Sniper Elite V2 Remastered Recensione

Sniper Elite V2 Remastered

Sniper Elite V2 Remastered | Nell’ambito delle logiche di mercato dell’industria, accade piuttosto spesso che si presentino fra capo e collo dei periodi di magra, con poche uscite di grande richiamo: in quei casi, com’è anche giusto che sia, fioccano una dopo l’altra le rimasterizzazioni. Aprile e maggio, in tal senso, sono quasi sempre mesi piuttosto emblematici di un simile trend, e anche quest’anno, oltre a Days Gone, RAGE 2 e A Plague Tale: Innocence, hanno visto susseguirsi diverse pubblicazioni secondarie e rivolte ora a una fetta di appassionati piuttosto specifica (nel caso dei Final Fantasy su Switch, ad esempio), ora ad ampliare il più possibile un pubblico non certo enorme, come nel caso del ritorno di Sniper Elite V2 su console di attuale generazione. 505 Games ha deciso di ripubblicare il videogioco stealth di Rebellion, uscito in origine su PS3 e Xbox 360 nel 2012, per provare a convincerci una seconda volta che eliminare orde di nazisti non è poi così male, specie se lo si fa in silenzio e con un bell’inchino. A nessuno piacciono i nazisti, dopotutto.

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La balistica del fucile di precisione è un elemento apprezzabile ancora oggi

Sniper Elite V2, nei panni del cecchino dopo sette anni

Proprio come i suoi più moderni successori, uno arrivato già su console current-gen due anni dopo di lui, l’altro ben più recente, Sniper Elite V2 era uno sparatutto in terza persona in cui si impersonava uno spietato cecchino schierato con gli Alleati, nell’ormai inflazionatissimo contesto della Seconda Guerra Mondiale; se però Sniper Elite 3 aveva un’ambientazione piuttosto esotica e consentiva di sfidare i temutissimi Africa Korps nel continente nero, mentre il quarto capitolo si spostava addirittura in Italia, V2 rimaneva saldamente ancorato alle origini, paracadutandovi nel cuore della Germania per fare strage di nazisti nella corsa fino a Berlino. Non che la premessa narrativa desse adito a sviluppi di trama particolarmente arditi, anzi, ma se non altro il gioco poteva contare su un’ambientazione dal fascino inossidabile, destinato a rimanere inalterato anche oggi. La campagna principale, completabile nell’arco di dieci/dodici ore, è comunque invecchiata piuttosto maluccio, facendo affidamento su meccaniche di gameplay che, pur ancora accessibili e a posteriori ben poco simulative (per un gioco del genere non è un male), sono più che basilari in rapporto a quel che altri videogiochi possono offrire oggi. Nel frattempo, produzioni anche meno blasonate hanno fatto passi da gigante in elementi come l’intelligenza artificiale, il level design (qui decisamente poco elaborato) e il sistema di coperture (che rimane abbastanza rudimentale): tutti questi elementi, che già non brillavano all’epoca, riproposti oggi sfociano in un’esperienza troppo antiquata, con livelli strutturati a corridoi alternati ad enormi aree dove eliminare poche manciate di nemici, caratterizzati da routine comportamentali a metà fra il goffo andante e rari momenti di lucidità. Ne consegue che la storia principale, purtroppo, non può più essere apprezzata da un giocatore navigato allo stesso modo di sette anni fa.

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Per sfuggire al fuoco nemico è possibile fare ricorso a un sistema di coperture

Per evitare fraintendimenti, però, va detto che se ci si avvicina senza troppe pretese e conoscendo bene i suoi limiti, con il semplice interesse storico legato al volerla recuperare, la campagna di Sniper Elite V2 rimane abbastanza godibile, anche grazie a un sistema di sparatorie a metà fra l’arcade e la simulazione che restituiva un feedback eccezionale, specie nell’utilizzo del fucile di precisione (che poi rimaneva quasi sempre l’arma principale e consigliata). Se si mettevano a segno dei colpi in punti specifici del corpo dei nemici, si poteva spesso ammirare il lungo viaggio del proiettile in spettacolari killcam automatiche, con crani, cuori, polmoni e altri organi fracassati in modo credibile e dinamico sotto il tiro del nostro alter-ego. Questa componente, fulcro del gameplay della serie di Rebellion, non solo non è invecchiata quasi per niente (stupisce che dopo tutti questi anni non sia stata imitata, in realtà), ma è anche parecchio personalizzabile: ad esempio, il reticolo rosso che indica dove andrà a finire il colpo è disattivabile, così come la killcam e gli aiuti alla mira. In generale, comunque, le opzioni e le possibilità sono tante e tutte utili ad aumentare la rigiocabilità e testare nuovi approcci: il sistema di punteggio, ad esempio, fa il verso agli sparatutto da sala giochi anni ’90 ed incrementa notevolmente la longevità, insieme ai numerosi collezionabili sparsi per i livelli. V2, poi, poteva contare su diverse modalità alternative, fra cui la possibilità di giocare in coppia con un compagno trovato in matchmaking online, dedicandosi al completamento dell’intera campagna o di alcune sfide competitive. Da menzionare, poi, la presenza del multiplayer, che però noi non siamo stati in grado di testare, vista la completa assenza di partite e di giocatori connessi su Xbox Live, dovuta probabilmente al codice review che ha anticipato di diversi giorni il lancio ufficiale.

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Contro i tank, l’unica opzione è il fiancheggiamento

Il vero senso di questa remaster, almeno a detta del team, dovrebbe risiedere soprattutto nel rinnovato comparto tecnico: la base di partenza, però, non era certo all’avanguardia nemmeno all’epoca della sua originaria pubblicazione, con le versioni PlayStation 3 e Xbox 360 che stentavano non poco nel mantenere una presentazione visiva accettabile. Su PlayStation 4 e Xbox One la situazione è nettamente migliorata, soprattutto se si considera il supporto ai 60 fps in modalità performance. È anche vero, però, che un hardware più prestante non può fare miracoli e cancellare completamente i problemi di un motore grafico vetusto: se le texture e l’effettistica sono gli elementi che hanno subìto gli interventi più significativi, ad esse si affiancano modelli poligonali di qualità risibile e animazioni di livello PlayStation 2, aspetti rimasti praticamente immutati. Su scala generale, se si escludono le spettacolari telecamere dinamiche relative alle uccisioni, tutto il resto non è esattamente un bel vedere, ma rimane tutto sommato passabile, anche grazie alla modalità foto, che fa il suo per rendere ogni possibile preziosismo estetico il più sfavillante possibile: al giorno d’oggi, però, anche considerato il prezzo di lancio di 34,99 euro (con preordine scontato a 31,49 fino ad oggi), resta piuttosto difficile comprendere la logica dietro un’operazione simile, forse sensata solamente su Switch per beneficiare della portabilità.

Al giorno d’oggi Sniper Elite V2 è un videogioco senza (troppa) infamia e senza lode, che ripropone su console di attuale generazione un approccio al cecchinaggio ormai nel complesso superato nelle meccaniche, pur ancora godibile sotto certi aspetti. Elementi come il level design e l’intelligenza artificiale, al giorno d’oggi, fanno quasi sorridere; di contro, però, la balistica dei fucili di precisione funziona sempre alla grande, e rimane uno dei pochi elementi (oltre al supporto ai 60 fps) in grado di giustificare il ritorno su console di attuale generazione. Considerato tutto quanto, insomma, Sniper Elite V2 Remastered può essere consigliato soltanto a chi non l’ha mai giocato e vuole recuperare uno sniper game abbastanza leggero, ancora divertente e non troppo simulativo.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.