Qualcuno ricorda Supermassive Games, ossia gli sviluppatori di Until Dawn, apprezzata – ma al contempo controversa – esclusiva PlayStation 4? Ebbene, non sono spariti nel nulla: negli ultimi tempi, infatti, lo studio ha stretto una collaborazione con Bandai Namco per portare avanti la formula, iniziata quattro anni fa, con The Dark Pictures Anthology, una vera e propria antologia horror a puntate, servendosi di un modello produttivo sostanzialmente inedito per quanto riguarda i videogiochi. Quel che cambia rispetto al passato è il tono, un po’ meno scanzonato, ma caratterizzato da una scrittura che si prende un po’ più sul serio ed è incentrata su un gruppo di personaggi un po’ più maturi dei giovani protagonisti di Until Dawn, oltre che non più nell’età di passaggio fra high school e college. Il primo titolo della serie è Man of Medan, che verrà pubblicato il prossimo 30 agosto: noi abbiamo potuto provarlo nel booth del publisher durante l’E3, in una breve demo durata circa un quarto d’ora.
Man of Medan è un Until Dawn più condensato e meno scanzonato
Ad averci intrigato, di quel che abbiamo potuto giocare, era soprattutto il contesto iniziale, che vedeva cinque ragazzi in viaggio in barca nell’Oceano Pacifico, con il dichiarato scopo di riportare alla luce dei reperti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Il gruppo, eterogeneo e composto da universitari, aspiranti archeologi e avventurieri, è interpretato da un cast d’eccezione, sebbene più ristretto per via della struttura episodica dell’antologia immaginata da Supermassive: troviamo dunque Shawn Ashmore (Quantum Break) nel ruolo del biondo e ribelle Conrad, Ayisha Issa, Chris Sandford, Arielle Palik e Kareem Tristan Alleyne, quasi tutti più o meno impegnati in produzioni di alto calibro negli ultimi anni. I cinque, per un motivo che per ora non è dato conoscere, vengono improvvisamente rapiti da un gruppo di uomini misteriosi, una sorta di organizzazione dagli intenti non ancora rivelati, che li rinchiudono sotto coperta e sequestrano la loro barca, mentre fuori infuria una tempesta. La demo, così come il gioco finale, è interamente basata sulle scelte, che costituiscono il fulcro dell’esperienza di Man of Medan: in ogni situazione ciascun personaggio può scegliere fra due modi di porsi e di agire, cambiando anche in maniera drastica il corso degli eventi, almeno a parole. Ad esempio, i cinque ragazzi possono scegliere se mostrarsi collaborativi coi loro aguzzini oppure tentare la fuga, con il rischio di rendere la situazione ancor più spinosa e sempre meno gestibile.
Peccato non aver potuto rigiocare il breve spezzone per compiere scelte differenti, perché questa possibilità ci avrebbe aiutato a capire l’impatto di ogni scelta sulla storia, impatto che, comunque, è sembrato quasi sempre abbastanza rilevante: in pochi casi, specie all’interno delle scene d’azione, abbiamo avuto la sensazione che, scegliendo l’altro percorso, la situazione sarebbe andata esattamente nello stesso modo. L’impressione, piuttosto, è che Man of Medan si basi, ancor più di Until Dawn, sulle sfumature e sul come cambia il rapporto fra i personaggi in base a cosa scegliamo: un elemento della cui rilevanza siamo già certi, perché promesso dagli stessi sviluppatori come fulcro della loro visione, è la possibilità di perdere ogni singolo personaggio e farlo morire in diversi modi, qualora non si decida per il meglio nei momenti cruciali.
Menzione d’onore, infine, per il comparto tecnico: sebbene in alcuni stacchi di camera (specie all’esterno della barca) abbiamo potuto notare qualche elemento poco convincente, come una realizzazione del mare non sempre ottimale e qualche texture di bassa qualità, l’insieme ci ha tutto sommato convinto. I volti dei protagonisti, così come quello dell’antagonista principale della demo – privo della vista in un occhio – sono realizzati con una cura sopraffina, così come le loro animazioni facciali, figlie di un motion capture praticamente perfetto e senza mai una sbavatura. Ottimi anche il doppiaggio e il lip-sync, mentre c’è da rivedere ancora qualcosa nelle animazioni: inezie, comunque, facilmente risolvibili prima del lancio o con eventuali aggiornamenti successivi.
Man of Medan, insomma, ci ha davvero intrigato: il nuovo videogioco di Supermassive Games è praticamente un Until Dawn senza lo stesso nome e il supporto di Sony alle spalle, un po’ più serio nella scrittura e al contempo pensato per offrire un’esperienza con valori produttivi leggermente inferiori, più breve e condensata, ma ugualmente immersiva. Non manca molto al lancio, che avverrà su tutte le piattaforme principali (Switch esclusa) alla fine di quest’estate: l’attesa per potervelo raccontare meglio, approfondendo il discorso su elementi come sceneggiatura, longevità e via discorrendo, non sarà poi così lunga.