Spyro Reignited Trilogy Recensione | Riuscire a descrivere in poche parole cosa Spyro abbia rappresentato per i giocatori di fine anni novanta è davvero un’impresa al limite dell’impossibile. Questo principalmente per due ragioni: nell’attuale panorama videoludico i titoli a piattaforme nudi e crudi rappresentano un’arcaica chimera ormai difficilmente digeribile dai fruitori odierni, assuefatti tanto ai frenetici ritmi degli sparatutto in prima persona quanto alla profondità narrativa degli action adventure; in più non è semplice comprendere nel profondo il valore affettivo di un’icona immortale come quella di Spyro, la quale – insieme ai celeberrimi Crash Bandicoot e MediEvil – deliziava i pomeriggi di intere generazioni di videogiocatori Sony grazie sia ad un’estetica meticolosamente ricercata che ad una semplicità e accessibilità della giocabilità in grado di coinvolgere indiscriminatamente una sterminata pletora di utenti. Per le ragioni precedentemente descritte, quando venne annunciata la Spyro Reignited Trilogy istantaneamente milioni di player vennero investiti veementemente da un mix di emozioni indescrivibili, capaci di risvegliare sensazioni e ricordi dolcemente sopiti nella memoria. Dopo l’arrivo della collection di remake su PlayStation 4 e Xbox One, i rifacimenti approdano finalmente anche nelle rassicuranti lande nipponiche di Switch, con il chiaro obiettivo di concedere al draghetto viola la possibilità di librarsi in volo anche in totale portabilità. Il risultato? Continuate a leggere.
Il nostro amato Spyro sta per spiccare il volo.
Spyro Reignited Trilogy: l’iconico draghetto su Switch
È innegabile: il lavoro svolto da Toys for Bob nel restaurare graficamente l’originale trilogia ebbe del miracoloso, in quanto il team di sviluppo non si limitò esclusivamente ad impreziosire tecnicamente l’estetica del titolo ricreando texture al top della risoluzione, ma costruì da zero degli straordinari effetti particellari e una monumentale illuminazione, concedendo ai remake un look aggressivo e tremendamente suggestivo. I colori “spenti” dei capostipiti vennero rimpiazzati da tinte vivide e vibranti, i modesti modelli poligonali dei draghi furono riconcepiti da zero e ornati di sfiziosi dettagli e i vetusti mondi furono rinvigoriti mediante l’utilizzo di lussureggianti texture capaci di far brillare luminosamente le variopinte location visitate dal protagonista. Il livello tecnico apparve così imponente che anche le versioni PS4 e Xbox One – nonostante la natura del remake – vennero colpite da qualche piccolo problema tecnico, ovviamente non in grado di compromettere la fruibilità del contenuto. Proprio a causa degli inciampi grafici riscontrati anche dalle ammiraglie di Sony e Microsoft, non riuscivamo a comprendere come il porting per Switch non potesse non subire un epilogo simile, ed infatti non siamo stati smentiti: Spyro Reignited Trilogy per l’ibrida di Nintendo è falcidiato da innumerevoli problemi tecnici, i quali – malgrado appaiano piuttosto fastidiosi – non sono comunque riusciti a minare la nostra esperienza di gioco, la quale si è rivelata divertente e contraddistinta da quella inebriante consapevolezza di possedere ben tre Spyro portatili.
La preda è puntata.
Tra compromessi e portabilità
La collection, infatti – esattamente come per le controparti – permetterà di vivere nel complesso tutta l’epopea del draghetto viola, in un crescendo composto di miglioramenti alla componente ludica e di perfezionamenti riguardanti l’intelaiatura narrativa. Tutto è rimasto ovviamente invariato: la dinamicità del gameplay, il ritmo dell’avventura e la spontaneità della trama, consentendo ai possessori di Switch di vivere un’esperienza gioiosa e colorata. Ogni elemento costituente, come dicevamo, è collocato esattamente dove ricordavamo, tranne chiaramente la solidità del comparto tecnico, il quale ha dovuto subire necessariamente un cospicuo ridimensionamento. Non appena conclusa la cutscene iniziale del primo capitolo – così come anche nei seguiti – è impossibile non notare l’abissale disparità grafica presente tra la versione per l’ibrida di Nintendo e quella dei competitor, sotto tutti i punti di vista. Partendo dalla risoluzione, decisamente più sgranata, passando per le texture – le quali appariranno in alcuni casi poco definite e preformanti – e culminando con il lighting e i particellari, ridotti all’osso per girare sulla console della casa di Kyoto. Ma, in fin dei conti, questo non sorprende affatto: era impensabile proporre la medesima qualità con un’architettura particolarmente datata rispetto a PS4 e Xbox; pertanto non potevamo di certo attenderci miracoli. Il vero problema della conversione, però, risulterà la scarsa qualità tecnica della produzione nella – in teoria – miglior versione del porting, ovvero in modalità dock: non riusciamo sinceramente a comprendere il motivo per cui tutte le riproposizioni per Nintendo Switch presentino le stesse problematiche di frame rate una volta collegata la console al televisore, in fin dei conti il titolo dovrebbe subire esclusivamente un miglioramento tecnico, e invece no. Il perfezionamento della risoluzione coincide inevitabilmente con un’evidente instabilità tecnica, la quale debilita notevolmente l’ardente desiderio di proseguire l’avventura.
Fortunatamente la situazione migliorerà a dismisura giocando in modalità portatile, la quale offrirà all’utente sì una qualità complessiva estetica inferiore, ma caratterizzata da una fluidità di gioco decisamente più convincete e da un feedback generale – grazie alle dimensioni contenute dello schermo – esaustivo. Certo, anche in questo caso dovremo necessariamente vivere qualche piccolo deficit, come la presenza (in alcuni mondi) di texture non del tutto convincenti, ma è un sacrificio accettabile per vivere appieno un’esperienza unica: Spyro in portabilità. La natura fugace e dinamica del titolo, tra l’altro, si sposa alla perfezione con le brevi sessioni di gioco che contraddistinguono l’hardware nipponico, avendo l’opportunità in qualsiasi momento di completare un mondo, spegnere la console e ripartire nell’esatto punto in cui si era interrotta la partita per continuare l’avventura. Insomma, inutile nasconderlo: malgrado alcune magagne tecniche, Spyro Reignited Trilogy su Switch – anche grazie al perfetto controllo del personaggio attuabile mediante gli stick analogici – è davvero godibile. Peccato per l’assenza di implementazioni esclusive per la console della grande N, le quali avrebbero potuto accentuare le peculiarità dell’esperienza vivibile in portabilità, ma il risultato è comunque apprezzabile.
In conclusione, Spyro Reignited Trilogy per Switch – al netto di limitazioni tecniche obbligatorie derivanti dalla poca prestanza dell’hardware di Nintendo – simboleggia la perfetta congiunzione tra due entità che sembrano destinate a vivere insieme: la portabilità, difatti, si coniuga egregiamente con l’idea alla base della produzione, contraddistinta da sessioni di gioco non troppo lunghe e facilmente divisibili. Certo, l’instabilità complessiva della versione dock mina leggermente l’esperienza di gioco, la quale fortunatamente, però, divampa in tutto il suo potenziale una volta ancorata la console saldamente alle nostre mani, seppur con qualche incertezza. Sicuramente Spyro Reignited Trilogy per Switch non rappresenta la miglior edizione presente sul mercato, ma di certo incarna quella più peculiare.