Call of Duty Modern Warfare Provato | Alla vigilia del 2020, la serie di Call of Duty naviga in acque che è difficile non definire diverse rispetto a quelle in cui si trovava un decennio fa. Forse per la sua stessa evoluzione, legata principalmente a capitoli “di rottura” come Advanced Warfare, Black Ops 3 e Infinite Warfare, forse per il fatto che l’industria “dei grandi numeri” è cambiata in maniera camaleontica e massiccia attorno a lei: i free to play e i battle royale hanno preso sempre più piede, e la stessa serie di Activision ha cercato di adeguarsi a simili pratiche negli scorsi anni, con risultati quasi sempre apprezzati ma alla lunga un po’ troppo altisonanti. Con Call of Duty Modern Warfare, vero e proprio reboot della serie, la musica sembra però essere cambiata, e con essa la formula che muove le redini del nuovo progetto annuale, che vede Infinity Ward nuovamente al timone.
Dopo aver avuto modo di vedere la campagna all’E3 e i primi assaggi del multiplayer nelle scorse settimane, grazie agli estesi video pubblicati dagli sviluppatori, in questi giorni abbiamo approfittato dell’evento di NVIDIA qui a Colonia per mettere le mani in prima persona sul comparto online del gioco. Scopo primario della prova al Dock.One, azzeccatissima location a due passi dalla Kölnmesse e adagiata sulle sponde del Reno, era peraltro quello di saggiare le potenzialità tecniche del gioco in abbinamento al ray tracing di NVIDIA, il che ci ha permesso di cogliere due piccioni con una fava e analizzare sia le meraviglie tecnologiche regalateci dalla configurazione di prova, sia la modalità Gunfight, che, come promesso da Infinity Ward, sarà uno dei tanti “cuori” del multiplayer del nuovo CoD.
Gunfight è una parte fondamentale del multiplayer del nuovo Call of Duty Modern Warfare
Proprio la frenetica modalità 2v2 ci ha permesso di capire il fil rouge dietro lo sviluppo di questo “nuovo” Call of Duty. Diciamo nuovo fra virgolette, anche perché, pur essendo nominalmente l’ultimo capitolo fino ad oggi, Modern Warfare non teme di confrontarsi con le origini e le ispirazioni della serie anche più dei suoi predecessori, siano essi immediati o più lontani nel tempo, pescando a piene mani da influenze come lo storico Counter Strike e il più recente Rainbow Six e ridefinendo fin dalle fondamenta diversi paletti estetici e funzionali canonici e ormai cristallizzati nel tempo. Ne sono esempi il sistema di mira e di movimento e il comparto audio, dei quali si è già ampiamente parlato negli scorsi mesi e che nel multigiocatore sono con ogni probabilità destinati a raggiungere l’apice del loro valore all’interno del quadro generale, anche vista la natura competitiva del gioco, che non è stata affatto rinnegata, bensì addirittura promossa. I soldati ora si muovono in maniera ben più libera: possono arrampicarsi, correre, sporgersi oltre un muretto o da una copertura come farebbe un normale essere umano, con le loro armi che si adeguano di conseguenza grazie a un’infinità di piccole animazioni costruite da zero e mai viste prima in un Call of Duty. Pad alla mano, sono soprattutto loro a fare la differenza, specie in partite dal ritmo frenetico e convulso come quelle di Gunfight, di cui abbiamo giocato due match di prova, in compagnia di uno sconosciuto – ma simpatico – compagno inglese, con una sola mappa a disposizione: King, già vista nei video pubblicati da Infinity Ward, mostratasi stavolta in una inedita versione notturna.
Lanciati nella mischia, abbiamo subito notato qualche elemento che tradisce le profonde differenze concettuali fra questo Call of Duty e la filosofia che ha sorretto la serie negli ultimi anni, in particolare il sistema che gestisce la corsa e le animazioni ad essa collegate, modificate in maniera realistica a seconda dell’arma impugnata. Ciò rende molto più complicato ingaggiare un nemico mentre si sprinta all’impazzata da una porzione di mappa all’altra, costringendo i corridori più spericolati a giocare in maniera più tattica e un po’ più attendista e donando al gunplay, anche grazie alla decisione di slegare il reticolo del mirino dai suoi assi, un’iniezione di realismo che non ci saremmo mai aspettati da un CoD. Senza nemmeno contare il comparto audio a 360 gradi, che permette di ascoltare ogni singolo suono in maniera più potente e definita grazie a un sistema di registrazione dei suoni innovativo e votato all’immersività, oppure la decisione di rimuovere la minimappa, una precisa scelta di design votata all’esaltare la capacità dei giocatori di orientarsi seguendo i rumori ambientali. Proprio come un decennio fa, Infinity Ward ha deciso di imprimere una marcia differente alla serie, e i risultati, pad alla mano, si sono visti: il sottoscritto, parlando in prima persona, ha dovuto (da veterano dei primi capitoli e fino al 2012) reimparare a giocare quasi da zero. Per abituarsi in fretta alle basi, comunque, è sufficiente capire di non star giocando al “solito” Call of Duty, ma di trovarsi di fronte a qualcosa che stravolge la serie come prima d’ora soltanto Call of Duty 4: Modern Warfare aveva avuto il coraggio di fare.
Una volta imparato a destreggiarsi un minimo, mentre la prima partita scorreva via veloce, abbiamo iniziato a prenderci gusto e a mettere a segno anche qualche uccisione un minimo decente, non potendo fare a meno di notare che diverse categorie di armi hanno beneficiato forse più di altre della differente filosofia alla base del gioco. Ad esempio i fucili a pompa, sui quali è ora possibile montare mirini molto simili a quelli di precisione e la cui portata è stata incrementata a dismisura, il che è solo uno dei tanti elementi destinati a stravolgere il meta. L’armaiolo, o Gunsmith, è una delle rivoluzioni fondamentali del comparto online, ma nella nostra prova non ci è stato possibile saggiare le possibilità offerte, né tantomeno accedere ai menu di personalizzazione: considerato però che ad ogni round ricevevamo un loadout differente, abbiamo già potuto intuire quanta profondità possa effettivamente esserci dietro e anche in che modo l’armamentario a disposizione, le tattiche di squadra attuabili e il design alla base delle mappe siano legati fra loro. In questo, Infinity Ward ha imparato tantissimo da Rainbow Six: in modalità Gunfight, sapersi destreggiare col proprio compagno è fondamentale, e un team ben affiatato può concludere un round nello spazio di poche manciate di secondi.
Durante tutti e trenta i minuti di prova, il primo round della prima partita (in cui, vietato categoricamente ogni sparo, ci è stato permesso solamente di gironzolare osservando ombre e riflessi vari) si è rivelato l’occasione perfetta per capire meglio l’impatto che il ray tracing avrà sul nuovo Call of Duty, scopo che in teoria avrebbe dovuto essere quello primigenio della nostra prova. Poco prima avevamo testato Control, titolo che fa della tecnologia di NVIDIA uno dei suoi principali cavalli di battaglia e in determinate occasioni sembra quasi esservi stato disegnato attorno. Anche Call of Duty: Modern Warfare, tutto sommato, riesce a dire la sua, con un sistema di illuminazione credibile, naturale e lontano dall’artificiosità delle fonti luminose dei predecessori. Va però detto che con ogni probabilità l’utilizzo del ray tracing avrà un reale senso soltanto nella campagna, di cui permetterà di enfatizzare i momenti più cinematografici: il dispendio di risorse richiesto potrebbe invece non valere la candela nel multiplayer, da sempre votato al massimizzare la fluidità d’azione. Ray tracing o meno, Modern Warfare promette un bel passo avanti rispetto al passato, specie su PC con configurazioni particolarmente spinte, come quella su cui abbiamo avuto la possibilità di provarlo.
Anche dopo averlo rivisto (brevemente) in periodo gamescom, Call of Duty: Modern Warfare ha riconfermato l’encomiabile tentativo da parte di Infinity Ward di tirar fuori dal cilindro un capitolo che sappia convincere sia critica che pubblico, tentando una nuova “rottura” rispetto al passato e aprendo un filone completamente nuovo, come 12 anni fa fece Call of Duty 4 e cinque anni fa riprovò a fare (fallendo in gran parte) Advanced Warfare. Le novità che abbiamo avuto modo di vedere, poi, funzionano: il ray tracing è una vera e propria manna per appassionati che, come in molti altri casi (data anche la giovane età della tecnologia) arricchisce visivamente l’esperienza senza stravolgerla, mentre il multiplayer, che si preannuncia alla base un’esperienza molto (ma non troppo) diversa dal recente passato, è riuscito davvero a convincerci. Appuntamento a fine ottobre, a questo punto, per capire se le promesse di Infinity Ward saranno interamente mantenute e se questo Call of Duty potrà davvero segnare, nei fatti e non solo a parole, una nuova rinascita per la serie.