Tropico 6 |“Il governo dovrebbe ridurre le tasse e aumentare i posti di lavoro!”
“No! Deve aumentare le tasse per poter ripianare il suo debito e far ripartire l’economia!”. Diciamocelo, di discussioni così ne avete sentite in tutte le salse: dal baretto sotto casa ai talk show televisivi, fino a passare alla sterminata platea dei social media, i quali le hanno amplificate fino all’inverosimile, concedendo anche troppo spazio a ignoranti (nel senso che ignorano) senza appello di prima categoria. E mi raccomando, non provate ad attaccarli, altrimenti vi fregerete del temuto titolo di “nemici del popolo” e “servi della casta”. Quasi siamo curiosi di vedere questi individui alla testa di uno stato, eh? Allora facciamogli provare Tropico 6, nuovo capitolo della saga nata in Gathering of Developers nel 2001 e cresciuta con Kalypso sin dal secondo episodio.
Le ambientazioni marittime mozzafiato saranno lo sfondo perfetto per la vostra dittatura di repressione e sangue! Benvenuti a Tropico!
Questo nuovo installment toglie riferimenti a figure storiche ed elementi di trama per concentrarsi tutto sulla cruda meccanica e sul clou dell’azione, senza però lesinare sulla difficoltà complessiva e sui rimandi alla cronaca politica degli ultimi 5 anni, frecciatine incluse. Ordunque, sarete degni di governare un popolo? E questo gioco sarà degno di governare le vostre menti? Scopriamolo insieme!
Tropico 6 come SimCity, ma con il conto svizzero!
El Presidente è tornato, con il suo fedele braccio destro Penultimo, e ha voglia di “rendere Tropico ancora più grande”, tanto per parafrasare Donald J. Trump. Come da tradizione di questa longeva saga, il nostro compito è condurre l’isola caraibica prima all’indipendenza dalla Corona inglese, poi alla grandezza districandoci tra le difficoltà poste dalle due Guerre Mondiali, dalla Guerra Fredda e dall’epoca in cui viviamo. E dovrete essere pronti a tutto pur di raggiungere il vostro scopo.
Dopo un iniziale momento dedicato alla personalizzazione del nostro Prez nei minimi particolari (ridotti però un po’ troppo all’osso. Forse per mantenere inalterata l’origine caraibica del Presidente), compresa la fisionomia del Palazzo Governativo, verremo da subito catapultati nell’azione di gioco, la quale si rivelerà da subito frenetica e ricca di particolari anche minimi a cui dovremmo badare. Dalla costruzione degli edifici all’import-export di merci grezze e materie di lusso, dalla gestione dei media ai rapporti tra fazioni e nazioni estere, fino alle attitudini dei singoli cittadini, che potremo far arrestare se li riteniamo “troppo scomodi”: tutto è gestibile a colpo d’occhio, e con un gameplay dinamico (che un po’ vi ricorderà quei city builder alla SimCity, suvvia) che non lascia un attimo di respiro al giocatore sin da subito. Tropico 6 infatti butta immediatamente tutto sul piatto, rendendo noto al giocatore che dovrà essere pronto a badare a tutto e tutti contemporaneamente se è intenzionato a vivere nel suo lussuoso Palazzo. Inoltre, le fazioni politiche interne e le superpotenze straniere ci affideranno delle piccole quest, al cui completamento possiamo scegliere se ottenere soldi, immigrati, punti in più per rafforzare il consenso e le alleanze e progetti per realizzare gli edifici (sempre graditi, dato che acquistare i singoli progetti costa tanto quanto costruire i relativi edifici). Le missioni in corso possono essere controllate sia da un comodo menu laterale in basso a destra che da quello di gioco principale, posto in basso. Da quest’ultimo menu possiamo avere una panoramica completa di come stanno andando le cose nel nostro piccolo angolo di Paradiso, costruire nuovi edifici, avviare rotte commerciali, intraprendere scorribande nel mondo grazie ai Pirati, Commando e alle Spie, gestire alleanze e Ministeri, emanare editti e cercarne di nuovi, e infine gestire il nostro conto off-shore in Svizzera grazie al nostro fidato Broker. Tale conto può essere utilizzato per comprare progetti, rotte commerciali e punti alleanza, oppure possiamo convertire la valuta svizzera in dollari, punti raid per le scorribande o in immigrati istruiti da poter assumere nei vari Ministeri. Voglio dire, che politico sei se non hai almeno un conto off-shore in Svizzera?
I menu e sottomenu di Tropico 6 permettono di regolare ogni singolo aspetto della vita di una nazione, dalle infrastrutture al divertimento dei cittadini.
Volendo possiamo anche modificare la nostra Costituzione e indire nuove elezioni, al ridosso delle quali El Presidente può tenere un discorso ispiratore per ingraziarsi le simpatie delle fazioni scomode, puntare il dito contro questa o quella superpotenza e promettere riforme e miglioramenti della qualità della vita. Ma attenzione a questo spinoso punto: non promettere mai ciò che non si può mantenere, altrimenti il popolo non ci mette nulla a sfilarvi la poltrona da sotto le terga, ponendo brutalmente fine alla vostra partita. Un po’ come la vita vera, non trovate?
Tropico 6: dittatura anni ‘40 in salsa caraibica
Un dettaglio che subito salta all’occhio è che Tropico 6, a differenza di alcuni suoi predecessori, è privo di backstory: questo potrebbe lasciare perplessi alcuni veterani della saga che sicuramente ricordano il complesso intreccio di vicende che hanno caratterizzato Tropico 4, ma calcolando l’intensità che il gameplay può raggiungere (specialmente se la partita è impostata in modalità Difficile), viene da sé pensare che lo storytelling rimane un dettaglio più che trascurabile. La trama del gioco la costruisce il giocatore stesso con le scelte che andrà a compiere, cosa che rende Tropico 6 non solo appetibile ai neofiti della storica saga, ma anche potenzialmente infinito e ricco di risvolti sempre diversi. Un’isola caraibica da sogno farà da sfondo alla vostra dittatura di repressione e sangue (se proprio volete, neh), resa perfetta in ogni dettaglio grazie al sapiente uso di Unreal Engine. Dimenticatevi i gestionali da quattro soldi che potete far girare anche su un computer degno di Windows XP: Tropico 6 richiede una Nvidia Geforce GTX 750 come minimo, ma vi ripaga con una cura dei dettagli praticamente assoluta, che potrete ravvisare semplicemente zoomando sulle persone e sugli animali che incrocerete per strada. Cura che non hanno tralasciato nemmeno nella versione fisica del gioco, chiamata “Tropico 6 – El Prez Edition” e distribuita da Halifax. Oltre al gioco completo, tale edizione include quattro cartoline dedicate alle spiagge di Tropico -che poi saranno alcune di quelle che vedrete in fase di caricamento-, due completi da turista, il progetto per il sobrissimo “Il Laghetto dei Fenicotteri” nel palazzo presidenziale, la colonna sonora del gioco a base di melodie caraibiche e un calendario digitale che segna i giorni che mancano fino alle prossime elezioni (sempre che non vogliate ricorrere alla legge marziale, obviously). Insomma, tutto di Tropico 6 sa di Caraibi, dall’atmosfera sino ai dittatori assetati di potere. Rispetto agli scorsi capitoli della saga, infine, non troviamo più riferimenti palesi a vere personalità storiche: queste saranno connotate da un’ironia sottile e andranno cercate in piccole caratteristiche ravvisabili nei ritratti dei rappresentanti delle singole fazioni; ironia che connoterà il gameplay in maniera generale, anche nel contenuto di ogni singola missione. E sì, Marco Moreno è sempre la copia spiccicata del Che.
Le dimensioni (della città) non contano, ma l’urbanistica sì!
Intelligente il pensiero che si cela nella modalità multiplayer: come rendere competitivo un gioco in cui il giocatore e le sue tattiche per mantenere uno Stato in vita sono al centro di tutto? Facile: suddividiamo la nazione in 4 regioni, ognuna delle quali verrà governata da un contendente; l’ultimo che rimane a galla si aggiudica la vittoria, in base a regole che si possono stabilire prima di iniziare la partita. Interessante l’idea che sono i giocatori a decidere in base a quali fattori (felicità della popolazione, bilancio del Tesoro, numero di impianti industriali e alleanze estere) si possa considerare stabile una nazione. Da qui a elaborare teorie economiche degne di John Maynard Keynes il passo è breve. Peccato però per l’instabilità delle partite: purtroppo vi capiterà spesso di essere buttati fuori da un match perché l’host lascia prematuramente il server, ma ancora non è chiaro se si tratta di connessioni instabili o di giocatori incostanti. Lo scopriremo solo vivendo.
Tropico 6: ovvero “politica per (politici) negati”
Un videogioco, si sa, per ovvie limitazioni tecniche e pratiche, non può contenere tutti gli aspetti di un determinato ambito di vita che vuole trattare; per forza di cose deve quindi arrivare a semplificare, a volte in maniera estrema, in nome di un certo grado di godibilità e giocabilità da raggiungere per potersi rendere appetibile alle masse. Pur semplificando a suo modo, Tropico 6 riesce a rimanere comunque un ottimo simulatore di politica, intesa nel senso di “tecnica di governo”: il giocatore stabilisce l’urbanistica delle aree libere secondo certi criteri di sfruttamento del territorio, gestisce le relazioni con ogni singolo cittadino e ne gestisce la sorte, visita luoghi di lavoro per ispirare gli operai con i suoi discorsi e tiene comizi in tempo di elezioni; ma anche gestisce le relazioni con i maggiori gruppi di interesse dei tempi di gioco, instaura rapporti con alleati stranieri (chiedendo pure aiuti economici in caso di necessità), si occupa degli affari commerciali e delle politiche da attuare a sostegno di determinate fasce di popolazione. Il tutto con un menu di gioco estremamente intuitivo, un tutorial essenziale ma completo e con un’atmosfera simpatica e user-friendly, anche per chi di politica può non capire una tacca. In questi tempi di facile retorica, populismi e ipersemplificazioni, Tropico 6 funge da “manuale di istruzioni”: sarà infatti semplicissimo andare a fondo e perdere la partita se si tende a fare solo gli interessi del popolo (come anche solo gli interessi di determinate fazioni politiche, sia chiaro), di conseguenza il giocatore arriverà facilmente a comprendere che a volte è necessario tagliare qua e là le spese per tenere il bilancio in attivo e potersi permettere maggiori investimenti. Non solo: la corruzione e gli affari loschi non saranno una mera tentazione, ma a volte si riveleranno dei veri e propri salvavita per un bilancio disastrato; del resto il fine giustifica i mezzi, anche se si tratta di un fine nobile come la prosperità di una nazione. Tropico 6 si rivela quindi un gioco perfettamente trasversale: adatto al cittadino, che vuole capire meglio come funzionano gli ingranaggi che regolano l’attività politica, come al politico, che magari può arrivare a capire che non bisogna limitarsi a elargire soldi casualmente per uscire fuori dal pantano della crisi economica. E che spesso si deve scendere a compromessi per restare a galla.
Divertente, addictive da far paura, graficamente piacevole e curato nei minimi dettagli, anche se rimane qualche piccolo errorino di traduzione lasciato qui e là addirittura dai tempi della Beta. Tropico 6 è adatto sia ai cultori della saga che ai neofiti, ai fan della politica e dei city builder; il numero di missioni proposte, insieme alle modalità di gioco, lo rendono sicuramente un gioco longevo e pieno di risvolti diversi, che il giocatore può esplorare tramite le numerose scelte da effettuare in corso d’opera. Le references ai personaggi storici, invece di essere palesi come negli scorsi capitoli, vanno scovate tramite occhiate più attente (e in fondo è più divertente così!), e l’ironia che pervade il gioco aiuta a smontare la grande complessità del gameplay, che richiederà al giocatore una grande capacità di azione e pianificazione. C’è ancora molto lavoro da fare per assicurare stabilità al comparto multiplayer, ma una volta sistemata quella Tropico 6 diventerà praticamente flawless. Consigliato a tutti, soprattutto agli uomini politici. Sempre che non prendano alla lettera quella faccenda della dittatura repressione e sangue…