Lacrime agli occhi e braccia al cielo. Ho visto Avengers Endgame e, come i più importanti critici cui Disney ha magnanimamente concesso un insta-commento prima dell’embargo, ho riversato su Twitter parole ardenti sull’ultima fatica dei Marvel Studios: il coronamento di un’opera colossale, mai vista prima. La vedo finalmente ergersi a buon diritto sul podio olimpico delle grandi saghe cinematografiche del nostro tempo assieme a quelle di Peter Jackson e George Lucas, mentre frotte adoranti di Marvel boys già abbandonano il falso-dio Netflix per affluire festanti in sala, ché la progenie della coppia Russo è giunta ad annunciare la buona novella: il Titano pazzo sarà distrutto, il bene trionferà.
Avvertenza: questo articolo è pieno di spoiler. Per la recensione spoiler-free cliccate qui
Una parte di me, la stessa che non può fare a meno di notare con lieve disgusto le rughe farsi permanenti sulla mia fronte, vorrebbe davvero pensarla così. Vorrebbe davvero permettersi di ridere e (soprattutto) piangere per le vicende (in)umane dei protagonisti di Endgame: per il sacrificio di Tony, per la mamma di Thor, per il dramma di Cap. Vorrei, solo per una volta, non pensarci troppo e commuovermi al ritorno del giovane Parker che, senza maschera, mostra fiero e inconsapevole il coraggio di chi sa guardare avanti con fiducia nel futuro nonostante l’incombere della battaglia.
Avengers Endgame, il lungo sbadiglio
Anche i grandi critici cinematografici di The Verge e Wired si sono arresi all’emozione del momento, ormai è chiaro e conclamato: Endgame segnerà una generazione! Perché mi ostino a guardare indifferente lo svolgersi della Grande Storia? Chi mi credo di essere? Niente, mentre lo guardo al cinema, manco una lacrimuccia. E pensare che mi capita di commuovermi pure per un discorso di Greta Thunberg! Ma magari mi diverto! E in effetti ecco un sorriso a “ricevo mail da un procione”. Eppure, alle sequenze finali del film, l’unica funzione corporale incontrollata che mi esce fuori è un lungo, glorioso sbadiglio di noia e stanchezza. Come Alice, arrivo sonnecchiante in quello che la macchina del marketing mi ha detto essere il Cinema delle Meraviglie. Saluto il mio sbadiglio con affetto, ormai mi è familiare: è lo stesso che perdura quasi ininterrotto da 22 film a questa parte.
La totalità della discussione su Avengers Endgame e sul resto dei film Marvel è il solito, eterno ping pong fra i drammi apocalittici e il benestare degli integrati. Colui che sa apprezzare si gode il viaggio, piange e ride senza soluzione di continuità e giudica algido radical chic chi non ne è capace. I critici si preoccupano invece di istruire intere masse a mezzo social ricordando che, in fondo, sono solo filmetti, che il cinema è solo Dolan e Lynch, e ricordano che i cinema sono vuoti perché solo i big money riescono a catalizzare attenzione mediatica sufficiente da attirare la gente. Ma la grande forza del MCU sta proprio qui, nel rendere estreme le posizioni tanto degli appassionati quanto dei detrattori. In pratica, genera identità. C’è chi si identifica in toto con una folla da baccanale, e chi detiene la verità cinematografica. Io, come una talpa annoiata, mi affaccio e godo del mio stare-in-mezzo.
Quando il cinema sapeva ancora sbagliare
Anch’io, come i più agguerriti difensori del Cinema d’Autore, abbacino davanti al nulla spaziale di Infinity War, alla pochezza etica di Captain Marvel, alle colonne sonore didascaliche che mi istruiscono su quando devo ridere e quando devo piangere, alle sceneggiature fotocopiate che mio nipote di 5 anni, signora mia, faceva meglio, e avverto un brivido lungo la schiena quando la sala esplode in una risata all’ennesima battutina telefonata. Anch’io inorridisco quando rinomati influencer scrivono “buona caratterizzazione dei personaggi” o, ancora peggio, “film oggettivamente eccellente”. Perché dare profondità a un personaggio o a una storia non significa mostrare Scarlett Johansson preparare e poi non mangiare un tramezzino di arachidi per dirmi che è stressata. Né far ammazzare a Thanos metà della vita dell’universo perché vuol “riequilibrare la bilancia cosmica”. Almeno nei fumetti la motivazione, per quanto folle e perversa, era l’amore. Questi e tanti altri sono senz’altro elementi che contribuiscono a rovinarmi la visione, ma il problema, a conti fatti, non credo stia lì. Anche perché sono fermamente convinto che molte opere cinematografiche di dubbia qualità vadano viste, ricordate e custodite (è il caso delle pellicole cult, spesso non eccelse, ma memorabili). Spesso accolgo con favore un pretesto idiota purché dia vita a una bella scazzottata, e non disdegno le dinamiche young-adult di serie come Riverdale e Sabrina. Mi è piaciuta persino quella cafonata di Star Wars: Gli Ultimi Jedi, perché almeno Rian Johnson, rispetto ad Abrams, qualcosa se l’è inventata. O, ancora, nell’ambito del MCU apprezzo la completa mancanza di rispetto mostrata dagli autori per il personaggio di Thor, che da noia mortale è diventato mito (letteralmente) di tutti i drughi di questo mondo. Oppure mi piace il personaggio di Nebula, che insieme a Drax è il character più sincero grazie alla sua granitica piattezza.
Piatta e proud.
La differenza fra il MCU e una telenovela
No, il problema del Marvel Cinematic Universe è un altro: non rischia mai, nemmeno per sbaglio. Nel caso di Civil War, per come la vedo io, “cafonata” sarebbe in effetti un gran complimento. Cafone è chi osa, chi eccede il buon gusto e i buoni sentimenti senza preoccuparsi di piacere a tutti. Il MCU, che invece non ha altra preoccupazione fuorché questa, dalla cellula madre del primo, davvero fico Iron Man (che infatti non è Disney) non inventa nulla e si ripete sempre uguale a se stesso, in una perpetua origin story. Quel grande potlach redistributivo che è Avengers Endgame serve a riassegnare ruoli, incastonare vecchi eroi nei cuori di milioni di fan e rilanciarne di nuovi. Il MCU è morto, lunga vita al MCU!
Nei film Marvel non c’è mai attrito. Tutto fila esattamente come dovrebbe, come è giusto che vada. Un po’ come nelle soap-opera. Ma a questo punto chiederei ai fan della Marvel: se tutto quello che volete è la rassicurante cadenza d’uscita di film tutti uguali, dalla storia preconfezionata, senza profondità di sorta e dal lieto fine “ineluttabile”, qual è la differenza fra voi e mio padre che, uomo tutto d’un pezzo, la sera si concedeva una puntata di Streghe?