I Am Mother Recensione

I Am Mother

I Am Mother | Disponibile su Netflix a partire dal 7 giugno, I Am Mother è il lungometraggio d’esordio di Grant Spudore. Il film, un thriller sci-fi, trae ispirazione da opere di fantascienza come Terminator o Ex Machina, dalle quali riprende e, tenta, di rielaborare il discorso sul futuro dell’umanità e del pianeta Terra. La vicenda si svolge all’interno di un tecnologico laboratorio, dove un robot chiamato Mother si occupa del ripopolamento terrestre. Suo compito è infatti quello di allevare migliaia di embrioni. In particolare, segue la crescita e l’educazione di Daughter (Clara Rugaard), a cui sembra essere particolarmente legato. L’arrivo di Woman, interpretata dalla due volte premio Oscar Hilary Swank, getterà però un’ombra sulla loro routine, mettendo in discussione tutto ciò in cui Daughter ha sempre creduto.

I Am Mother: una riflessione sulla deriva umana

Sono molte le questioni filosofiche e fantascientifiche che il regista (e sceneggiatore) Michael Lloyd Green pone sul piatto, tentando di affrontare una riflessione sulla deriva umana e sulle conseguenze di cui risente il pianeta; un discorso ambientale sempre più presente nel cinema contemporaneo, che attraverso il genere sembra trovare il canale privilegiato per una maggiore sensibilizzazione del pubblico. C’è un generale senso di inquietudine che aleggia sul film, un’oppressione che ben presto porta a un climax, forse prevedibile, ma che a suo modo riesce a generare un certo impatto durante la visione.

La costruzione di quest’atmosfera si dimostra tuttavia impoverita da una scarsa ricerca della componente visiva, che è sacrificata in favore di personaggi che non brillano però per grande approfondimento psicologico. Affidandosi per buona parte a loro, Spudore finisce con il trascurare quelle che potevano rivelarsi le vere potenzialità del film, privilegiando la parola all’immagine, finendo con il trascurare gli importanti discorsi e temi che il film proponeva negli atti iniziali; un peccato, specialmente considerando alcuni momenti che si distinguono per alcune scelte di regia particolarmente convincenti e accattivanti, che avrebbero probabilmente meritato di essere approfondite ed estese all’intero film.

Spudore dimostra dunque di avere talento e un certo gusto estetico, ma sembra ancora alla ricerca di un coraggio narrativo che potrebbe portarlo su ben altri livelli. I Am Mother fallisce così nel suo intento di proporsi come nuova riflessione sulle intelligenze artificiali, sulla clonazione, sulla natura umana e sull’impatto ambientale, lasciando insoddisfatti da un punto di vista prevalentemente narrativo, promettendo più di quanto in realtà mostri effettivamente.

Gianmaria è sempre stato un grande appassionato di cinema e scrittura, tanto da volerne fare la sua professione. Studiando queste materie all'Università decide di fondere le sue passioni nella critica cinematografica e nella scrittura di sceneggiature. Tra i suoi autori preferiti vi sono Spike Jonze, Noah Baumbach e Richard Linklater.