God Eater 3 Recensione Switch

God Eater 3 Switch

God Eater 3 Recensione Switch| Come svelato a maggio durante un live stream dedicato alla saga, God Eater 3 è finalmente approdato anche su Switch, preservando la tradizione di concedere ai fan la possibilità di cacciare i giganteschi Aragami anche lontani dalle confortevoli mura domestiche. In realtà, il suo arrivo sulla console ibrida Nintendo ha colto ben pochi di sorpresa, dato che il comparto grafico della versione per PC e PlayStation 4 non era certo all’ultimo grido e, considerata l’esperienza del team nello sviluppo di titoli per piattaforme dalla potenza drasticamente diversa, nemmeno la buona riuscita di questo porting dovrebbe stupire qualcuno, che approda dunque sul piccolo schermo con tutti gli extra già rilasciati sulle altre macchine sotto forma di patch più una serie di caratteristiche esclusive, come i costumi degli eroi di Tales of Vesperia e la presenza di multiplayer locale fino a quattro giocatori (in possesso di altrettanti Switch, s’intende). Tutto molto bello, ma cosa possono aspettarsi i neofiti da quello che è, di fatto, l’ultimo di una serie di giochi che fanno della narrativa contigua uno dei loro punti di forza? Mentre i veterani riusciranno a trovare pane innovativo per i loro denti o saranno costretti a masticare sempre il solito tozzo raffermo? E soprattutto, poter giocare in mobilità è una differenza talmente significativa da giustificare qualche compromesso sul piano della qualità visiva? Stringete bene gli Impianti Armati attorno ai polsi e impugnate i vostri God Arc, perché è proprio quello che stiamo per scoprire.

God Eater 3 Switch

Gli avversari di taglia ragguardevole non tarderanno ad arrivare: questo è soltanto il primo di una lunga serie.

Tanto per cominciare, poiché calchiamo le scene nel ruolo di protagonista dotato di poteri superiori alla media e di armi le cui dimensioni sfidano qualsivoglia legge della fisica, della gravità e del buon senso conosciuta, è risaputo che il nostro dovere sarà quello di cercare un gruppo di spiriti affini e abbattere mostri grossi come palazzi di dieci piani per raccogliere materiali, costruire equipaggiamento migliore e distruggere creature ancora più massicce: Monster Hunter, Toukiden, il recente free-to-play Dauntless e tutti i predecessori di God Eater 3 ci hanno insegnato le gioie di questo originale passatempo, tentando ciascuno a suo modo di scacciare il senso di monotonia che dopo un po’ inizia ad incalzare anche nel più coriaceo degli appassionati. L’approccio di God Eater è quello di fornire al giocatore un’ambientazione coerente che si sviluppa nell’arco di più avventure, lasciando loro il compito di scoprire e forgiare il destino di un mondo devastato dall’invasione degli Aragami, bizzarri organismi pluricellulari spinti dal desiderio primordiale di annientare qualunque cosa. Contro tali mostruosità si schierano i titolari God Eater, esseri umani capaci di entrare in risonanza con una vasta gamma di armi speciali che condividono le stesse cellule degli Aragami, trasformabili all’occorrenza per bilanciare tanto le opzioni offensive quanto quelle difensive e in grado di divorare letteralmente questi ultimi.

God Eater 3: un capitolo  “adattabile”

Da questa immane catastrofe emerge una nuova generazione di God Eater, denominati “Adattabili” grazie alla loro innata capacità di resistere agli effetti nefasti delle Tempeste di Cenere: tuttavia, anziché accoglierli come salvatori, il resto della popolazione li ritiene estremamente pericolosi a causa del loro presunto legame genetico con gli Aragami, ancora più marcato rispetto ai normali God Eater, perciò gli Impianti Armati che li aiutano ad incanalare i loro poteri fungono anche da vere e proprie manette per tenerli sotto controllo. All’inizio della storia, il nostro protagonista è uno dei mutanti prigionieri di Approdo Pennywort, assieme all’esuberante Zeke, il suo ben più discreto fratello Keith e l’amico d’infanzia Hugo, che coltiva in segreto il sogno di fondare una base operativa dove tutti i God Eater Adattabili possano essere liberi. Le fantasticherie di Hugo iniziano a tramutarsi in qualcosa di più concreto il giorno in cui Pennywort viene obliterato da una tempesta, e il provvidenziale arrivo della carovana Chrysanthemum salva la vita a tutti i God Eater del posto, incluso un manipolo di bambini ancora troppo piccoli per combattere. Da qui, il fatidico incontro con Claire Victorious, una God Eater di Approdo Gleipnir custode di un misterioso carico diretto verso quest’ultimo, e Lulu, un’Adattabile “abbandonata” che proviene da Approdo Baran, dà il via ad una grande avventura che ci porterà a scoprire le origini della Cinerizzazione e la genesi di un nuovo tipo di Aragami di gran lunga più forte e aggressivo dei suoi simili. A complicare ulteriormente le cose arriva poi la rivelazione del bastimento trasportato dalla Chrysanthemum, ovvero un Aragami umanoide dalle fattezze di una bambina umana di nome Phym. La trama di God Eater 3 non è certo tra le più originali mai concepite per un videogioco, né lo sviluppo dei personaggi risulta particolarmente degno di nota dato che ciascuno di essi ricade in uno specifico cliché come se ne sono visti a migliaia in una qualsiasi produzione cartacea o animata giapponese, ma un seppur flebile filone narrante è pur sempre preferibile al classico andirivieni tra missioni e riesce comunque a incuriosire a sufficienza da spingerci a completare tutte le missioni principali.

God Eater 3 Switch

Il sincronismo fra compagni permette di attivare bonus temporanei specifici. La modalità portatile, inoltre, degrada significativamente la qualità delle immagini.

Una volta scesi in campo con i God Arc in pugno, possiamo assaporare il vero e proprio punto cardine del gioco: dopo aver scelto una fra le tante missioni disponibili, veniamo catapultati in un’arena delimitata da rovine o crepacci e dobbiamo soddisfare una serie di obiettivi che, nella stragrande maggioranza dei casi, prevedono il massacro di un certo numero di Aragami da perpetrare in solitaria oppure con un massimo di tre compagni, artificiali o in carne ed ossa se preferiamo unirci a qualche altro God Eater in giro per il mondo. Come già detto, la versione Switch permette a chi possiede un’altra console con relativa copia di God Eater 3 di aggregarsi alla caccia in wireless locale, condividendo di persona gioie e dolori. Le missioni sono piuttosto divertenti, ma il livello generale di varietà e coinvolgimento non è elevatissimo: anche se esiste un limite di tempo massimo di quaranta minuti, è difficile affrontare incarichi che ne richiedano più di dieci soprattutto all’inizio e, se tale scelta rappresenta un’ottima soluzione per chi vuole fare una partita da mezz’ora di tanto in tanto, sessioni prolungate potrebbero infondere una sensazione (motivata) di scarsa profondità. Inoltre, da un certo punto in avanti, tutti i brevi mandati si traducono nell’uccisione di una serie di Aragami inferiori finché non ne compare uno di dimensioni più grandi, che subirà un certo quantitativo di danni prima di ritirarsi in cerca di un punto strategico sulla mappa dove recuperare le forze e contrastare un ultimo assalto da parte dei God Eater. Non penso serva aggiungere che, dopo aver trascorso quasi un’ora a ripetere lo stesso schema con mostri e fondali diversi, il senso di considerevole ripetitività prende con prepotenza il posto dello svago.

Voi GEA non siete altro che scarafaggi

I God Arc sono degli oggetti formidabili che possono assumere la forma di un’arma da mischia, da fuoco a distanza o di uno scudo, con numerose varianti di queste tre configurazioni: fucili da cecchino o fucili a pompa, brocchieri o scudi torre e una vasta gamma di armi bianche che includono falci, spade, pugnali e martelli tanto per citarne alcuni, oltre ad un set di lame gemelle e ad un chakram capace di diventare una robusta ascia a due mani. L’assortimento di combinazioni fra attacchi leggeri e pesanti e la possibilità di estrarre risorse nel vivo della battaglia dai nemici, vivi o morti che siano, rendono gli scontri frenetici e coinvolgenti, anche se il potenziale delle armi a distanza sembra abbastanza inespresso: tra il consumo elevato di energia, il costo dei singoli proiettili, la scarsa accuratezza ed i marginali danni inferti anche contro nemici vulnerabili ad una peculiare tipologia di colpi elementali, l’alternativa migliore resta quella di ingaggiare gli Aragami corpo a corpo, soprattutto perché la portata dei fendenti non è affatto trascurabile. I God Eater dispongono inoltre di attacchi speciali la cui efficacia aumenta con l’utilizzo e di un legame distintivo che viene abilitato mentre si combatte fianco a fianco con i vari compagni, mediante il quale sfruttare ulteriori vantaggi che spaziano da una maggiore efficacia degli oggetti curativi all’incremento della potenza degli attacchi divoratori, caratteristica ingegnosa che sottolinea l’importanza del lavoro di squadra. Gli alleati sotto il controllo dell’intelligenza artificiale possono essere anche istruiti con ordini ben precisi, ma tutto sommato se la cavano bene anche con le impostazioni di base. Infine, al termine di ogni missione tutti i membri della squadra guadagnano un ammontare di punti da spendere per sbloccare nuove abilità, come colpi debilitanti o la rigenerazione automatica della salute. La resa visiva di God Eater 3 su Nintendo Switch non è chiaramente alla pari delle controparti su macchine da gioco più potenti, ma svolge in maniera più che dignitosa l’arduo compito di mostrare gli scontri con i mastodontici Aragami senza particolari tentennamenti, grazie anche alla scelta di ancorare a 30 la frequenza dei fotogrammi: il dock riesce in gran parte a smussare l’aliasing marcato che contraddistingue invece le sessioni giocate in mobilità, ma bisogna ammettere che la rapidità dei combattimenti e le dimensioni ridotte dello schermo permettono di non fare troppo caso ai difetti grafici meno apparenti. Intatta la colonna sonora, che non presenta brani memorabili a parte quelli giustamente riservati ai boss inediti.

God Eater 3 è un titolo discreto nel suo genere, in particolar modo su Switch dove le alternative di questo tipo scarseggiano ancora, e gli sforzi compiuti per tentare di stravolgere un po’ le convenzioni dettate da Monster Hunter si vedono, ma nessuno di questi riesce a far brillare significativamente il prodotto: i tentativi di infondere maggiore profondità alle battaglie con gli attacchi speciali e il sistema di collegamento fra God Eater sono apprezzabili, ma l’utilizzo strategico di queste opzioni non è fondamentale e non esiste missione che non possa essere superata con i giusti potenziamenti e un po’ di sano button mashing. Come se non bastasse, la struttura ripetitiva degli incarichi abbinata a una storia e ad un gruppo di personaggi che sembrano strappati via da un qualsiasi fumetto per ragazzi impediscono al titolo di spiccare dal mucchio in tal senso. Nondimeno, per gli appassionati del genere disposti a scendere a patti con le suddette carenze, si cela comunque un gioco gradevole capace di ingannare l’attesa tra una produzione un po’ più impegnativa e l’altra.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.

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