Negli ultimi tempi si tende in genere a parlare molto dei videogiochi per la scrittura, per la regia. Si guarda con attenzione il comparto tecnico, le animazioni. Il tutto, ovviamente, al di fuori del gameplay, che rimane in ogni caso il perno portante di una qualsiasi opera videoludica che si rispetti. Tuttavia, difficilmente si analizza il comparto musicale di un videogioco. Eppure è uno degli elementi più importanti del suddetto; si tratta di ciò che lo enfatizza nella sua interezza: essenza pura dell’emozione intrinseca in poetico ardore dell’anima. L’argomento mi sta particolarmente a cuore poiché oltre ad essere un appassionato di videogiochi lo sono anche e soprattutto di musica. La passione mi ha spinto anche a diventare, col tempo, musicista e compositore. A tal proposito, quindi, tendo sempre a curar particolare attenzione sul comparto musicale di qualsiasi produzione; pertanto, non solo dei videogiochi. In ogni caso, oggi sono qui proprio per parlare di questi ultimi e di come la musica sia uno degli elementi più importanti del medium; utilizzata anche per creare esperienze diverse, alcune di queste incentrate proprio sull’utilizzo delle colonne sonore come elemento vero e proprio di gameplay. Perché essa non è solo accompagnamento spicciolo, ma molto di più e solo la creatività sa quanto il comparto musicale possa avere risvolti infiniti in un’opera.
Dal mero sottofondo musicale all’interazione nel gameplay
I videogiochi, sin dagli albori, erano sprovvisti di musica. Venivano giusto ricreati degli effetti sonori per dar feeling alle azioni eseguite con un qualsiasi tipo di controller e qualche brevissimo jingle. Questo perché i supporti fisici dei software erano molto risicati (sì, oggi ce la ridiamo con patch di cinquanta e passa GB). Col passar del tempo, con hardware via via sempre più potenti e quindi supporti maggiori, la musica è diventata parte integrante di qualsivoglia produzione, tanto da diventare un vero e proprio standard. Oggi è impossibile, infatti, immaginare un videogioco senza colonna sonora (se non per una precisa scelta di game design). In ogni caso, il videogioco si è evoluto e così anche la musica al suo interno. Ai tempi ci si limitava ad avere dei semplici motivetti di accompagnamento di uno stage, alcuni anche veramente stellari, considerandone i limiti. Tutto sommato, però, restavano dei motivetti. Pian piano, questi motivetti si sono evoluti, diventando sempre più mastodontici ed immersivi. Si cominciava ad avere la sensazione di vera e propria opera musicale e non per altro potrei citarvi uno dei brani più possenti dell’industria videoludica, ovvero Aria di Mezzo Carattere del mitico Nobuo Uematsu. Si tratta di una particolare traccia di Final Fantasy VI, J-RPG dell’allora Squaresoft, prima dell’unione con Enix. Riconosciuto come uno dei capolavori più incredibili del genere tra quelli realizzati dalla software house nipponica, nonché da moltissimi come miglior Final Fantasy, insieme al VII capitolo (personalmente io ritengo il IV il migliore, seguito subito dal IX… ma magari ne riparleremo in uno speciale apposito sulla saga, a tempo debito). Insomma, parliamo indubbiamente di un pezzo di storia dove lo stesso Uematsu ha ribadito spesso che quello per il sesto capitolo della saga, creata e concepita da Hironobu Sakaguchi, sia stato il suo miglior lavoro. Difficile affermare quale sia la miglior colonna sonora realizzata dal compositore giapponese, ma di certo quando per un gioco hai composto temi come Dancing Mad e Aria di Mezzo Carattere è difficile non dire che sia il meglio. Parlavamo appunto di Aria di Mezzo Carattere, ma lo stesso discorso vale anche per Dancing Mad. Sono due tracce musicali che risultano essere molto più che dei semplici motivetti. Nonostante i limiti del Super Famicom/SNES ci troviamo dinanzi a due vere e proprie espressioni artistiche. Addirittura Aria di Mezzo Carattere è un’opera lirica che ha anche un’importante ruolo nelle vicende del gioco, ma non aggiungo altro (chi ha giocato, sa). Un’opera con un testo, in parte cantata, seppur quasi incomprensibile. Tuttavia, dannatamente bella e d’impatto. Brani che sono rimasti sicuramente nel cuore di chi ha avuto modo di giocare il sesto capitolo di Final Fantasy. Tralasciando comunque che io personalmente ritengo che Uematsu abbia svolto il suo miglior lavoro con il discusso Final Fantasy VIII. Sicuramente non all’altezza di altri capitoli, ma musicalmente ineccepibile.
La musica nel videogioco è stata anche mera sperimentazione. Come non citare i Bare Knuckle (Streets of Rage) di SEGA (il rivale di Final Fight di Capcom) con le musiche del grandissimo visionario, Yuzo Koshiro, le cui doti sono immense. Oltre ad essere un compositore dannatamente versatile (ha composto musiche per svariati generi videoludici di tutti i tipi) è anche un autore visionario e che ama sperimentare. Con la saga di Bare Knuckle il compositore nipponico ha sperimentato uno stile musicale frizzante molto vicino al genere acid house con però delle sonorità techno, passando persino per melodie dance, realizzando roba complessa con molto più di uno o due sintetizzatori. Koshiro lavorava con un PC-8801, nonostante il beat’em up di SEGA fosse un titolo anni ’90. Questo serviva indubbiamente per dare alla colonna sonora un’impronta più retro e ricollocarla molto più agli anni ’80, periodo che il gioco vuole richiamare stilisticamente. Per i tempi fu un lavoro pazzesco e ancora oggi la sua musica è attualissima, tant’è che se venisse lanciato un qualsiasi brano della saga da un DJ, in pochi si accorgerebbero che si tratti di musica appartenente ad un videogame.
Altri grandi compositori hanno sicuramente influenzato l’industria, ognuno a suo modo, come ad esempio Koichi Sugiyama, Koji Kondo, Yasunori Mitsuda, Motoi Sakuraba, Michiru Yamane, Yoko Shimomura o Akira Yamaoka, mentre altri non sono riusciti ad emergere del tutto, ad esempio Kinuyo Yamashita, Miki Higashino o Yasuhito Saito che però hanno svolto lavoroni di tutto rispetto (sappiate che Higashino ha lavorato a quelle perle di Suikoden I e II, prima che il testimone passasse a Yamane ed altri). Sakuraba e lo stesso Saito sono coloro che hanno portato la performance nelle proprie composizioni. Gli assoli di chitarra di Saito nei Rayxanber possono essere un esempio, oppure la mole di strumenti che Sakuraba inserisce puntualmente nelle sue composizioni; in quelle opere dove non è per niente poco ispirato (purtroppo lavori meno di impatto li ha fatti, il che potrebbe essere legato anche alla marea di colonne sonore a cui lavora contemporaneamente). Sugiyama è invece noto per le composizioni della serie Dragon Quest e il suo stile molto vicino alla musica classica è indubbiamente un suo tratto caratteristico e molti compositori di videogiochi lo ritengono un po’ come un punto di riferimento. Citando Kondo, invece, i due classici temi del primo Super Mario Bros. chi non li conosce? Non è forse anche merito di quelle due tracce musicali il successo del baffuto idraulico? Per non parlare delle incredibili colonne sonore della serie The Legend of Zelda. Michiru Yamane ha invece donato essenza al brand di Castlevania, però sappiate che è Kinuyo Yamashita l’autrice del tema più famoso della serie, ovvero il tanto amato Vampire Killer. Cosa dire invece di Yoko Shimomura? Ha sicuramente una carriera invidiabile e uno dei lavori più belli che ha realizzato (e che la stessa compositrice ritiene significativo per la sua carriera) è la splendida colonna sonora di Super Mario RPG. Shimomura ha comunque realizzato soundtrack di tutto rispetto, ma a lungo andare ha perso un po’ il suo smalto, facendo lavori di buonissimo livello, ma privi della sua carica di personalità. Però è maestra nei riarrangiamenti, basti vedere cosa non è in grado di fare in Super Smash Bros.. Parlando invece del buon Yamaoka, come non citarlo se non con Silent Hill? Parte dell’incredibilità di questa serie (almeno i primi quattro capitoli) è proprio merito del compositore nipponico. Sono tantissimi i titoli horror in circolazione nel panorama videoludico, ma come Silent Hill, nessuno. Questo perché le musiche e le sonorità che Yamaoka ha riversato in ogni capitolo del brand Konami sono davvero uniche. Il grado di tensione espresso dai semplici sound e dalle tetre ed inquietanti note uscite dalla sua immensa creatività è strabiliante. Silent Hill ti carica di angoscia, quasi ti fa tremare e lo fa solo e soltanto grazie alla sua incredibile atmosfera. Un’atmosfera fenomenale, garantita da quei bizzarri temi. Terrore e ansia, senza jump scare e nulla di tutto ciò. Abbiamo poi Yasunori Mitsuda che con Chrono Trigger ha dato prova delle sue enormi doti. Stanco di essere relegato a ruoli di poco conto, Mitsuda esigette di essere schierato in prima fila e il suo coraggio fu premiato, poiché dopo Chrono Trigger è stata la volta di Chrono Cross, Xenogears e tantissime altre composizioni, concludendo con lo splendido lavoro svolto per Xenoblade 2, l’esclusiva Switch targata Monolith Soft. Yasunori Mitsuda ha saputo creare brani straordinari toccando svariati generi e sperimentando sempre. Uno dei suoi capolavori rimane senza alcun dubbio Time’s Scars, l’incredibile e stravolgente intro che caratterizza l’opening di Chrono Cross.
Altri autori importanti che possiamo citare in questo articolo sono senz’altro Grant Kirkhope o David Wise, due compositori storici che hanno lavorato per anni nella cara vecchia Rare. Hanno realizzato brani memorabili e di grandissimo spessore. Basti pensare a Wise e i Donkey Kong Country (tant’è che ha lavorato pure a Tropical Freeze e il tocco in più rispetto a Returns si è visto, o meglio sentito, tutto). I suoi lavori, il suo tratto stilistico, la sua personalità, sono elementi che rendono unici i suoi brani. Bastano poche note per riconoscerlo. Lo stesso (e forse ancor di più) si può dire di Kirkhope, compositore che è riuscito a trasmettere in tutti gli episodi di Banjo-Kazooie una spensieratezza e un’allegria senza precedenti. Il capolavoro Rare non sarebbe lo stesso senza l’espressione musicale del buon Grant. Potrei star qui a citare una folta schiera infinita di autori, e lo farò, giusto per menzionarli e ricordar tutti la loro esistenza (suggerendovi di ascoltare le loro opere): Hiroki Kikuta (Koudelka e Secret of Mana), Marty O’Donnel/Michael Salvatori (Halo), Noriyuki Iwadare (Lunar: Silverstar Story, Grandia I & II), Jesper Kyd (Assassin’s Creed, Darksiders II), Gustavo Santaolalla (The Last of Us), Chris Hulsbeck (Turrican), Hiroyuki Sawano (XenobladeX, l’unico videogioco, ma negli anime sa il fatto suo), Kenji Yamamoto (Metroid Saga), Ryu Nagamatsu (Super Mario Galaxy 2, The Legend of Zelda: A Link Between Worlds), Sota Fujimori (Gungage, insieme a Michiru Yamane), Yasunori Shiono (Lufia), Shoji Meguro (Persona) e forse è meglio che mi fermi. Ognuno di questi ha dato tanto all’industria; chi più, chi meno. Ognuno ha il suo tratto distintivo, peculiare, unico. Senza di loro e tutti gli altri che non ho menzionato per scarsa memoria, i videogiochi non sarebbero gli stessi, attualmente. Perché la musica è un dono importante e nel panorama videoludico, ancor di più.
Veniamo ora però all’interazione nel videogioco: tra i primi titoli ad introdurre la musica non solo come mero strumento per accompagnare un’opera ma anche come elemento di gameplay c’è sicuramente The Legend of Zelda: Ocarina of Time. I primi piccolissimi esperimenti arrivarono già con il primo Zelda (e Super Mario Bros. 3, visto che entrambi sfruttano lo stesso flauto), Kamigami no Toraifousu (A Link to the Past) e Link’s Awakening, ma fu con Ocarina of Time che Nintendo diede la svolta definitiva. Come suggerisce il titolo, l’ocarina del tempo è lo strumento principale dell’opera ed ha un ruolo determinante nel gameplay del capolavoro di Shigeru Miyamoto. La musica in Ocarina of Time ha infatti parecchi ruoli. C’è persino un punto in cui bisogna basarsi sull’ascolto della musica per trovare il percorso giusto Prendendo comunque in esame lo strumento musicale, possiamo vedere quanto sia utile per i viaggi rapidi, per attivare particolari strutture o marchingegni, per far apparire o scomparire piattaforme magiche, per far ballare un Goron (saprete benissimo quale), per parlare con il personaggio di Saria, per passare dal giorno alla notte e per molto altro ancora. I temi che il giocatore suona (letteralmente) con l’ocarina avranno questi e tanti svariati effetti, a seconda delle proprie esigenze o di quelle del gioco. Aspetto anche evoluto con il seguito, Majora’s Mask, dove con l’ocarina è possibile controllare il tempo, rallentandolo o facendolo scorrere più velocemente, oppure riavvolgerlo, tornando al primo dei tre giorni in cui è ambientato il titolo. La saga di The Legend of Zelda, dopo questi due capitoli, si è poi contraddistinta proprio per il fatto che introducesse (quasi sempre) degli strumenti musicali, come ad esempio la bacchetta del vento in The Wind Waker o la lira in Skyward Sword (seppur dal punto di vista immersivo sia notevole, lo è di meno in quello dell’utilizzo in sé), tanto per citarne due.
Se con Zelda l’interazione musica-gameplay ha toccato vette qualitative eccezionali, con Lost Odyssey il buon Nobuo Uematsu ha potuto sperimentare un qualcosa che per i tempi era un elemento piuttosto peculiare e caratteristico. Chi ha giocato la piccola perla di Hironobu Sakaguchi e Mistwalker saprà che l’opera vanti l’introduzione dei Mille anni di sogni, vere e proprie novelle scritte dal romanziere giapponese, Kiyoshi Shigematsu. Racconti strappalacrime, struggenti ed emozionanti che sanno come lacerare i sentimenti e il cuore dei lettori, e a dar manforte agli incredibili testi ci pensano le dolorose note di Uematsu, semplici e malinconiche, intrise di quell’enfasi che solo lui e nessun altro avrebbe potuto donare al gioco, in quel modo. Chiaramente tutti si ispirano agli autori del passato e maestri indiscussi della musica classica come Bach, Verdi, Mozart e compagnia cantante, reinterpretando le opere del passato in chiave moderna. Lo stesso Sakuraba per Eternal Sonata ha reinterpretato alcune musiche di Chopin in un gioco che vede quest’ultimo protagonista. Un titolo che ci racconta la storia del compositore franco-polacco gravemente ammalato, in un viaggio tra sogno e realtà, reinterpretando parte delle sue opere musicali. Anche la saga di Metal Gear Solid sa il fatto suo, musicalmente parlando. Forse è una delle poche che riesce ad enfatizzare maggiormente i momenti toccanti di un videogame. Merito sì della superba regia di Hideo Kojima, ma anche di come ogni momento memorabile venga immortalato attraverso note meravigliose. Come non ricordare la meravigliosa ed emozionante The Best Is Yet To Come del primo capitolo? Ancora oggi qualche lacrima riga il mio viso durante l’ascolto, specie se penso a come viene sfruttata in Metal Gear Solid 4 (la trovate alla fine di questo pezzo, giusto per far commuovere anche voi).
Che ci emozionino oppure carichino di adrenalina, o semplicemente abbiano delle interazioni nel gameplay o rendano epici dei particolari momenti, la musica nei videogiochi è un elemento importantissimo, nonché fondamentale, di cui non si può fare proprio a meno. Forse si può chiudere un occhio su una grafica di minor impatto o su una narrazione ed una storia non brillante, ma se musicalmente un titolo fa cilecca, allora di sicuro l’opera ci perde parecchio; perché la musica, dopotutto, è parte integrante del gameplay, in maniera diretta o indiretta che sia. Inoltre, diciamocelo: arrivare ai titoli di coda con una ending di prelibato spessore è proprio tutt’altra musica. Le emozioni provate risultano allora, e solo in quel preciso istante, indescrivibili.