The Swords of Ditto| Nella primavera del 2018 il piccolo studio indie onebitbeyond irrompeva nel panorama videoludico contemporaneo proponendo un roguelike tutto particolare: The Swords of Ditto. Lo stesso titolo che sbarca in questi giorni, in una versione riveduta, corretta e rinominata The Swords of Ditto: Mormo’s Curse, anche su Nintendo Switch; solitamente la magia della console fissa/portatile targata Nintendo basta a rendere qualsiasi titolo migliore. Siamo sufficientemente concordi con questa teoria, relativamente a The Swords of Ditto: Mormo’s Curse, che sembra adattarsi alla perfezione (come se fosse stato sviluppato proprio assieme a lei) alla console Nintendo Switch. Ma ad un anno di distanza vale ancora la pena lasciarsi tentare dal titolo pubblicato da Devolver Digital? Scopriamolo insieme nella nostra recensione.
Trama: la maledizione di Mormo
Il mondo di The Swords of Ditto: Mormo’s Curse è tutto meno che fortunato, dato che la terribile maledizione della strega Mormo costringe popolazione e terra insulare ad una vita terribile. I mostri invadono periodicamente il circondario (ce lo racconta subito la trama di gioco), la strega si risveglia con indole vendicativa e molto poco incline al dialogo, tutto non sembra andare mai per il verso giusto (non lasciatevi ingannare dal coloratissimo mondo di gioco), finché non si risveglia l’eroe leggendario della regione: la Spada di Ditto. Compito del guerriero portatore della Spada è quello di sconfiggere la strega e di rimetterla a dormire, per godersi così un centinaio di anni di serenità e pace. Il titolo di onebitbeyond ci mette subito nei panni dell’ultima Spada di Ditto, richiamata al proprio sacro compito di sconfiggere la strega: nei momenti iniziali dell’avventura abbiamo quindi la possibilità di interagire subito con il vasto mondo di gioco, apprendere le meccaniche basilare del titolo, capire come fare cosa il più rapidamente ed efficientemente possibile. Però poi la strega ci uccide dopo appena dieci minuti di gioco, lasciandoci intendere che per i prossimi 100 anni la popolazione se la dovrà vedere con le forze del male.
Trascorsi cento anni ecco che The Swords of Ditto: Mormo’s Curse comincia per davvero, facendoci vestire i panni di un nuovo eroe questa volta sprovvisto di tutto ciò che un eroe dovrebbe regolarmente possedere, vale a dire un’arma degna di questo nome, monete da spendere per potenziarsi, accessori per affrontare il dungeon e via dicendo. Nostra unica guida sarà Puku, una sorta di spirito coleottero che cerca di fare al meglio il proprio lavoro di guardiano della spada e guida dei nuovi eroi, nonostante la relativamente recente sconfitta da parte di Mormo. Sia come sia, il giocatore dovrà creare da zero il proprio equipaggiamento, recuperare i giusti gadget lungo il percorso, comprendere appieno le meccaniche di gioco e il funzionamento dei livello procedurali e poi sconfiggere Mormo una volta per tutte. E il tutto entro cinque giorni di tempo.
Gameplay: il roguelike per tutti
The Swords of Ditto: Mormo’s Curse è un roguelike pensato per riuscire a soddisfare il più ampio numero di giocatori, anche non necessariamente esperti conoscitori del genere, appagando però particolarmente questi ultimi con i suoi segreti e le sue possibilità. Dal punto di vista delle etichette basilari il titolo di onebitbeyond (pubblicato da Devolver Digital) è un gioco d’avventura e azione con prospettiva isometrica (una “vista” molto particolare posizionata dall’alto); non si possono tuttavia negare le componenti alla dungeon crawler e neppure il fatto che gli stessi sviluppatori lo abbiano definito “un RPG in miniatura“. Effettivamente tutti questi aspetti contribuiscono, in misura più o meno evidente, nel creare l’identità di The Swords of Ditto: Mormo’s Curse, legati assieme da uno stile, una direzione artistica e una scelta grafica che permettono di rendere il gioco subito riconoscibile. Se è vero che tutti questi generi lavorano assieme per creare il mix di The Swords of Ditto: Mormo’s Curse, è tuttavia innegabile come le componenti roguelike e quelle legate all’esplorazione e al permadeath abbiano la precedenza su tutte le altre, dettando legge. Esplorare con calma il mondo di gioco non è mai veramente possibile (per alcuni questi potrebbe rappresentare un limite della produzione) perché il gioco va portato a termine entro cinque giorni (secondo un orario scandito dal titolo, tutto particolare) e soprattutto cercando di restare in vita il più possibile. Questo perché una volta eliminato il nostro eroe sarà per l’appunto… eliminato. Per sempre. O almeno fino alla nascita di un nuovo eroe, che però dovrà ricominciare un po’ tutta la sua impresa da capo, potendo mantenere soltanto il denaro accumulato dal predecessore. Ci sono comunque dei mezzi per aggirare almeno parzialmente questa problematica, propria della componente roguelike. Chiaramente si tratta di scelte autoriali e di produzioni, che mirano a coinvolgere il più possibile l’esploratore offrendogli un tipo di appagamento comune all’intero genere.
Il compito principale del giocatore in The Swords of Ditto: Mormo’s Curse è quello di recuperare velocemente armi e oggetti utili per indebolire la strega Mormo, esplorando pian piano quanto più possibile l’intero continente insulare e interagendo con determinati oggetti legati alla trama principale (che non vi anticipiamo). Il fine ultimo sarà chiaramente sconfiggere i vari boss legati alla strega e poi Mormo in persona, questa volta possibilmente senza soccombere durante il tentativo. Il titolo offre tre diverse modalità di gioco principali, tutte con la propria complessità: generalmente, tuttavia, neppure la più semplice delle tre rende davvero spensierata e una passeggiata l’esperienza di gioco. Uno dei più grandi limiti della produzione, che purtroppo non è possibile aggirare in alcun modo, è il bilanciamento complessivo di alcune meccaniche che poco riescono ad incontrarsi armoniosamente tra di loro: è davvero un peccato, per esempio, essere costretti a correre e ad affrontare di sfuggita molte missioni secondarie e conversazioni con gli NPC soltanto perché il timer di gioco scorre inesorabile. Il limite dei cinque giorni di tempo avrebbe avuto molto più senso come possibilità aggiuntiva piuttosto che strutturale. Di pregevole fattura, invece, e praticamente impossibile da criticare la conversione offerta da Devolver Digital (e Curve Digital) su Nintendo Switch: la perizia tecnica, le tinte pastello e il vasto mondo di gioco di The Swords of Ditto: Mormo’s Curse arrivano sulla console portatile Nintendo completamente inalterati, ed estremamente accettabili si sono rivelati anche i tempi di caricamento. La situazione dal punto di vista prettamente visivo migliora ancora un po’ in modalità TV.
The Swords of Ditto: Mormo’s Curse è un piccolo RPG dalle meccaniche roguelike, impreziosito da un comparto artistico molto attento ai dettagli del mondo di gioco. La produzione non è esente da difetti, i principali dei quali sono il vincolo temporale dei cinque giorni richiesti per il completamento e una progressione procedurale degli ambienti, che di tanto in tanto scopre il fianco a qualche elemento ridondante o meno riuscito. Resta un titolo proposto a poco prezzo, longevo, altamente rigiocabile e divertente: vi consigliamo di dargli una possibilità. Anche considerando che la conversione su Nintendo Switch è eccellente.