Gli zombie sono, senza ombra di dubbio, uno degli elementi più inflazionati e sfruttati nel mondo dell’intrattenimento: difatti partendo dal cinema, passando al fumetto e culminando con i videogiochi, i non morti rappresentano una costante quasi imprescindibile, capace di coinvolgere costantemente l’utente. Sarà per la sensazione di costante precarietà, o magari per la realisticità di una possibile contaminazione batterica, ma i mangiacarne riescono sempre nell’ardua impresa di stuzzicare e stimolare i player, coinvolgendoli in un turbinio di emozioni altamente gratificanti. Come abbiamo detto, insomma, il nostro amato medium è anch’esso invaso – è davvero il caso di dirlo – da continue produzioni a tema putridi, riproposte in tutte le salse: single player, action rpg, multiplayer e con finalità cooperative. Della prima e l’ultima categoria appartiene anche Zombie Army 4 Dead War, nuovo capitolo della saga nata come spin off della serie di Sniper Elite, e poi evolutasi in una formula di gioco unica e del tutto peculiare, caratterizzata da un elemento in particolare in grado di far esultare alacremente i fan: continua e ripetuta violenza sui cadaveri ambulanti. Grazie alla nostra prova avvenuta all’E3 2019, ora siamo in grado di fornirvi un quadro completo del titolo, potendovi illustrare tanto i punti di forza quanto quelli di debolezza.
I walkers in tutta la loro orripilante bruttezza.
Zombie Army 4 Dead War: Carne da macello!
Zombie Army 4 Dead War, proseguendo sul filone diretto dei predecessori, è uno sparatutto in terza persona, affrontabile interamente sia in solitaria che con il supporto di fidati amici. La produzione pone il giocatore in un ambiente solitamente lineare e piuttosto claustrofobico, nel quale i fruitori dovranno collaborare per creare le migliori strategie per respingere le offensive nemiche. Ciò che emerge in maniera veemente dalla produzione è che l’ossatura di base del titolo è rimasta praticamente invariata: avremo, difatti, l’occasione di scegliere il nostro armamentario, di potenziarlo a piacimento, di selezionare delle abilità in battaglia e di gestire al meglio gli scontri sfruttando un ampio roster di esplosivi. Ciò che è sensibilmente migliorato, invece, è risultata essere la profondità con cui agire sulle statistiche del personaggio: nel corso delle partite avremo la possibilità di scovare in giro dei kit di potenziamento, con i quali incrementare sensibilmente il potenziale offensivo del nostro equipaggiamento, oppure potremo ottenere puniti esperienza da investire in un albero della abilità nettamente più stratificato che nei capitoli originali, senza dimenticarci l’opportunità di dar sfogo al nostro istinto omicida facendo affidamento su mine, ordigni e granate particolarmente variegate.
Tutto insomma è stato pensato per garantire ai fruitori una libertà d’azione maggiormente estesa, con il chiaro obiettivo di consentire ai player di costruirsi il match prediletto in base alle proprie conoscenze e competenze. All’inizio di ogni game, inoltre, potremo scegliere uno dei quattro character disponibili, ognuno dei quali dotato di skill peculiari e di una propria personalità, la quale dovrà poi chiaramente legarsi allo stile di combattimento adottato in battaglia. Se decideremo, per esempio, di impiegare Karl – il cecchino specializzato – è chiaro che dovremo concentrare la nostra attenzione sugli sniper, sfruttando soltanto collateralmente armi a corto raggio. Questo, a nostro modo di vedere, è stato chiaramente pensato per permettere ai vari “party” di offrire soluzioni di gameplay per tutti i tipi di scontri, grazie proprio alla differente giocabilità che ogni utente poterà avanti. Gli strumenti di morte, poi, varieranno in base a tre categorie principali: cecchini, mitragliette e pistole, per una varietà generale non esagerata ma comunque soddisfacente.
Un non morto suicida che tenterà di farsi esplodere.
Tra legnosità e strategia
Nel quadro complessivo del prodotto, ciò che convince poco è la generale sensazione di legnosità che il sistema di movimento offrirà al player: difatti spesso ci ritroveremo quasi “ingarbugliati” nelle impacciate movenze dei personaggi, i quali appariranno particolarmente macchinosi nel compiere determinate azioni. Non mettiamo in dubbio che la lentezza negli spostamenti sia una precisa direzione imposta dal team per incrementare la sensazione di timore e oppressione propagata tanto dagli ambienti di gioco quanto dai mangiacarne stessi, ma ciò non toglie che la decisione intrapresa – a nostro modo di vedere – infici sulla giocabilità del titolo, la quale sarebbe potuta apparire nettamente più appassionante. Per il resto, il gameplay della produzione ruoterà attorno allo studio meticoloso dell’ambiente di gioco, il quale nasconderà in bella vista tutta una serie di escamotage per velocizzare il processo di estinzione dei nazisti non morti: difatti, sparse un po’ ovunque, troveremo trappole, barili esplosivi e mezzi improvvisati di distruzione di massa dall’altro valore mutilante, in grado di decimare velocemente nutriti gruppi di putridi. Non abbiamo che potuto ritenere interessante la scelta di rendere i combattimenti maggiormente strategici, in quanto sarebbe stato estremamente semplice proiettare tutto sulla confusione generale piuttosto che nell’analisi preliminare delle location: davvero ben fatto.
Zombie Army 4 Dead War rappresenta il degno prosieguo di una saga apprezzata e contraddistinta da una propria filosofia di gioco: i passi in avanti rispetto alla trilogia sono evidenti e tangibili, e ora la produzione richiederà una concentrazione superiore sia sullo sviluppo del personaggio che sul potenziamento delle proprie armi. Permangono ancora dei dubbi sulla macchinosità delle movenze dei character principali, i quali in più di un’occasione ci sono apparsi alquanto legnosi, ma c’è tutto il tempo per rodare e perfezionare il sistema. Non manca molto all’uscita del prodotto, stabilità per il 2020: le orde fameliche di non morti stanno per tornare; è giunto il momento di armarci e prepararci alla battaglia finale.