Videogames e tecnologia inclusiva: giocare da un altro punto di vista

Vi svegliate un giorno e non potete più giocare ai videogiochi. Non perché siate in punizione, vi abbiano rubato la console o il mondo sia improvvisamente privo di corrente elettrica e connessione internet. Niente di tutto questo; vi è stato tolto lo strumento principale per giocare. Il joypad? No, la vista. In un’epoca in cui il settore tecnologico vive con l’acceleratore costantemente premuto, è tempo di esplorare meglio lo spettro di attività legate ad esso e “aprire gli occhi”, soffermandosi su dettagli rimasti piuttosto nascosti finora. Ebbene, vi sfidiamo a chiudere gli occhi e giocare. Impossibile, direte voi, ma vi possiamo dimostrare il contrario aprendo una finestra sul mondo della cosiddetta tecnologia inclusiva.

Tecnologia inclusiva, ma per chi?

Parliamo sempre di “videogiochi”, ma è tempo di analizzare l’etimologia di questa parola e riflettere su qualcosa che ci sta sfuggendo, o forse no. Letteralmente si parla di “gioco visivo”, che presume appunto il coinvolgimento della nostra vista come senso principale, e di invio di input a una console per comandare attivamente il gioco in base a quanto osserviamo. Ma quindi cos’è la tecnologia inclusiva e che ruolo gioca in tutto questo? Si tratta di quella branca tecnologica che riguarda tutto un mondo spesso confinato nell’ombra e lontano dalla claque dei prodotti delle grandi case videoludiche, ma estremamente importante per quell’ampia parte di popolazione che non avrebbe altrimenti alcuna possibilità di accedere all’entertainment dettato da console e videogiochi classici. Il doppio potere della tecnologia inclusiva è così scinto: da un lato, consente l’accesso e l’uso di periferiche e prodotti anche a chi vive quotidianamente i limiti imposti da condizioni fisiche particolari quali cecità e ipovisione; dall’altro, permette a persone che non vivono questi limiti di mettersi nei panni di non vedenti e ipovedenti e comprendere la realtà e la percezione dello spazio da tutt’altro aspetto.

tecnologia inclusiva

Blind ha come protagonista una ragazza non vedente in seguito a un incidente

Tecnologia inclusiva: gli indie italiani

Le concezioni alla base di questo nobile pensiero hanno dato luogo a progetti importanti come Blind, gioco di Tiny Bull Studios, che racconta le vicende di una ragazzina che ha perso la vista in seguito a un terribile incidente. Se questo studio indipendente ha compiuto uno dei primi passi nel settore videoludico italiano per raccontare la realtà attraverso la psicologia di chi vive questo problema, Blind Console raggiunge un altro obiettivo fondamentale: creare un nuovo modo di giocare in cui il cellulare diventa una console tascabile permettendo a chiunque, anche a chi non ha la possibilità di sfruttare il senso della vista, di accedere a un set di giochi virtuali basati su audio e tatto. Una conquista davvero importante e un punto a favore della produzione videoludica italiana, conquistato da due studi, entrambi piemontesi, entrambi affacciati sulla scena indie italiana a Milan Games Week, ma in due edizioni differenti. Concentriamoci sul progetto più recente, partorito dalle menti di Novis – il team di Torino che ha presenziato a MGW 2019 nella persona di Flavio Accossato e Dario Codispoti – i quali hanno mostrato le potenzialità del loro progetto all’insegna dell’inclusione e del progresso verso nuove scoperte volte all’abbattimento delle barriere imposte dall’uso necessario della vista.

tecnologia inclusiva

Blind Console è stata realizzata con la cooperazione di utenti non vedenti e ipovedenti

Non solo vista: come giocare con gli altri sensi

Il funzionamento di questo loro progetto è davvero semplice: per giocare è sufficiente scaricare l’App e connettere il proprio smartphone al joystick che lo studio ha appositamente sviluppato. Le vibrazioni tattili e i suoni “spazializzati” permettono di giocare superando il limite dello schermo, in diverse modalità. Il primo gioco sviluppato è un ping-pong virtuale in cui l’utente, tramite i suoni d’ambiente, è alla ricerca della direzione da cui proviene il colpo dell’avversario virtuale e colpire con il controller, riproducendo il movimento che compieremmo impugnando una racchetta. La simulazione degli sport è però solo uno dei possibili orizzonti che il team ha intenzione di approfondire ed esplorare, alla volta di giochi e processi sempre più vari. L’accessibilità e l’inclusione sono il cuore del progetto; non a caso, l’obiettivo di Novis è quello di permettere a tutti di poter giocare oltre i propri limiti. Questa realtà è concretizzabile solo compiendo un passo fondamentale: in questo caso, si può parlare a ragion veduta di co-design di prodotto grazie alla collaborazione con le persone non vedenti e ipovedenti: se è vero che il progetto nasce per loro, è altrettanto lecito osservare che questo lavoro sia frutto del loro coinvolgimento ed entusiasmo. Una sensibilizzazione doverosa ha avuto luogo anche grazie alla collaborazione con le numerose associazioni di persone ipovedenti e non vedenti, come la Polisportiva U.I.C.I. (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) o il Gruppo Giovani dell’A.P.R.I. onlus (Associazione Pro Retinopatici ed Ipovedenti) di Torino; solo in questo modo, il team ha potuto sviluppare il progetto a stretto contatto con i futuri utenti, che potranno beneficiare del valore ed effetto terapeutico del gioco.

https://www.youtube.com/watch?v=BLJTNenw6BM

Se consideriamo che solo in Italia si contano quasi 1.600.000 disabili visivi, il pubblico potenzialmente coinvolto è davvero ampio e la tecnologia inclusiva è una realtà che ha motivi più che validi per essere sviluppata. L’attenzione dedicata a questa branca videoludica è ormai sempre maggiore da qualche anno a questa parte, ma i progetti che hanno ottenuto una seria visibilità non sono molti. Spezziamo una lancia a favore della tecnologia e del videogioco: ancora una volta, possiamo dimostrare che un medium, di per sé, non è “buono” o “cattivo”. Tutto dipende dalla consapevolezza e dall’eticità che muove l’uomo a farne uso, e in questo caso non possiamo che lodare gli addetti ai lavori e il loro intento.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.