Toy Story 4 Recensione

Toy Story 4 | E così, a quasi 10 anni di distanza da La grande fuga, una delle saghe Disney più famose ed apprezzate torna con un nuovo divertentissimo capitolo. Possiamo dirlo subito, in queste primissime righe: Toy Story 4 è un film riuscitissimo, di cui, oltre alle capacità artistiche espresse dalla Pixar, salta all’occhio l’incomparabile efficacia nel raccontare storie alla portata di tutti, da sempre. Protagonista indiscusso della sinossi è sempre Woody, cowboy di peluche un tempo doppiato da Fabrizio Frizzi (Tom Hanks nella versione originale) che invece oggi ha la voce di Angelo Maggi. Sembrano lontani i tempi in cui Woody passava i pomeriggi assieme a Andy, un bambino ormai diventato grande che ha riposto il suo giocattolo preferito in una scatola. Ora il pupazzetto appartiene a Bonnie, una bambina sorridente attratta però da altri modi per divertirsi. Così il povero Woody si ritrova spesso negli angoli più remoti dell’armadio.

Toy Story 4

Il gruppo al completo.

Toy Story 4 ed un mito che non tramonta mai

I minuti iniziali di questo quarto capitolo firmato Josh Cooley ricordano, in certi momenti, la parte preliminare di Up, altro intramontabile lavoro realizzato dalla Pixar Animation Studios. E se in quel film del 2009 lo scorrere delle sequenze condensava gli attimi significativi di una storia d’amore tra uomo e donna (protagonista del film era l’apparentemente cinico signor Fredricksen), il presunto legame amoroso che tiene in piedi le scene di Toy Story 4 è quello tra bambino e giocattolo. Il caro cowboy Woody, ad un certo punto del film, spiega al nuovo arrivato Forky quale dev’essere la mission di un giocattolo che si rispetti, e cioè «regalare al bambino i momenti più belli della sua infanzia». Allora, forse, il nucleo di questa storia sta tutto lì, nella presa di posizione netta nei confronti di giochi usa e getta, di mode passeggere e di industrie videoludiche che non badano abbastanza all’affezione, al legame profondo tra “personaggio” e “giocatore”. In un contesto come quello contemporaneo, Disney-Pixar ci racconta ancora un mondo egemonizzato dai “giochi di una volta”, in cui l’unica cosa che davvero conta è la fantasia di chi sa inventare storie. Bonnie preferisce divertirsi fantasticando con Forky, un pupazzetto da lei stessa costruito durante il giorno di prova all’asilo ed assemblato incollando un paio di occhi su di una forchetta di plastica. Forky però di giocare con la ragazzina non ne vuole sapere. Più che un pupazzo si sente un rifiuto. Allora Woody si risveglia dall’abbattimento iniziale e lavora nell’ombra per garantire alla sua bambina un’infanzia felice, circondata dai giocattoli che ama. Il suo diventa allora una sorta di viaggio dell’eroe in cui dimostra che, nonostante la veneranda età, può essere ancora capace di imprese epiche. Da vero stalliere del Far West…

A rapporto!

Toy Story 4: Un film d’animazione travestito da action movie

Uno dei fattori meglio riusciti del film è la capacità di integrare giocattoli della vecchia generazione con personaggi nuovi, ben caratterizzati e soprattutto divertenti. Il tutto avviene senza alcun timore reverenziale, senza mai idolatrare figure chiave della saga come Woody e Buzz Lightyear. Grazie a new entry tipo Gabby Gabby e a grandi ritorni come Bo PeepToy Story 4 prende una piega che allude alla continua contaminazione tra i generi, mescola fasi action alla commedia sentimentale e al road movie.

Non poteva esserci ritorno migliore per la banda di giocattoli più famosa del mondo. La Pixar mostra i muscoli e, ancora una volta, regala agli spettatori delle immagini di rara bellezza. Guardando l’evoluzione dei loro prodotti si ha sempre più l’impressione che il riferimento prediletto dalla casa di produzione americana sia certo iperrealismo anni ’60 (quello della scuola di Chuck Close, Richard Estes, Ralph Goings), che tende a far diventare cinema il cartoon segnando dei passi sempre più decisi verso la trasmedialità del futuro. Anzi, verso l’infinito e oltre… 

Gianluca la passione per il cinema la scopre a 4 anni, quando decide che il suo supereroe nella vita sarà sempre e solo Fantozzi. 
Poi però di quella passione sembra dimenticarla fin quando, un giorno, decide di vedere uno dietro l’altro La Dolce Vita di Fellini, Accattone di Pasolini e La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Da quel momento non c’è stato verso di farlo smettere di scrivere e parlare di cinema, in radio e su portali online e cartacei. 
Vive a Roma perché più che una città gli sembra un immenso set su cui sono stati girati chilometri e chilometri di pellicola. 
Odia le stampanti.