Death Stranding Anteprima dalla gamescom 2019

Death Stranding

Death Stranding Anteprima | A questo punto ĆØ chiaro a tutti: capire esattamente cosa frulli per la mente di Hideo Kojima, a meno di tre mesi dal lancio in tutto il mondo di Death Stranding, ĆØ impossibile. NĆ© tantomeno il suo operato, a livello comunicativo, può essere comprensibile a livello umano: solamente un visionario come lui può permettersi di fare letteralmente quel che vuole con i suoi fan, facendoli salire sull’ottovolante dell’hype a comando per poi lanciare in faccia a tutti una secchiata di acqua fredda, come ha fatto in occasione di questa gamescom, coi tre contenuti (più trailer bonus, di cui parleremo alla fine) dati in pasto alla community. Il buon Hideo ha mantenuto una linea comunicativa perfetta e soprattutto coerente, attuando una strategia che nessuno si sarebbe sognato: ĆØ venuto in Germania, percorrendo quasi diecimila chilometri in aereo, per giocarci un altro dei suoi scherzi. A modo suo, ovvero portando con sĆ© alla fiera tedesca circa un quarto d’ora di contenuti estratti dal videogioco più atteso negli ultimi anni, senza uno scampolo di possibilitĆ  di metterci le mani sopra. Contenuti che, nel loro insieme, sono la quintessenza della non convenzionalitĆ , e con i quali ĆØ riuscito in un’impresa che fino ad oggi sembrava impossibile in un’industria in cui le fughe di notizie sono all’ordine del giorno: lasciarci ancora confusi a meno di tre mesi dal lancio del suo videogioco.

Death Stranding, il trailer di Mama

Ma procediamo con ordine: il primo dei trailer mostrati raffigura Mama, la misteriosa ragazza, interpretata da Margaret Qualley, introdotta nel trailer dell’E3. Mama ha un legame particolare con una delle creature “spiaggiate”, vale a dire sua figlia, a cui, malgrado si trovi nell’altra”dimensione”, ĆØ ancora connessa tramite un etereo cordone ombelicale. Le stranezze legate al parto, causate dal fenomeno noto come Death Stranding, e la separazione su un piano di esistenza diverso dalla piccola, non le impediscono di trattare la pargoletta con assoluta dolcezza, come se fosse in grado di percepirla fisicamente accanto a lei, fra le sue braccia. Il loro legame ĆØ cosƬ indissolubile da non permettere a Mama di spostarsi fisicamente in un luogo diverso dal grosso capannone industriale in cui sembra confinata, pena (a quanto pare) la recisione di ogni connessione, tema che sarĆ  centrale in Death Stranding e che Kojima sembrerebbe aver deciso di trattare in maniera differente per ogni personaggio (si veda, ad esempio, Heartman). Nel character trailer dedicato a Mama, che si apre con dei piccoli sonaglietti che ricordano animali”spiaggiati”, realizzati da lei stessa per la neonata, vediamo Sam alquanto perplesso e timoroso per la particolaritĆ  della situazione: la giovane, tuttavia, gli spiega che da certe “creature arenate” non c’è nulla da temere, e che sua figlia non ĆØ come le altre.

Ciò potrebbe lasciar intuire che esistano altri esseri simili, o che tutti gli esseri spiaggiati non siano aprioristicamente ostili, quanto piuttosto incompresi e spesso incapaci di comunicare nel modo giusto con chi ĆØ dotato di un corpo fisico: in tal senso, il rapporto fra la madre e la piccola potrebbe simbolicamente rappresentare la nostra paura di accettare qualcosa o qualcuno di diverso da noi, tema, fra i tanti di Death Stranding, quanto mai tristemente attuale. Le creature, peraltro, tentano spesso di “comunicare” nell’unico modo per loro possibile, lasciando impronte delle proprie mani sulla pelle dei personaggi, il che contribuisce, in un certo senso, a dar loro una dimensione più “umana”. Nell’iconografia di molte culture, tra l’altro, le mani disegnate e dipinte rappresentano un simbolo di cooperazione e amicizia, il che suggerisce che il grado di ostilitĆ  delle creature nel gioco non sia sempre esasperato ai livelli di tensione estrema visti nei passati gameplay, ma possa dipendere anche – in parte – dalle nostre azioni (o reazioni), singole o corali.

Deadman e i Bridge Baby

Deadman, dal canto suo, pare essere uno scienziato, o comunque una persona con responsabilitĆ  importanti, ed ĆØ lui stesso un ologramma, una rappresentazione virtuale di sĆ©, forse volontaria, oppure resa necessaria dalla “separazione” del suo corpo avvenuta per via del Death Stranding, fenomeno che parrebbe sortire effetti diversi a seconda dei personaggi, dei loro ruoli e delle loro azioni. Il character trailer di Deadman ci svela qualche dettaglio in più sui bambini ponteĀ e sulla loro natura: si tratta, infatti, di feti strappati dall’utero della loro madre naturale più o meno a metĆ  della gravidanza, e in possesso di capacitĆ  percettive uniche che consentono loro di connettersi a quello che viene definito “il mondo dei morti”. Il personaggio interpretato da Guillermo Del Toro li definisce come “oggetti”, dotati di una data di termine per evitare possibili “effetti collaterali” (neanche fossero replicanti di Blade Runner) e consiglia a Sam di non affezionarsi al suo come invece sta facendo. La “Still Mother” del bambino di Sam, ossia la sua madre naturale, si trova a Capital Knot City: questa distanza lo costringe ad avere particolari riguardi nei confronti del piccolo, utilizzando in particolare uno strano terminale, mostratogli da Deadman stesso, utile per tranquillizzare il bridge baby collegandolo al “network chirale” e quindi a sua madre. Chiarito grossomodo il loro ruolo, le domande sull’origine dei Bridge Baby rimangono però tantissime e con ogni probabilitĆ , riceveranno una risposta soltanto fra diverse settimane: che rapporto hanno con le creature arenate, e perchĆ© riescono a percepirne la presenza? Sono forse “l’altra faccia della stessa medaglia” rispetto alle misteriose e temute entitĆ ?

Sam, a quanto pare, avrĆ  nel gioco un rapporto piuttosto stretto col bambino, che non ĆØ uno soltanto come inizialmente si era creduto e che parrebbe fungere da elemento di gameplay fondamentale nell’intelaiatura ludica di Death Stranding. Essendo l’unico modo che gli esseri umani hanno di interagire con l’altra dimensione, il bambino ponte funge in un certo senso da “parafulmine” e da ancora di salvezza contro i pericoli del mondo esterno, dai quali non ĆØ però immune, anzi: può infatti entrare facilmente in stato di stress, anche subendo danni o “scossoni” come rovinose cadute, e il giocatore deve calmarlo “cullandolo” con i sensori di movimento del DualShock 4. Il doverlo tenere correttamente a bada potrebbe essere uno degli elementi chiave per rimanere il più possibile “vivi” e non essere risucchiati, ancor prima di accorgersene, nel terribile mondo dei morti, luogo di guerre senza fine fra soldati scheletrici, con il quale il solo Cliff, il personaggio di Mads Mikkelsen, ha una connessione al di fuori dei bambini ponte.

Un gameplay trailer (volutamente) sibillino

C’è poi il trailer di gameplay, che, nell’arco di poco più di cinque minuti, lascia comprendere perfettamente la geniale intuizione comunicativa di Kojima. L’inizio del trailer sembra quasi suggerire una sorta di auto identificazione dell’autore con il protagonista, quel Norman Reedus-Sam Porter pigramente addormentato e metaforicamente “svegliato” da una community in trepidante, disperata e famelica attesa di un filmato a cui aggrapparsi. Volete un gameplay? Perfetto, dimenticate gran parte dei micro-dettagli giĆ  visti, stavolta decido io cosa farvi vedere. A cominciare dal protagonista che si alza e che, banalmente, fa pipƬ. Di spalle. Facendo “crescere” quello che sembra l’ologramma di un fungo. Tutta questa scena, al di lĆ  del significato che avrĆ  in gioco, ancora difficile da decifrare, sembra un silenzioso “andate tutti al diavolo” di Kojima nei confronti della porzione più estremista e tossica dei videogiocatori, rei di comportamenti pretenziosi, morbosi, ossessivi e a volte perfino lesionisti, oltre che, soprattutto, un modo per tenere nascoste le sue carte migliori fino al momento del lancio, come aveva fatto anche, in molti casi, per i Metal Gear Solid. Se si esclude l’incipit, volutamente autoironico e perfino autoreferenziale, tutto il resto del trailer, volutamente slegato dal contesto generale, potrebbe benissimo rappresentare un momento secondario o comunque rapidamente “archiviabile” all’interno del gioco, in favore di altre scoperte o attivitĆ  da svolgere. Gran parte dei contenuti e dei personaggi mostrati in passato non sono nemmeno menzionati: Sam e il suo “bambino”, la cui gestione ĆØ apparentemente fondamentale nell’economia di gioco (lo si vede, ad esempio, venire coccolato per calmarsi dopo una brutta caduta o divertirsi mentre Sam si lancia, correndo a perdifiato, giù per una collina), devono infatti raggiungere una piccola stazione in cui consegnare un pacco, interagendo con un personaggio dalle sembianze di Geoff Keighley, al suo primo cameo videoludico. Questo rifugio, in cui Sam si libera del suo ingombrante carico e stabilisce un nuovo “strand”, ĆØ probabilmente legato a qualche tipo di attivitĆ  multigiocatore, magari per aiutarsi a vicenda con gli altri utenti connessi alla rete, scambiandosi provviste e oggetti utili, funzionali al gameplay, alla storia o a entrambe.

Briefing, il trailer segreto di Death Stranding

Il trailer si conclude poco dopo, senza – volutamente – rispondere a molte fra le principali domande che ancora serpeggiano fra i giocatori. Ma non ĆØ tutto, perchĆ© Kojima, si sa, ĆØ un po’ matto, e distribuisce informazioni come e quando vuole lui, seguendo una logica ben precisa che probabilmente, in questo caso, avremo modo di capire soltanto mettendo le mani sul titolo. Al booth di Sony, in fiera, ci ĆØ stato infatti possibile vedere un quarto trailer, denominato Briefing, non reso pubblico (per ora) e riservato agli astanti di una breve presentazione. Questo filmato, pur rimanendo esso stesso sadicamente vago sul quadro generale e permettendoci – in maniera ancor più beffarda – di sfiorare, ma non raggiungere, un livello di comprensione a tutto tondo di cosa sarĆ  Death Stranding, si ĆØ dimostrato ben più concreto del trolleggiante gameplay dato in pasto alla community. Il video mostra una sequenza chiave dell’avventura e dĆ  finalmente un contesto ad alcune frasi iconiche ascoltate nelle passate apparizioni pubbliche dell’opera di Kojima Productions. Sam si reca alla Casa Bianca, chiamato da Die-Hardman (l’uomo mascherato e comandante dell’unitĆ  “Bridges”, per intenderci), trovandosi in grande disagio e imbarazzo nel momento in cui gli compare di fronte Amelie, la misteriosa donna dal vestito rosso interpretata da Lindsay Wagner.

Death Stranding

Entrambi, Amelie e Die-Hardman, sembrano preoccupatissimi della situazione in cui versa il mondo, e provano a convincere Sam a portare a termine un incarico che lui ben conosce: “riconnettere” fra loro varie porzioni dell’America, strappandole ad eventi sempre più inspiegabili e inquietanti come la pioggia timefall e la comparsa delle creature arenate e degli Homo Demens. Quella missione era stata avviata anni prima dalla madre di Amelie, Bridget, presidente delle UCA (United Cities of America, successore degli Stati Uniti) nonchĆ© pioniera nella lotta al Death Stranding, morta di cancro anni prima: la figlia ne ha quindi ereditato la presidenza, portando avanti la sua battaglia allo scopo di ricostruire un “ponte” fra i due lati del continente e ricollegare gli insediamenti rimasti isolati.Ā Per raccogliere informazioni e stabilire i primi contatti, Amelie ĆØ dunque partita per una pericolosa spedizione alla volta della costa pacifica del Nord America e di Edge Knot City, cittĆ  in cui ĆØ stata però rapita proprio dagli Homo Demens, i pericolosi terroristi di cui fa parte il personaggio interpretato da Troy Baker, intenzionati, per motivi sconosciuti, a sabotare i propositi di riconnessione del continente. Amelie, quindi, non si trova fisicamente nella stanza, ma ĆØ una proiezione olografica di sĆ© stessa (come nel caso di Deadman), trasmessa in un modo che non ci ĆØ dato sapere: a Sam, quindi, viene spiegato che, grazie a un dispositivo noto come Q-Pid, potrĆ  riattivare con relativa semplicitĆ  ogni “strand” fra i vari terminali che collegano le due coste dell’America.

Tutto ciò, comprese le condizioni della donna, non sembra però sufficiente per convincere Sam, la cui convinzione nei riguardi della missione ĆØ probabilmente venuta meno a causa di qualche evento personale, non ultimi i trascorsi sentimentali con Amelie, che non vede da ben dieci anni. A nulla valgono le suppliche della donna, la quale gli confida che per colpa del Death Stranding non ĆØ invecchiata di un solo giorno nell’ultima decade e che il suo corpo si trova ancora su “quella spiaggia”, luogo dai contorni temporali e dimensionali indefiniti e che pare in qualche modo vitale per la totale comprensione della trama. Il filmato, pur chiudendosi con il netto rifiuto di Sam, ci lascia con la consapevolezza che alla fine egli accetterĆ  l’incarico e che proprio questa missione costituirĆ  l’ossatura narrativa di Death Stranding. Finalmente, dopo tanto penare e pur tenendo ancora nascosti gli assi portanti della produzione a livello ludico (come palesemente notato durante il gameplay trailer), Kojima ci ha lasciato uscire da quella tenebrosa saletta di presentazione con una rassicurante conferma a cui aggrapparci, per provare a non affogare nel mare di dubbi e incertezze che torneranno ad assalirci da qui all’otto novembre.

Da genio totalmente sregolato dell’industria mondiale qual ĆØ, Hideo Kojima sta portando avanti anche per Death Stranding la medesima strategia comunicativa dei Metal Gear Solid, “spiegandoci” il gioco a compartimenti stagni e invitandoci a “riunire i puntini” (idea che peraltro riprende anche nel videogioco stesso), facendolo, peraltro, forse nella maniera più ammaliante e insieme diabolica di tutta la sua carriera. Alla gamescom, fiera in cui tutti i riflettori erano puntati su di lui, ha dato ulteriore prova delle sue stravaganze, scegliendo di non incantare la platea, ma al contrario raffreddando i bollori dell’hype per poi scoprire tutte le sue carte solo al momento del lancio di Death Stranding. Chi si aspettava un contenuto roboante come i due trailer dell’E3, sulle note dei Silent Poets e degli Apocalyptica – quelli si, chiaramente pensati per “vendere” il gioco – non ha probabilmente fatto i conti con l’oste, soprattutto se l’oste si chiama Hideo Kojima.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.