Empire of Sin Provato dalla gamescom 2019

Empire of Sin

Empire of Sin Provato | Magari qualcuno fra i più giovincelli non ne sarà a conoscenza, ma i coniugi John e Brenda Romero sono vere e proprie leggende nell’industria dei videogiochi: entrambi attivi fin dagli anni ‘80, hanno lavorato ad alcune fra le maggiori pietre miliari che la storia del videogioco ricordi: John è conosciuto per essere uno degli ideatori del genere degli sparatutto in prima persona, mentre Brenda è sempre stata fra le donne autrici di videogiochi più influenti al mondo. Negli ultimi due anni, entrambi hanno fondato la Romero Games, una compagnia dedita allo sviluppo e alla pubblicazione di videogiochi, che nel 2020 lancerà il suo progetto fin qui più ambizioso, in collaborazione con Paradox Interactive: Empire of Sin, un titolo il cui concept iniziale è stato pensato da Brenda oltre vent’anni fa e che il prossimo anno potrà finalmente vedere la luce.

Empire of Sin

Nel gioco potrete utilizzare anche Al Capone!

Empire of Sin ci riporta negli USA, nell’epoca del proibizionismo anni ’20

Empire of Sin è uno strategico in tempo reale, che trae le sue principali ispirazioni non soltanto dal cinema e dal mondo della televisione (I Soprano, Boardwalk Empire, Il Padrino), ma anche dal vissuto personale di Brenda, nata e cresciuta nella cittadina di Ogdensburg, al confine fra Stati Uniti e Canada. Dai nonni e dalle persone anziane del posto, Brenda ha appreso fin da piccola che proprio quella cittadina, come tanti altri posti di confine, era stata nel corso degli anni ‘20 un vero e proprio paradiso per la criminalità organizzata: i boss della malavita, nel periodo del Proibizionismo, facevano entrare negli Stati Uniti merci e beni a basso costo, in particolare l’alcool (il vero oro liquido di quel periodo), per poi rivenderle illegalmente nelle grandi città vicine, fra cui Chicago, in Illinois. Proprio qui è ambientato Empire of Sin, che, nei panni di uno a scelta fra quattordici boss criminali – alcuni dei quali, come Al Capone, realmente esistiti – vi permette di costruire un impero basato sui traffici illegali, sulla continua crescita del capitale sociale e su lotte all’ultimo sangue fra bande per il controllo del territorio. Lo scopo finale è quello di creare una vera e propria rete criminale organizzata, che si estenda a macchia d’olio sulla città e venga controllata in maniera profonda, capillare, tramite un’impostazione a metà fra lo strategico e il gioco di ruolo: ogni personaggio, infatti, possiede statistiche e perk ben definiti, che possono essere espansi nel corso della storia e caratterizzano sia l’allargamento delle sue attività, sia i singoli scontri a fuoco (i boss stessi, infatti, possono – e devono – sporcarsi le mani). Iniziare la storia con uno piuttosto che con gli altri, tuttavia, non ha grosse conseguenze sulla vicenda, se non un minimo impatto sulle cutscene e sulla zona in cui cominciare a giocare.

A livello di atmosfera ci siamo, soprattutto di notte.

I boss sono dotati ognuno di ben tre bonus che caratterizzano le loro “schede”: uno al combattimento, uno alla strategia commerciale e uno alla diplomazia. Il primo dona ulteriori abilità negli scontri a fuoco, come una mira migliorata, la possibilità di sparare raffiche più lunghe o a più bersagli alla volta, o via dicendo; il secondo si concentra sulle skill passive, consentendo di ricevere maggiori bonus dalle proprie attività e in generale affari più profittevoli che alla lunga possono portare ad imporre il proprio dominio anche senza un eccessivo uso della forza; il terzo, che è anche quello che ci ha interessato maggiormente, si concentra sui rapporti con le altre famiglie. Non sempre, in Empire of Sin conviene combattere: in taluni casi è possibile instaurare scambi commerciali fra bande, facendo sì che ognuno possa ottenere dei vantaggi. Non è dato sapere se questo particolare elemento potrà poi evolversi in una rete di alleanze, in modo da controllare una zona molto più estesa con guadagni minori ma, al contempo, rischi ridotti al minimo: si tratterebbe di un’opzione molto interessante e che abbiamo sottoposto anche alla stessa Brenda Romero, ricevendo una risposta piuttosto sibillina, che non ha confermato né smentito nulla.

Proprio Brenda ha tenuto la presentazione iniziale dedicata a Empire of Sin, al termine della quale ci è stato possibile giocare per circa un’ora e mezza ad una versione ancora in alpha ma, a parole degli sviluppatori presenti nel booth, “piuttosto avanzata” e quindi evidentemente passabile di poche modifiche all’impianto di base del gioco da qui all’uscita. Per quanto riguarda i combattimenti, Empire of Sin si ispira in maniera più o meno marcata a diversi classici del genere, fra cui XCOM o il recente Mario + Rabbids, distinguendosi per alcune peculiarità dovute al contesto in cui è ambientato. Ad esempio, è possibile creare squadre formate da due o tre scagnozzi, che a loro volta intratterranno fra loro dei rapporti interpersonali (potendo addirittura arrivare a innamorarsi), piuttosto vantaggiosi ai fini del gameplay, dal momento che permettono di sbloccare perk e bonus aggiuntivi. Il rovescio della medaglia sta nel fatto che molto spesso un personaggio con un legame molto stretto può compiere azioni inconsulte all’eventuale morte del partner, diminuendo così le proprie chance di sopravvivenza e finendo – nel peggiore dei casi – per venire ammazzato lui stesso. Questo “fattore imprevedibilità” rende i combattimenti di Empire of Sin davvero interessanti: è impossibile gestire tutto quanto con decisioni fredde e ponderate, e spesso ci si può ritrovare a dover risolvere un problema non causato da noi in prima persona.

I dialoghi, invece, non ci hanno entusiasmato particolarmente, almeno per ora.

Questo sistema non lega soltanto i singoli scagnozzi fra loro, ma anche i rapporti fra questi ultimi e il boss: ognuno, infatti, può avere un comportamento differente dagli altri nei nostri confronti, determinato da diversi fattori magari non immediatamente percepibili, come la possibilità di passare al “nemico”, tradendo la nostra fiducia, in cambio di grossi vantaggi. Per far sì che tutti rimangano con noi, quindi, è opportuno dar loro i giusti compiti, non esporli mai a grossi rischi e per certi versi “viziarli”, offrendogli generosi bonus in denaro, che possono diventare sempre più grandi man mano che il boss aumenta di livello (e qui si ricollega il discorso iniziale sulla progressione ruolistica). Dove Empire of Sin ha un po’ faticato a convincerci è però nei combattimenti veri e propri, apparsi piuttosto acerbi e privi di variazioni significative sul tema. Gli scontri, gestibili perlopiù mediante la tastiera e la pressione dei tasti WASD e Q ed E, si svolgono quasi sempre in zone interne, coinvolgendo un numero ben definito di personaggi, ognuno dei quali ha a disposizione un numero non esagerato di azioni contestuali: può mirare e fare fuoco, ripararsi dietro una copertura, muoversi altrove o saltare il proprio turno, senza la possibilità, ad esempio, di eseguire azioni combinate coi propri compagni. Gli unici personaggi dotati di qualche variazione sul tema, come mosse speciali dal letale potenziale offensivo, ci sono sembrati proprio i boss: in loro assenza tutto quanto, sia a livello di singoli scontri che di missioni – almeno all’inizio – tende a farsi abbastanza piatto e ripetitivo, con obiettivi – almeno per quel che abbiamo potuto provare – sempre piuttosto simili fra loro.

Empire of Sin è al momento un videogioco illuminato da luci e ombre: l’idea di base è originale e sviluppata in un modo e un genere differente da altri videogiochi che, in passato, hanno coinvolto la malavita. Resta, però, più di un dubbio sull’effettiva capacità della struttura di gioco di funzionare a dovere sulla lunga distanza, specie nel caso di una storia e una progressione, sia narrativa che strutturale, di cui va ancora capito dove voglia andare davvero a parare. La premessa è interessante, ci auguriamo soltanto che nei mesi di distanza dal lancio – ancora tanti – venga sviluppata a dovere.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.

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