Più o meno tutti ci saremmo aspettati che l’evento di Google alla Game Developers Conference di San Francisco fosse incentrato sullo streaming e su come quest’ultimo influenzerà il futuro del videogioco, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi: nessuno, e sottolineo NESSUNO fra noi era realmente preparato all’impatto che l’azienda di Mountain View avrebbe generato presentando Stadia. Non abbiamo visto soltanto la visione di Google sul futuro del gaming, almeno per come ci è stata presentata: abbiamo effettivamente avuto un assaggio del modo in cui le modalità di fruizione dei videogiochi si evolveranno nei prossimi dieci anni, a partire da oggi. Il futuro è già iniziato, e noi ci siamo dentro.
Phil Harrison sul palco!
Google rivoluziona l’industria
Quel che rende grandiosa l’idea di Google sta nel fatto che Stadia è stata innanzitutto presentata come una console. Non un servizio, non una piattaforma, non un qualcosa di fumoso, indistinto, astratto, sul quale vengono caricati gozziliardi di videogiochi accessibili mediante un’intrastruttura magari non sempre stabile. No: si tratta di una console, benché distante migliaia di chilometri da casa propria. Ed è una console che, apparentemente, può funzionare molto meglio di GeForce Now, PlayStation Now e delle altre future “concorrenti”, perché si basa su una potenza computazionale remota che, in via potenziale, può distruggere venti a zero le sue avversarie, che siano macchine tradizionali, acquistabili nel negozio sotto casa, o meno. Stadia è anche la dimostrazione che Google ci aveva visto lungo, molto lungo, quando qualche anno fa ha iniziato a parlare di streaming e di altri concetti pionieristici: se le principali contententi (Sony, Microsoft, Nintendo ecc.) si sono sfidate per anni e decenni a colpi di chi vendeva il gelato più buono sulla spiaggia, ora Google ci ha offerto l’alternativa e il gelato ha cominciato a portarlo direttamente a casa nostra. Come una sorta di Deliveroo, di Just Eat dei videogiochi, insomma, con la differenza che se si esagera non si ingrassa, anzi, ci si diverte.
Un momento che ha strabiliato tutti
Stadia: una “console” rivoluzionaria
A onor del vero le incognite, per il momento, sono ancora tante: malgrado l’ottimo supporto hardware promesso (gli engine e gli studi che supporteranno Stadia sono numerosi e l’accordo con AMD appare piuttosto solido e duraturo), resta da vedere come gli sviluppatori sapranno, nel concreto, sfruttare le potenzialità di una simile infrastruttura per realizzare, magari, anche videogiochi in esclusiva e che seguano in maniera intelligente le sue caratteristiche di piattaforma “flessibile”, evolvendosi di pari passo insieme all’hardware “adattabile e potenziabile”, come l’ha presentato Google, di Stadia stessa. La console virtuale di Google, in questo modo, diventerebbe la prima piattaforma “liquida” al mondo, e potrebbe, crescendo in potenza hardware, andare tranquillamente a insidiare anche le prossime – se mai esisteranno – generazioni tradizionali; un altro elemento positivo e di rottura col passato verrebbe poi dalla totale sparizione del concetto di patch di aggiornamento, con i videogiochi che si aggiornerebbero in remoto e in automatico, come fa oggi il nostro modem di casa. Resta, soprattutto, da valutare il fattore – non trascurabile – delle connessioni, che con Stadia diventeranno il vero parametro per definire la propria piattaforma di gioco e che, almeno qui in Italia, non sono neanche lontanamente attrezzate – se si esclude una esigua minoranza – per sfruttare il 4K a 60 fps, per giunta con supporto all’HDR e all’audio surround. Ma tant’è: questo è più un problema nostro, destinato ad assottigliarsi col tempo, che del servizio in sé, comunque godibilissimo anche a 1080p, almeno per chi saprà accontentarsi rispetto alla concorrenza, che, almeno qui da noi, sarà inevitabilmente più forte nei primi anni.
La community di videogiocatori globale è enorme, e Google lo sa
Grandiosa, poi, l’idea di offrire una piattaforma accessibile in ogni modo, da ogni dispositivo e con ogni controller: in pratica un qualcosa di universale, una sorta di motore di ricerca del gaming (anche grazie all’Assistente Google integrato nel pad) come il sottoscritto aveva profetizzato qualche settimana fa, oltre che di console universale in streaming. Il supporto da parte degli sviluppatori esterni a Google stessa (che, dal canto suo, sembra già avere le idee molto chiare lato software: ne è un esempio lo studio capitanato da Jade Raymond) sarà perà vitale per mantenerla in vita; se la risposta dell’utenza al lancio dovesse davvero essere entusiastica come sembra, comunque, il servizio non tarderà a crescere e potenziarsi sempre di più, affiancando e magari iniziando a sostituire – sul lungo periodo – l’hardware consumer tradizionale, che comunque, nella sua semplicità, è destinato a rimanere la scelta preferita di molti per ancora tanto, tantissimo tempo. Pur con tutti i problemi cui può andare incontro, legati perlopiù a ragioni infrastrutturali e logistiche, Stadia è comunque una finestra aperta, anzi, spalancata, sul quel che attende l’industria dei videogiochi nel suo avvenire più prossimo e più lontano, una finestra che dimostra come, in fondo, il futuro e il presente del nostro medium non siano poi così tanto distanti fra di loro.
Quanto mostrato da Google ieri sera è esattamente quel che tutti avremmo voluto vedere e di cui, sotto sotto, abbiamo un disperato bisogno, anche – soprattutto nel caso dei più orgogliosi paladini dell’hardware – senza volerlo ammettere. Eppure, Stadia non è una tecnologia impossibile: è qui fra noi e arriverà fra pochi mesi, benché quasi sicuramente il suo utilizzo verrà del tutto sdoganato soltanto fra cinque o dieci anni. Resta ancora da capire bene come una simile tecnologia possa venire sfruttata al 100%, soprattutto lato sviluppo e ottimizzazione software, ma in ogni caso sarebbe da ipocriti, ciechi residui di un passato che non esiste più, non voler ammettere che il futuro del videogioco va per la gran parte in quella direzione. La meta è ancora lunga, ma la strada tracciata da Google ci ha intrigato, e non poco: noi non vediamo l’ora di percorrerla.