Black Mirror 5 Recensione| Tre episodi da poco più di un’ora l’uno. Black Mirror è diventata grande e dell’originale serie antologica andata in onda per la prima volta su Chanel 4 nel 2011 resta ben poco. Nel bene e nel male. Lo schermo diventa sempre meno scuro e, parafrasando un antico spot che pubblicizzava la serie qualche anno fa, the future is bright. All’epoca di quella réclame il futuro era lucente perché un bambino ancora in fasce veniva avvolto dal chiarore algido di un tablet. Stavolta invece tale lucentezza è scaturita dalla consapevolezza che, in fin dei conti, con la tecnologia si vive molto meglio. E sarebbe stupido non rendersene conto.
Una scena di Striking Vipers (ep. 1)
Black Mirror 5 è una serie ormai adulta, in cui ogni episodio aspira a diventare film
Dopo l’esperimento multi-plot di qualche mese fa, Bandersnatch, il gotha della distopia contemporanea, Charlie Brooker torna a formati più canonici, scrivendo tre storie che, per durata e tematiche proposte, aspirano definitivamente alla monumentalità del lungometraggio. D’altronde la necessità di evolversi in qualcosa di più costruito la si era intuita già agli inizi della terza stagione, cioè quando si consumava il sacrilego tradimento delle istanze originali per approdare ad una policy più inclusiva, quella dettata dall’approdo del format su Netflix. All’epoca in tanti avevano storto il naso, ed il dubbio che Black Mirror non sarebbe mai più stata la “vera” Black Mirror diventava certezza con l’uscita della quarta stagione. Se però in quei casi il sospetto era giustificato da un’effettiva perdita di mordente critico ed appetibilità narrativa, sacrificati sull’altare di un’estetica sempre più compiuta, i rapporti di forza stavolta sembrano essersi di nuovo ribaltati. Ed accusare Brooker di aver snaturato la serie non ha davvero più senso.
Miley Cyrus nell’episodio “Rachel Jack e Ashley Too”
Sessualità, solitudine e consumismo: la tecnologia passa in secondo piano
Se in Striking Vipers l’iperrealismo di un videogioco in VR è una pretesa per raccontare la libertà sessuale, lo stesso procedimento di elevazione a tematiche “altre” si riscontra anche in Smithereens ed in Rachel, Jack e Ashley Too. Nel primo caso – forse il più vicino alle venature di Black Mirror prima maniera – un sequestratore si ritrova a trattare direttamente con il capo di un importante social network, facendo così emergere quanto certe compagnie della Silicon Valley al giorno d’oggi siano persino più efficienti dell’apparentemente superato Stato di diritto (e dei suoi metodi per garantire l’incolumità del cittadino). In Rachel, Jack e Ashley Too invece la messa in commercio di una bambolina-automa ispirata ad una cantante (Miley Cyrus) diventa più il pretesto per raccontare lo spietato mondo dello star-system, della musica da produrre ad ogni costo. Nulla rimane delle macchine pronte a prendere il sopravvento sull’uomo. Kubrick ed Orwell – riferimenti costanti nelle prime stagioni – cedono il passo ad una visione del futuro che sicuramente continua ad essere critica, ma in cui la causa scatenante della crisi non è più il rapporto con le intelligenze artificiali, quanto piuttosto l’essere umano in quanto tale, un animale che prova emozioni e vive in un mondo che costantemente prova a sabotargliele.
https://www.youtube.com/watch?v=2bVik34nWws
La nuova stagione di Black Mirror continuerà a deludere chi non ama le storie a lieto fine, ma sicuramente verrà apprezzata da chi, invece, guarda questi tre episodi come parte di un percorso iniziato 8 anni fa, ma con ancora un enorme potenziale narrativo. Le scelte fatte da Brooker & Co. si dimostrano coerenti con la linea già intrapresa nelle passate edizioni. Nonostante gli episodi siano soltanto tre ed il minutaggio sia cresciuto rispetto al passato, resta la sensazione di essere di fronte a storie troppo articolate per esaudirsi in soli 70 minuti. Il finale allora arriva in maniera brusca, senza aver soddisfatto le sottotematiche che ben arricchivano la trama principale. Forse è giunto proprio il momento di pensare ad una edizione cinematografica di Black Mirror. Magari da proiettare direttamente in sala!