Nell’immenso e variegato mercato del videogioco sono davvero poche le aziende che possono fregiarsi di non seguire pedissequamente le asfissianti e limitanti logiche produttive, le quali purtroppo cingono saldamente a sé la stragrande maggioranza dei titoli videoludici, condizionandone spesso i contenuti e la giocabilità. Una delle compagnie che affannosamente è riuscita a divincolarsi dalle costrizioni commerciali appena citate è sicuramente Nintendo, la quale – grazie ad una visione del settore innovativa e lungimirante – è stata in grado di concepire una console unica nel suo genere, peculiare nell’animo, edificata con una filosofia realizzativa scevra da insidiosi vincoli tecnici e proiettata nei confronti di un gaming differente, basato su concetti e tematiche assai distanti da quelle dei competitor. Tutto questo ha permesso alla major nipponica di posizionarsi non tanto come una diretta concorrente di Sony e Microsoft, quanto piuttosto come una solida alternativa, capace di realizzare prodotti esclusivi esemplari e di offrire esperienze di gioco mai viste prima. Sposando in pieno questa visione del medium – e grazie all’eccezionale successo ottenuto dalla console – un nutrito gruppo di software house ha investito sulla piattaforma della grande N, con lo scopo di realizzare i porting dei successi più importanti, e cercando di sfruttare l’inimitabile caratteristica di Switch: la portabilità. A distanza di una sola settimana dall’uscita canonica, anche Bloodstained Ritual of the Night è approdato su Nintendo Switch con una trasposizione dedicata, la quale – sacrificando grafica e frame rate – tenta di offrire il mix di emozioni tipico della console della casa di Kyoto. Sarà riuscita nel suo intento? Scopriamolo insieme.
Bloodstained Ritual of the Night: tra limiti tecnici e portabilità
Avendo già trattato in maniera più che approfondita Bloodstained Ritual of the Night in una recensione specifica – nella quale abbiamo analizzato la versione PlayStation 4 – quest’oggi ci limiteremo ad offrire un nostro parere esclusivamente sulla sfera tecnica dell’edizione Switch, cercando di comprenderne a fondo pregi e difetti della conversione. Partiamo subito con i dettagli inerenti la grafica del prodotto: il titolo targato Igarashi girerà con una risoluzione di 720p e 30 frame per secondo in modalità portatile, rimanendo stabile sugli stessi valori anche in versione docked, ma ottenendo, ovviamente, benefici visivi derivanti dalla dinamicità della stessa risoluzione, la quale varierà a seconda delle location e dell’azione su schermo. Quello che emerge in maniera lampante dalla trasposizione per Switch è che il lavoro svolto da un lato ha sicuramente consentito alla produzione di rimanere stabile sui 30fps anche nelle situazioni più concitate, ma dall’altro ha limitato in maniera abbastanza evidente la resa visiva, fin troppo modesta e contenuta. Chiaramente nessuno si aspettava la riproposizione dello stesso comparto tecnico presente su PS4, Xbox One o PC, ma di certo la comparazione è fin troppo eloquente: su Switch i limiti dei 720p si vedono eccome, e mentiremmo se ritenessimo il porting splendido in ogni sua sfaccettatura.
La versione Switch possiede sicuramente delle importanti limitazioni tecniche rispetto alle edizioni concorrenti, e probabilmente questa scelta è stata intrapresa per permettere alla produzione di girare fluidamente senza intoppi anche in modalità portatile, ma bisogna sottolineare che il progetto non è particolarmente impegnativo da gestire per la console ibrida: non ci troviamo di certo dinanzi ad un Open World sconfinato e costituito da uno strabordante numero di NPC. Pertanto – a nostro modo di vedere – si sarebbe potuto fare sicuramente di più, così da garantire una qualità generale superiore. Inoltre, anche per quel che concerne l’illuminazione i developer sono dovuti evidentemente giungere a necessari compromessi: rispetto alla controparte, infatti, gli ambienti del titolo appariranno tendenzialmente più oscuri, probabilmente per rendere meno evidente la diminuzione dei dettagli sugli sfondi e sugli oggetti. Malgrado le problematiche appena citate, giocare a Bloodstained Ritual of the Night in portabilità cela un fascino unico: i comandi in modalità handled sono davvero efficaci, responsivi e perfetti per evitare al fruitore la preoccupante sensazione di smarrimento dovuta all’assenza di un pad, e la resa tecnica, seppur limitata e rimaneggiata, riesce comunque a garantire al player un feedback visivo di tutto rispetto. Senza poi considerare che la possibilità di portarsi sempre con sé un prodotto di simile fattura – potendoci giocare senza limiti di spazio – potrebbe già valere il prezzo del biglietto.
In conclusione, Bloodstained Ritual of the Night si configura come una trasposizione videoludica di buona qualità, svolgendo in pieno il proprio compito senza particolari picchi o stravolgimenti di sorta. Il ridimensionamento tecnico rispetto alle altre versioni è sensibile, ma non così significativo da rendere la produzione poco convincente o ingiocabile, anzi: seppur con una risoluzione poco allettante, e malgrado un frame rate ancorato ai 30fps, il titolo di Igarashi riesce su Nintendo Switch a regalare un’esperienza unica, ponendo nella portabilità i maggiori pregi dell’edizione. In caso desideriate ardentemente giocare Bloodstained senza nessun confine e limite, la versione Switch potrebbe rivelarsi la soluzione vincente.