Dragon Star Varnir Recensione

Dragon Star Varnir

Quando si parla di Compile Heart, la mente dei conoscitori si sposta sui loro franchise più affermati come Neptunia e Agarest War ma, soprattutto, sul budget relativamente basso che investono per ciascun progetto e sullo stile molto harem-centrico che vede spesso le trame come un pretesto per infilare il protagonista di turno all’interno di un poligono amoroso che coinvolge tutti i comprimari di sesso femminile. A prima vista, questo loro Dragon Star Varnir (竜星のヴァルニール: Ecdysis of the Dragon, Varnir della Stella del Drago: La Muta del Drago in originale) non fa eccezione e, sebbene i vari video relativi alla versione giapponese suggerissero la presenza di un sistema di skill molto interessante e di meccaniche di combattimento piuttosto originali, il sospetto di non rientrare nel target di riferimento di questo nuovo progetto Galapagos RPG, un brand che la sussidiaria di Idea Factory ha inaugurato con Fairy Fencer F e che mira alla produzione di giochi di ruolo orientati specificatamente al mercato nipponico, si era comunque fatto largo nella mia testa. Eppure, nonostante il sentore avverso, il titolo mostra qualche sprazzo di inventiva capace di tenere desta l’attenzione fino in fondo.

Dragon Star Varnir

Gli scontri su più livelli sono un elemento inedito e divertente

Già le premesse di Dragon Star Varnir sono alquanto singolari: gli esseri umani del pianeta Varneria si trovano in un costante stato di guerra contro streghe e draghi, con le prime legate a doppio filo ai secondi a causa di un terribile anatema che le rende, di fatto, delle incubatrici viventi. Tutte le fattucchiere portano infatti un embrione di drago in grembo, che conferisce loro incredibili poteri magici e facoltà rigenerative ma, di contro, necessita di nutrimento continuo dal suo ospite cui restano tre sole alternative: rinunciare al cibo e scivolare lentamente verso la follia, soddisfare le brame del parassita squamoso finché questi non lo divorerà dall’interno, oppure vivere una frugale esistenza sotto la perenne minaccia dell’uno o dell’altro destino. Va da sé che nessuna strega sia particolarmente entusiasta di portare questo fardello, ma il Sacro Impero di Varneria decide di non fare alcuna distinzione ed istituisce un corpo speciale, i Cavalieri del Requiem, la cui unica missione è quella di sterminare qualsivoglia rettile o incantatrice abbiano la disgrazia di incrociare i loro passi. Inoltre, tra le fazioni in lotta si inseriscono anche i Corvi, un gruppo di mercenari che punta ad abbattere più creature volanti possibili per condurre esperimenti sulle carcasse e fabbricare congegni tecno-organici che li aiutino in battaglia. Zephy, il protagonista nonché membro del summenzionato ordine cavalleresco, si ritrova isolato dal suo gruppo e aggredito da un mostro errante durante una perlustrazione: ridotto in fin di vita, viene trovato da un gruppo di tre maghe che, nel tentativo di soccorrerlo, gli lasciano bere un sorso di sangue di drago. Tra lo stupore generale, il ragazzo non solo recupera le forze ma risveglia anche un potere sopito che lo trasforma nel primo “strigo” della storia ma, in conseguenza di ciò, l’Impero lo marchia come reietto e lo costringe a rifugiarsi proprio tra le sue salvatrici, che ha dovuto combattere per tutta la vita. Inizia così la sua personale odissea alla scoperta delle antiche radici della maledizione e di un modo per liberarsene una volta per tutte.

Dragon Star Varnir: di streghe, draghi e maledizioni

Malgrado non siano proprio inedite, le basi della storia sono intriganti al punto giusto e offrono una ricca serie di spunti che si sarebbero potuti evolvere in un ampio reticolato di dilemmi etici: sfortunatamente, il prologo cade vittima della voglia eccessiva di accalappiare l’interesse del giocatore tempestandolo di informazioni relative a personaggi e ambientazioni, ma il prosieguo dell’avventura non riesce ad approfondirli in maniera opportuna e molte di essi rimangono dei semplici accenni che cadono nel dimenticatoio subito dopo essere stati introdotti. Il compito di trainare le vicende fino in fondo ricade dunque sulle spalle di protagonisti e comprimari, sui quali le vicende si soffermano abbastanza a lungo da concedere a ciascuno di loro l’opportunità di rubare la scena per fare luce sul proprio passato e sulle motivazioni che li hanno spinti ad unire le forze per uno scopo comune. E’ vero, spesso la narrazione si avvicina pericolosamente allo stile classico di una qualsiasi serie con un eroe maschile circondato da una pletora di spasimanti più o meno sfacciate, ma bisogna riconoscere agli sviluppatori il merito di essere riusciti a bilanciare le sfaccettature romantiche senza permettere loro di prendere le redini del racconto, quantunque le caratteristiche da simulatore di appuntamenti (ebbene sì, è possibile interagire con le coprotagoniste, fare dei regali e guadagnare punti per sbloccare scene extra che mostrano il loro affetto nei nostri confronti) e la fisionomia preadolescenziale di alcune ragazze potrebbero far storcere diversi nasi. Comunque, l’ensemble di personaggi è forse un pelo stereotipato ma ben assortito e rende il susseguirsi degli eventi piacevole da seguire, che siano comuni battibecchi tra conviventi forzati o circostanze più serie.

Dragon Star Varnir

Sbloccare e impostare le abilità di ogni mostro divorato è una delle parti migliori del gioco per gli appassionati di strategia

Il vero punto di forza di Dragon Star Varnir è il sistema di combattimento, che si sviluppa su tre dimensioni e altrettanti livelli verticali: tanto il nostro party quanto gli avversari che affronteremo sono infatti capaci di volare, dunque tanto gli attacchi in mischia che gli incantesimi richiedono un certo posizionamento strategico, ulteriormente incentivato dalla facoltà di assumere particolari formazioni che forniscono bonus addizionali. Lo spazio disponibile serve anche a rappresentare al meglio gli scontri con nemici particolarmente voluminosi, che possono arrivare ad occupare anche tutto lo spazio a disposizione: in casi come questo, siamo in grado di concentrare l’assalto verso sezioni distinte del corpo che, una volta “debellate”, stordiscono per un breve periodo il bersaglio accordandoci un po’ di respiro. Tutti gli schieramenti prevedono tre unità, più altre tre da disporre come riserve da alternare al bisogno, magari per trarre vantaggio da una debolezza elementale del rivale che la strega di turno non può sfruttare ed infliggere danni aumentati. Man mano che la salute delle creature diminuisce, aumenta la probabilità di successo di un colpo speciale che, come in una macabra variante di Pokémon, permette di divorarle ed assimilare il loro nucleo, fornendo accesso ad abilità riservate, attive o passive, che facciamo nostre per potenziare i personaggi e variarne l’arsenale per creare gruppi versatili oppure super specializzati. Infine, sferrare bordate e sortilegi ha anche l’effetto collaterale di riempire un indicatore che risveglia la forza soprannaturale latente dei nostri eroi, trasformandoli in ibridi draconici dotati di abilità ancor più letali per una manciata di turni. Di carne al fuoco ce n’è tanta, ma il titolo introduce ogni singolo concetto durante le primissime battute e lascia al giocatore il tempo per recepirlo: scegliere le giuste combinazioni di poteri che enfatizzino la sinergia tra compagni è incredibilmente gratificante, e padroneggiare tattiche avanzate come spingere i mostri contro una serie di trappole piazzate da altri alleati nei rispettivi turni è la chiave per superare le fasi finali della storia ma soprattutto il post-game, caratterizzati da un incremento significativo della difficoltà.

Ci darai una mano stavolta, vero?

Purtroppo, il resto del gioco non è intriso della medesima vena creativa: la giocabilità si riduce all’esplorazione di un dungeon breve a piacere nel quale vengono sfruttate le abilità peculiari della nostra squadra (c’è chi può spezzare sigilli magici, ad esempio, o creare ponti dal nulla), il combattimento contro un boss e il ritorno al rifugio delle streghe, fasi interattive alle quali si alternano lunghi dialoghi che portano avanti la trama, il tutto ripetuto per una trentina di ore. Le ambientazioni sfoggiano qualche timido tentativo di differenziare i fondali, ma la conformazione delle mappe sembra sempre la stessa con pochissime variazioni e non presenta zone nascoste o segreti particolari da svelare che non vengano già indicati da riferimenti visivi espliciti. Non esiste un vero e proprio mondo da visitare all’infuori dei labirinti circoscritti, perché questi ultimi vengono selezionati da un semplice elenco a discesa, restringendo ulteriormente il brivido della scoperta. Persino le quest secondarie si limitano a chiedere al giocatore di rivisitare posti già esplorati alla ricerca di un ingrediente misterioso o di un nemico più forte della media da abbattere. Insomma, al di fuori della trama principale c’è ben poco da fare, ma l’elemento più fastidioso del gameplay è la costante supervisione della sanità dei personaggi: come già detto, le streghe si trovano in bilico sul precipizio della follia, e per mantenere il loro equilibrio mentale è necessario evitare un numero eccessivo di sconfitte, di scelte sbagliate durante le conversazioni o addirittura di ripiegare troppo spesso sulle trasformazioni in combattimento: al contrario di altri sotto-sistemi, queste condizioni non vengono spiegate in maniera esaustiva ma emergono soltanto in corsa, e si affiancano ad un’altra porzione gestionale che ci rende responsabili del sostentamento di alcune incantatrici minori della congrega, per le quali dovremo sempre mantenere un certo equilibrio nutrizionale pena la loro irreversibile metamorfosi. Per quanto tematicamente validi e in linea con gli argomenti trattati, a livello pratico si traducono in un male necessario da tollerare piuttosto che un mezzo per accrescere l’empatia nei confronti dei personaggi.

 

Non tutti riusciranno a guardare oltre la presentazione non proprio eccelsa di Dragon Star Varnir e al cast di streghe scollacciate ma, casomai ci riusciste, verrete catturati da un JRPG tradizionale con alcune caratteristiche davvero degne di nota, su tutte un battle system concretamente originale che vivacizza il genere con le sue trovate. Non è un titolo eccelso, e mostra tutte le limitazioni derivanti dal budget ridotto, ma riesce a imporre le sue idee con la giusta determinazione e getta ottime basi per tutte le produzioni firmate Compile Heart che non ricadano nei loro filoni di maggior successo.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.