Good Omens Recensione

Good Omens

Good Omens | Pochi giorni per scongiurare l’Armageddon: il Bene ed il Male iniziano inspiegabilmente a cooperare. Si potrebbe riassumere così la nuova serie comparsa da qualche giorno su Amazon Prime Video, Good Omens. Una co-produzione in grande stile quella pianificata dalla inglese BBC assieme alla dot company di Jeff Bezos, che impone il classico formato in 6 episodi per dare un volto a quei magnifici personaggi che già appartenevano al romanzo Buna Apocalisse a tutti!, firmato negli anni ’90 da Terry Pratchett e Neil Gaiman.

Good Omens

David Tennant e Michael Sheen

Good Omens è un concentrato di british humor e riferimenti biblici

Una delle cose più affascinanti del cinema (e più in generale di ogni prodotto audiovisivo) è la necessità di considerare un titolo in virtù del momento storico in cui è stato prodotto. Non si potrebbe mai guardare C’era una volta il West di Sergio Leone senza tener conto del fatto che usciva nelle sale nel 1968, così come non si potrebbe mai guardare Avatar senza tener conto delle guerre neo-coloniali che avevano devastato Afghanistan ed Iraq pochi anni prima. Se allora volessimo continuare a dare un taglio storiografico anche a Good Omens, il romanzo di Gaiman e Pratchett risulterebbe particolarmente adatto a raccontare la situazione britannica dell’immediata contemporaneità. Perché, stando alle previsioni di economisti ed esperti di mercato, la vera Apocalisse anglosassone sarà molto più recente di quanto si creda ed ha già un nome ben definito: Brexit. Letta seguendo questa suggestione, la serie ideata dallo stesso Gaiman (già autore su Prime di American Gods) deve aver risentito non poco delle sirene allarmiste che risuonano dalle parti della Perfida Albione. La ricetta per sopravvivere è allora semplicissima. Una cinica, disincantata, inglesissima risata.
Fiumi di Talisker cementificano nei secoli un’amicizia apparentemente impensabile, quella tra l’angelo Azraphel (Michael Sheen) e la nemesi Crowly (David Tennant), emissari terrestri dei rispettivi avamposti etici che, una volta giunti sulla Terra, si ritrovano in sintonia come lo Yin e lo Yang  (per approfondire si veda il meraviglioso incipit dell’ episodio 3). Con queste prospettive il Giorno del Giudizio sembra più un episodio extra della Trilogia del Cornetto di Edgar Wright

Good Omens

Una scena della serie

Attori incredibili caratterizzano al meglio i rispettivi personaggi

Quando la coppia Azraphel-Crowly inizia a dare il meglio di sé sembrerebbe di riassaporare certi battibecchi su cui era stata costruita la fortuna di un’altra serie avente per protagonista David Tennant, Broadchurch. In quel caso l’ “Angelo del Bene” era la favorita Olivia Colman, una vice-commissario che cercava di tenere a bada gli istinti nichilisti del suo superiore, interpretato appunto da Tennant. Anche nel caso di Good Omens, l’attore scozzese sembra riprendere quel repertorio hard boiled per caratterizzare un demone irrimediabilmente schiavo delle passioni, che si permette il lusso di provare sentimenti indicibili per chi viene dall’Ade ed ascolta i Queen a tutto volume, senza mostrare alcun senso di colpa.  Chiudono il cerchio le due voice over che esprimono i pensieri di Dio e di Satana. Da una parte Frances McDorman (del resto Dio non può che essere donna…) dall’altra un Benedict Cumberbatch che rispolvera le antiche tonalità di Smaug, interpretato in Lo Hobbit

https://www.youtube.com/watch?v=hUJoR4vlIIs

In sintesi Good Omens è una serie che mostra di non avere alcun difetto di fabbrica. Durante le puntate di questa prima stagione animo nerd e cipiglio iconoclasta dimostrano di poter dialogare contribuendo  alla realizzazione di un prodotto intelligente, che parla ad un pubblico vastissimo pur riuscendo a mettere comunque tutti d’accordo. Chapeau!

Gianluca la passione per il cinema la scopre a 4 anni, quando decide che il suo supereroe nella vita sarà sempre e solo Fantozzi. 
Poi però di quella passione sembra dimenticarla fin quando, un giorno, decide di vedere uno dietro l’altro La Dolce Vita di Fellini, Accattone di Pasolini e La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Da quel momento non c’è stato verso di farlo smettere di scrivere e parlare di cinema, in radio e su portali online e cartacei. 
Vive a Roma perché più che una città gli sembra un immenso set su cui sono stati girati chilometri e chilometri di pellicola. 
Odia le stampanti.