5 è il numero perfetto Recensione

5 è il numero perfetto Recensione | Peppino Lo Cicero è un affiliato della mala partenopea che ha praticamente smesso di esercitare la gloriosa attività di criminale. Sono ormai gli anni ’70 e l’aquilino personaggio interpretato da Toni Servillo sente incombente il peso dell’età, libre di incertezza sul senso della vita che gli piombano sulle spalle curvandogli la schiena oltre che il setto nasale. Dice di aver vissuto la sua esistenza come fosse stata un bicchiere di liquore troppo forte: «senti che ti dà ‘a bott’  ma poi alla fine non sei sicuro di averne apprezzato il sapore».Poi il fatto scatenante, che risveglia gli istinti di sopravvivenza della bestia che dormiva in letargo.

5 è il numero perfetto

L’età del dubbio.

Cinque è il numero perfetto, Sin City all’italiana

Dopo la trasposizione cinematografica de La profezia dell’armadillo di Zerocalcare, che era passata in Laguna facendo storcere il naso a molti, a Venezia ci riprovano e, un anno dopo, ritentano la carta graphic novel ospitando l’esordio alla regia di Igort. L’omonimo fumetto del 2002 prende così nuove sembianze sotto la guida del suo stesso creatore. La trasposizione filmica diventa allora un viaggio noir nella Napoli dei rioni, quella dove il pavé è di un nero profondo come le tenebre, su cui agiscono i protagonisti della vicenda. L’impostazione registica pensata da Igort risente non poco delle tavole precedentemente disegnate, soprattutto quando il ventaglio delle inquadrature si sofferma su certi primi piani del protagonista, o quando Peppino Lo Cicero ed i suoi compari improvvisano sparatorie degne dei migliori videogiochi sul tema (la sparatoria al buio in uno dei palazzi storici più noti della città resta il momento più alto toccato dal film). Siamo però anche dalle parti dei Mainetti Bros, da Song ‘e Napul a Ammore e Malavita, di cui il tramite è il sempre più convincente Carlo Buccirosso, stavolta nei panni di un criminale spalla del protagonista. Così, le notti piovose e le atmosfere plumbee farebbero pensare che la Napoli di Gomorra, della criminalità resa prodotto seriale, possa ancora essere un set adatto a raccontare un’ etica diversa (e la sensazione si accentua, al Lido, dopo la presentazione di Il sindaco del rione Sanità di Martone), più vicina a Sin City che ai romanzi di Saviano.

5 è il numero perfetto

Una delle scene principali del film

Toni Servillo: un eroe pulp

Che questo 5 è il numero perfetto sia un progetto ambizioso lo si capisce già dai titoli di testa, quando ai già citati Servillo e Buccirosso si accostano nomi come quello di Valeria Golino e Iaia Forte. Al sodale attore di Sorrentino spetta però il merito di sapersi trasformare in una veste inedita, dipingendo un eroe pulp che al contempo sa recuperare anche una tradizione verbale forte, di matrice teatrale,  sulla scia di lavori come Sabato, domenica e lunedì di De Filippo, che l’attore aveva incontrato proprio durante una regia televisiva firmata dell’autore de La grande bellezza.

Nonostante la struttura in capitoli che si è deciso di dare al film tenda più a spezzare il ritmo narrativo che a renderlo incalzante, 5 è il numero perfetto resta indubbiamente uno dei lavori più interessanti (se non, al momento, il migliore) di trasposizione cinematografica a partire da delle strisce di fumetti. Si spera possa essere allora un buon viatico per riportare subito gente in sala con l’iniziare della nuova stagione.

Gianluca la passione per il cinema la scopre a 4 anni, quando decide che il suo supereroe nella vita sarà sempre e solo Fantozzi. 
Poi però di quella passione sembra dimenticarla fin quando, un giorno, decide di vedere uno dietro l’altro La Dolce Vita di Fellini, Accattone di Pasolini e La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Da quel momento non c’è stato verso di farlo smettere di scrivere e parlare di cinema, in radio e su portali online e cartacei. 
Vive a Roma perché più che una città gli sembra un immenso set su cui sono stati girati chilometri e chilometri di pellicola. 
Odia le stampanti.