Vox Lux Recensione

Vox Lux Recensione | Quanto è difficile fare cinema dopo l’11 settembre 2001? Gran parte del panorama cinematografico realizzato in seguito a quella fatidica data sembra riflettere proprio su questa domanda. Con Vox Lux, presentato in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del 2018, il regista Brady Corbet cerca di fare una summa di quanto quell’atto terroristico abbia incredibilmente cambiato le vite di tutti noi. Strutturato con un prologo, due atti e una conclusione, il film porta avanti una tesi senza vivere con l’ossessione di ottenere una risposta, la quale sta allo spettatore trovare. Quando nel 1999 la giovane Celeste (Raffey Cassidy) sopravvive ad un massacro nella sua scuola, troverà poi la forza di superare quel trauma diventando in breve tempo un’apprezzata pop star con un brano basato su quanto accadutole. Con un salto si arriva al 2017, quando la trentunenne Celeste (Natalie Portman), madre di una figlia adolescente, si sta preparando al suo ritorno sulle scene. Un nuovo sconvolgente atto terroristico sconvolge tuttavia la sua quotidianità, riportandola a confrontarsi con quanto avvenuto nella sua vita.

Vox Lux

Vox Lux: rinascere dalle ceneri

Ha inizio con una sparatoria in un liceo il film di Corbet, un evento fotografato con una semplicità tale da renderlo particolarmente crudo e impressionante, non fosse che a renderlo tale è anche la sua costante attualità nel panorama statunitense, come già a suo tempo aveva meravigliosamente e tristemente dimostrato il regista Gus Van Sant con il film Elephant. È da qui che facciamo la conoscenza di Celeste, la giovane protagonista, nel momento in cui la sua vita sembra sul punto di finire. Il terribile sparo che la ferisce, segnandola a vita, precede quelli che sono i titoli di testa, i quali scorrono tuttavia al contrario come fossero la coda del film, a segnare quella frattura tra la fine di una cosa e l’inizio di un’altra. Perché Celeste non muore, e il film non finisce lì. La storia continua, ma non nel modo felice che le favole lasciano sempre immaginare. La protagonista risorge dalle ceneri di quella tragedia e diventa il simbolo di un nuovo millennio appena nato dove si ha la sensazione di essere costantemente smarriti in balia di nuovi e imprevedibili eventi che scandiscono il tempo. Si costruisce così la prima ora del film, basata sull’ascesa di Celeste come pop star. Ciò che inquieta di più è il modo in cui dalla grazia dimostrata all’inizio, dallo smarrimento iniziale messo in musica nella canzone Wrapped Up, si giunga alla trasformazione caratteriale in vera e propria anima dannata devota al pop. A fare da ponte tra la prima e la seconda ora di film vi è proprio il terribile attentato terroristico dell’11 settembre. Ed è così che Corbet inizia a diventare esplicito nello scandire la narrazione proprio su eventi di questo tipo, che segnano in modo irreparabile il percorso di crescita dei protagonisti. Quanto riscontrabile fin qui è sorretto da una messa in scena tanto ricca e fastosa nel mostrare il mondo luccicante dello spettacolo quanto cupa e asettica nel mostrarne le brutture che si nascondono in realtà alle spalle della protagonista, interpretata da una particolarmente convincente Raffey Cassidy. La colonna sonora composta dalla popstar Sia confeziona infine quella che è una prima parte di film particolarmente avvincente e che dimostra le grandi capacità del regista di catturare l’occhio dello spettatore portandolo in ferite ancora aperte della storia, proponendone un proprio punto di vista originale. Non a caso il sottotitolo del film è Cronaca del XXI Secolo.

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Vox Lux: la diva va in scena

Dall’11 settembre 2001 si passa al 2017. Celeste è ormai cresciuta, e ha la fisionomia della premio Oscar Natalie Portman, agguerrita e sguaiata come non mai. Risulta particolarmente difficile ritrovare in lei qualcosa della dolce e timida adolescente vista fino a quel momento, ma è innegabile che quanto vediamo sia la perfetta degenerazione dei sintomi in precedenza solo accennati. Se nella prima parte tutto scorreva rapidamente, eventi dietro eventi, in un susseguirsi di immagini frenetiche proprio come quelle che oggi giorno con i numerosi media che ci circondano possiamo osservare ad ogni istante, in questa seconda metà tutto sembra fermarsi. Tutto si concentra ora su Celeste e sulle ore prima del suo ritorno sul palcoscenico. Se prima Celeste sembrava essere passivamente l’effetto di un cambiamento epocale nella storia, ora è lei il centro di tutto, e tutto le gravita intorno. La nuova protagonista interpretata da una Portman brillantemente sopra le righe è in tutto e per tutto il prodotto di una nuova società basata sui criteri di materialismo e superficialità. Una società che sembra trovare la sua distrazione ai mali del mondo nella musica pop. Con questo messaggio si chiude il film, con una lunga sequenza dedicata all’esibizione della protagonista, che sembra concedere, con i giochi di luce e ritornelli orecchiabili, una fuga sicura dal mondo.

È un interessante nonché malinconico esperimento quello di Corbet, che realizza un film non privo di vezzi ma con un’idea forte alle spalle. Lo penalizza probabilmente un ritmo sbilanciato, così come incerte sono alcune idee e trovate. Ma per quanto lo stesso film possa sembrare una confezione superficiale per parlare di superficialità, ad un’analisi più approfondita Vox Lux riesce a fotografare con lucidità molti dei cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi venti anni, o quantomeno a proporre una riflessione originale e intrigante su di essi.

Gianmaria è sempre stato un grande appassionato di cinema e scrittura, tanto da volerne fare la sua professione. Studiando queste materie all'Università decide di fondere le sue passioni nella critica cinematografica e nella scrittura di sceneggiature. Tra i suoi autori preferiti vi sono Spike Jonze, Noah Baumbach e Richard Linklater.