura di cadere e la paura di morire. Nicola è però coraggioso, vuole essere una persona diversa, vuole essere un malavitoso che ha a cuore la gente del rione, perché chi più di lui sa cosa vuol dire patire la fame. Ma questo non basta. L’amore fa capolino nella sua vita e ogni cosa perde il controllo. Le scorribande diventano più pericolose e non è possibile sbagliare, perché il rione non perdona.

La Paranza dei Bambini

La Paranza dei Bambini è dunque una storia sui sentimenti, è una storia vera, vissuta, sporca e pericolosa, che evidenza una piaga sociale impossibile da curare. Si nasce malavitosi e si muore malavitosi, e Nicola lo sa fin troppo bene. E il realismo con cui è raccontata l’adolescenza di questi 6 ragazzi innocenti, è la componente aggiuntiva, la particolarità che fa volare alto il film.

Tutto funziona alla perfezione nel film di Claudio Genovesi. C’è la parlata ruvida e scostumata del dialetto, ci sono le luci soffuse, gli sguardi schivi e i cuori palpitanti e, l’effetto Gomorra,  traina lo spettatore in quell’universo così pericoloso ma terribilmente affascinate. Non si perdona però quel finale aperto, così poco catartico che non esprime al meglio il passaggio verso l’età adulta di un gruppo di giovani assetati di potere. Per il resto La Paranza di Bambini è un piccolo cult e su questo non si discutete.

Carlo è un trent’enne con un cuore che batte per il cinema, le serie TV, i romanzi fantasy e la musica anni ’90. È un Maveliano D.O.C. ed è #TeamCap per scelta. Si è laureato in Giurisprudenza ma non è un avvocato, sogna di vivere a Londra e di intervistare David Tennant.