Juanita (Alfre Ette Woodard) è lo stereotipo della donna afroamericana “del ghetto”, madre di tre figli scapestrati (uno in prigione), avuti da due mariti altrettanto scapestrati e dei quali non v’è più traccia. Un lavoro da inserviente ospedaliero poco stimolante, una vita familiare fallimentare che non ha più niente da dire e tre figli-sanguisuga adulti e senza lavoro ancora attaccati al cordone ombelicale. Sono queste le molle che spingono Juanita a voler “qualcosa di più”, a mollare tutto per cercare fortuna altrove. Anche uno sperduto paesino del Montana può diventare l’Isola del Tesoro per la protagonista di questa nuova commedia Netflix.
Quella di Juanita sembrerebbe una storia come tante altre. E probabilmente lo è. Ma dalle premesse il soggetto del nuovo film originale Netflix (tratto dal libro Dancing on the Edge of the Roof di Sheila Williams) pare avere la freschezza e il ritmo giusti per tenere incollati alla tv, nonostante una base narrativa che non ha le pretese di offrire particolari spunti di originalità o entusiasmanti colpi di scena. La sceneggiatura firmata da Roderick Spencer parte con grinta, è vivace, incuriosisce, a tratti è persino onirica: divertenti le scene in cui la donna sogna momenti di intimità con il popolare attore Blair Underwood (qui nei panni di se stesso). E c’è pure spazio per del metacinema.
Juanita : bene i primi 30 minuti, ma poi?
Ma proprio quando Juanita giunge a Paper Moon, fittizio paesello del Montana, dopo aver maturato l’idea di “chiudere baracca e burattini” lasciando i figli (ormai grandi e vaccinati) al loro destino che il film perde di mordente. E siamo solo ad un terzo della pellicola. Mentre nei primi trenta minuti la messinscena diretta da Clark Johnson scorre infatti con discreta velocità, incuriosisce e diverte, una volta giunti nel paese della tanto agognata rinascita personale, si inanellano una serie di situazioni banali, scontate, condite da dialoghi dannatamente noiosi.
La storia d’amore con lo chef nativo americano Jess (Adam Beach) – che avrebbe dovuto rappresentare il climax della rivalsa sentimentale e sociale di Juanita – è pretestuosa e fatica a decollare, sia per evidenti scelte di copione sia per l’incapacità nel riuscire ad essere credibile e naturale per via di un’interpretazione “amorosa” non esattamente esaltante dei due attori. A ciò si aggiunge un improbabile parallelo fra culture differenti – quella afroamericana e indiana – che si esaurisce fortunatamente in pochissime scene.
Juanita parte bene, con diversi elementi e temi che – se ben raccontati e sviluppati – avrebbero avuto quel quid per dare vita ad una commedia davvero spumeggiante. E Juanita sembra essere lì lì per fare il salto di qualità, ma poi, quando davvero deve mostrare il suo carattere, la commedia Netflix si perde annacquando il carisma di una protagonista sulla carta devastante in un mare di banalità e con una storia d’amore evitabilissima.