Total War Three Kingdoms Recensione

Total War Three Kingdoms

Total War Three Kingdoms, l’ultimo esponente della longeva saga Total War firmata dalla britannica Creative Assembly, è ambientato nell’antica Cina durante la tumultuosa era dei Tre Regni, e vuole rendere un doveroso tributo ai leggendari eroi di quel periodo sia dentro che fuori dal campo di battaglia. È il primo titolo della serie a prendere in esame un contesto storico dopo gli immaginifici Warhammer e Warhammer II, e promette (come al solito) di apportare alcune modifiche significative alla consueta formula adottata dallo strategico: il suo tratto più distintivo è quello di consentirci di interpretare eroi molto, molto più potenti rispetto ai canonici comandanti degli altri episodi, e revisioni profonde al sistema diplomatico che ora consente di organizzare trattative complesse e ramificate per darci modo di appianare i conflitti politici senza impugnare necessariamente le armi. Three Kingdoms è una sfida interessante per il microuniverso di Total War, alla vigilia del suo 20° compleanno: i due episodi legati all’ambientazione di Games Workshop hanno riscosso un successo imprevedibile persino per gli autori, ma tante innovazioni originali (battaglie più energiche e memorabili, una struttura narrativa migliore, condizioni di vittoria uniche e alberature tecnologiche considerevoli) sono state concesse proprio in virtù della loro “lontananza” dagli obblighi della ricostruzione storica. Questo prodotto rappresenta perciò un’ottima via di mezzo, non essendo basato esattamente sui conflitti militari che hanno martoriato il Regno di Mezzo nel III secolo quanto sulla ricostruzione enfatizzata degli stessi così come è stata riportata ne Il romanzo dei Tre Regni, poema epico che si presume sia stato scritto nel XIV secolo da Luo Guanzhong e che reinterpreta in chiave drammatica gli eventi, attribuendo ai suoi protagonisti gesta sovrumane che vengono ben riprodotte in altri adattamenti ludici del racconto come gli svariati Dinasty Warriors: nel nostro caso, siamo in grado di selezionare una fra due modalità distinte, classica o romanzata, ed è proprio questa dicotomia il fulcro dell’intera esperienza, un criterio intelligente di mantenere le eccentricità dei capitoli fantasy senza privare gli appassionati di storia di fondamenta solide sulle quali basare le loro campagne.

È arduo trovare un buon comandante in Total War Three Kingdoms

Anziché scegliere una fazione all’inizio di una partita, Total War Three Kingdoms ci chiede di selezionare un singolo comandante: alcuni di loro sono valorosi condottieri che vantano pretese più o meno legittime per stringere le redini dell’intero territorio cinese, altri invece sono autentici criminali come Dong Zhuo, un despota che dà inizio al suo personalissimo “gioco dei troni” con l’attuale imperatore-bambino come ostaggio. L’eterogeneità di tali attori genera un contorno di situazioni completamente diverse: Cao Cao, consigliato per i principianti, è quello più vicino ai comandanti tradizionali perché scende in campo con un campo base adeguato, un esercito discreto e un vicino da sconfiggere in modo da poter prendere possesso della prima provincia (qui chiamata “commenda”). Al contrario, Liu Bei è alla guida di un’armata gremita di generali leggendari ma nessun insediamento a disposizione, ed è costretto a sconfiggere un battaglione di ribelli dei Turbanti Gialli prima di poter piantare radici da qualche parte. Ogni personaggio viene anche caratterizzato da una meccanica di gioco unica: il governo di Gongsun Zan aggiunge una specializzazione esclusiva per gli ispettori militari, mentre il punteggio fluttuante di eroismo di Sun Jian influenza il prezzo delle truppe e la soddisfazione dei suoi sottoposti. Cao Cao guadagna una manciata di punti credibilità ad ogni turno e può spenderli per influenzare i sentimenti delle altre fazioni, o investirli per scatenare una guerra per procura tra gli altri contendenti senza sporcarsi le mani. Questo ulteriore livello di manipolazione rende la diplomazia ancora più divertente da impiegare, in maniera non troppo dissimile da quanto era possibile fare con gli Alti Elfi di Total War Warhammer II ma con la possibilità di ordire macchinazioni ancora più subdole ed efficaci. Sfruttare al meglio le astuzie politiche significa ravvivare le campagne ambientate fra i Tre Regni con il fuoco della mistificazione e dell’imprevisto, e dopo un po’ i turni inizieranno ad aprirsi con una sfilza di messaggi, invero al limite del paradossale, su chi ha pugnalato alle spalle chi, sottolineati dai volti esacerbati dei regnanti.

Total War Three Kingdoms

Intrighi, congiure e sotterfugi sono il piatto forte di qualsiasi campagna.

Ma Three Kingdoms non è una reinterpretazione goliardica di Total War, e gli elementi gestionali della campagna non esitano a ricordarcelo. La popolazione è importante: un alto tasso di crescita, facilitato dalla costruzione degli edifici giusti, può aumentare la produzione di rifornimento per gli eserciti ma anche causare sovrappopolazione, principale responsabile dei disordini pubblici. Un regno troppo affollato mette anche a repentaglio la disponibilità di cibo. Inoltre, è fondamentale costruire strutture che generino denaro ed aumentare il nostro prestigio, l’unico modo per sbloccare ranghi avanzati, radunare schiere di seguaci e, alla fine, venire prescelti come uno dei tre sovrani della Cina. Di certo, la gestione degli aggiornamenti dei singoli edifici nei vari Total War è una delle parti meno coinvolgenti, e quando ci troviamo al comando di trenta e più insediamenti questa operazione si trasforma in un’autentica impresa. Di contro, possiamo assegnare un incarico a ciascun membro della nostra corte, assegnandoli ad un centro abitato e fornendo loro una sorta di bonus. Non è necessario farli marciare per la mappa, dato che molte altre azioni effettuabili come lo spionaggio sono state ridotte a semplici voci di menù: è una facilitazione forse eccessiva ma utile per tenere fasi come queste separate dai veri e propri spostamenti di forze armate. Ci sono anche dei tocchi di classe notevoli, come le riforme gestite all’interno di una schermata nella quale è stato riprodotto il ramo di un albero di ciliegio, con le migliorie rappresentate da un fiore che si apre in una nuvola di petali. Tutta fuffa, per carità, ma escogitata per fornire un contesto appropriato per introdurre le battaglie, i cui effetti si percepiscono nel corso delle sezioni più concitate. Anzi, a dire il vero avrei preferito che taluni aspetti fossero stati tradotti in maniera più metaforica: per essere basato su un romanzo importante come Il Racconto dei Tre Regni, nel quale gli eunuchi di corte manipolano nepotisticamente i loro complici, assegnando loro posizioni che non meritano mentre l’economia del paese cade a pezzi, vedere un indicatore come la corruzione venire applicato come banale modificatore percentuale che influisce sul reddito è abbastanza scoraggiante.

I comandanti sono realizzati con grande profusione di poligoni e animazioni.

È ovvio che le battaglie in tempo reale siano di gran lunga più emozionanti della consultazione di numeri e tabelle: gli arcieri scagliano salve costanti di frecce, i cavalieri organizzano piccole cariche e galoppano a testa bassa, la fanteria serra i ranghi con gli scudi e assorbe i danni. Le formazioni sono state reintrodotte in quantità considerevole, anche se non sempre è possibile sfruttarle a dovere. Esistono diverse classi di generali tra cui scegliere e gli strateghi, sebbene più deboli, sono necessari perché imparano le formazioni mentre racimolano livelli. Anche alcuni seguaci possiedono conoscenze strategiche basilari, quindi assegnare un mandriano ad un generale che guida una compagine di cavalleria significa consentirgli di scoprire la formazione a cuneo. Ogni armata può avere tre generali, ciascuno con un seguito che può raggiungere massimo sei unità: ciò significa che è possibile comporre milizie equilibrate con un generale assegnato alla cavalleria, uno alla fanteria e uno agli arcieri ed alle catapulte. Naturalmente, è anche concesso mettere in piedi un esercito sbilanciato o iper-specializzato, ma la sua resa sarà meno consistente. I generali hanno personalità specifiche che si adattano ai loro ruoli, espresse mentre confabulano l’un l’altro durante le battaglie. L’esperienza consente loro anche di guadagnare tratti e sviluppare rivalità e alleanze man mano che trascorrono del tempo insieme, quasi come se fossero membri del party di un gioco di ruolo. Purtroppo, le singole unità difettano di carattere, e l’asticella posizionata dai due Warhammer è in questo senso impossibile da oltrepassare per Total War Three Kingdoms: non importa quanto siano diverse le armature di due dragoni, intesi come i combattenti a cavallo specializzati nelle mischie, perché non saranno mai tanto riconoscibili come le fattezze di un’orda di orchi o di un branco di vampiri. Inoltre, la scarsa intelligenza artificiale che ci costringe ad assistere a drappelli di tiratori che si lasciano colpire un po’ troppo a lungo prima di rispondere al fuoco oppure a reparti di fanteria che ignorano bellamente un bersaglio scoperto per scagliarsi sul gruppo di nemici sbagliato non aiutano a migliorare la situazione, ma d’altronde l’acume militare del computer non è mai stato uno dei punti di forza di Total War e, a questo punto, dovremmo essere tutti abituati ai danni che spesso può provocare.

Total War Three Kingdoms

Le inquadrature giuste riescono a cogliere tutta l’epicità del romanzo storico.

Mentre i generali possiedono animazioni di attacco fluide e ben realizzate, quando le truppe regolari si scontrano possiamo ammirare un sacco di braccia che agitano armi a vuoto: anche in questo caso, si sente la mancanza della lucida follia di Warhammer, perché non esistono ragni giganti, demoni sanguinari o alberi animati che si muovono fra ondate di nani, elfi, zombi e mostruosità assortite, ma non ci sono nemmeno i duelli che hanno reso Total War Shogun 2 così divertente da guardare. In buona sostanza, non c’è più ragione per rimuovere l’HUD dallo schermo e contemplare l’azione da vicino. Le battaglie notturne elevano la resa visiva dei combattimenti, con le truppe che sfoggiano brillanti lanterne rosse sulle aste ed il cielo sulle città sotto assedio che si riempie di lucerne di carta galleggianti come stelle troppo vicine alla terra. I conflitti ambientati in inverno si svolgono su mappe ricoperte da neve candida, mentre in altri periodi dell’anno potremmo incontrare gruppi di contadini al lavoro nelle risaie. Le città portuali hanno gru sulle banchine e barche ormeggiate ma, sfortunatamente, non sono presenti battaglie navali: Creative Assembly ha scelto di non includerle affatto e, sebbene gli eserciti salgano a bordo di vascelli quando si dirigono verso l’acqua, gli scontri marittimi vengono risolti automaticamente. Considerata l’importanza strategica dei fiumi come lo Yangtze in Cina, è un’autentica occasione mancata. La gradazione negativa è un problema marcato del gioco, dato che non è difficile trovarsi nelle condizioni di aver passato intere stagioni a costruire un’armata degna di tale nome per poi affrontare un avversario che decide di arrendersi di fronte alla nostra potenza militare: per carità, è un punto a favore del computer che sembra conoscere perfettamente i propri limiti e sa scegliere in autonomia le battaglie che vale la pena combattere, ma si tratta di una conclusione abbastanza deludente dopo il tempo investito per affermarci come una delle grandi potenze del regno. Inoltre, come tradizione dei capitoli di Total War più recenti, se non volete trascorrere più tempo davanti alle schermate di caricamento che ad interagire in qualche modo nella campagna, vi consiglio vivamente di installare Total War Three Kingdoms su un disco a stato solido.

Total War Three Kingdoms condivide molti degli alti e dei bassi degli altri episodi della saga: una porzione finale deludente, un’intelligenza artificiale al limite dell’accettabile e un buon quantitativo di animazioni decisamente sotto la media, tutte caratteristiche che affossano il tentativo di spiccare dai suoi simili con la modalità romanzata. Croce e delizia di questo nuovo episodio è che si tratta, né più né meno, di un ennesimo Total War con un sistema diplomatico arricchito, pane per i denti degli appassionati di questa particolare declinazione di giochi strategici ma privo di qualsivoglia connotato davvero degno di nota e, anzi, manchevole di alcuni aspetti che avevano sancito il successo di alcuni capitoli precedenti. Funzionale è il termine migliore che mi sovviene per definirlo, ed è un peccato considerato le potenzialità davvero enormi che non sono state sfruttate.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.